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Finalmente Italia e Germania cominciano a dialogare in modo serio sul come superare la crisi economica e la debilitante debolezza politica dell’Unione europea. È tempo infatti di mettere da parte stantii luoghi comuni, polemiche e pregiudizi. L’occasione è stata offerta dal primo Forum economico italo-tedesco tenutosi recentemente a Francoforte.

Come è stato evidenziato nell’incontro, nel 2012 la produzione industriale italiana si è ridotta del 7% e, contestualmente, anche le prospettive di crescita della Germania sono scese dal 3,6% allo 0,3%.
Si ricordi che il 60% dell’export tedesco è orientato verso il mercato europeo e soltanto il 6% verso la Cina. In questo contesto gli scambi commerciali italo-tedeschi ammontano a 100 miliardi di euro.
Perciò anche al Forum si è preso atto che se l’Italia e altre parti dell’Europa non vanno bene ne soffre anche la Germania.

Ciò è stato esplicitamente sottolineato dal socialdemocratico Walter Steinmaier, l’ex ministro degli esteri della passata Grosse Koalition. Egli ha anche criticato la gestione della crisi economica basata soprattutto su politiche di austerità che ha determinato una crescita della disoccupazione in Europa fino a superare il livello di 25 milioni.

La riflessione dell’importante uomo politico, in verità, si sta facendo strada in vari settori economici e tra diversi politici tedeschi per cui essa potrebbe influenzare anche le elezioni tedesche del prossimo settembre. In questo contesto, il miglioramento delle relazioni economiche tra Italia e Germania diventerebbe fondamentale per le iniziative di ammodernamento del comparto industriale europeo, che naturalmente dovrebbe essere accompagnato dalla realizzazione di grandi progetti infrastrutturali e da una seria lotta contro la disoccupazione giovanile.

Durante il Forum sono state illustrate alcune valide esperienze tedesche che meriterebbero di essere attentamente valutate e magari anche applicate dall’Italia.

Mentre in Italia il 35,5% dei giovani è disoccupato, in Germania non si va oltre l’8,1%. Tale differenza è dovuta a due decisioni strategiche adottate a Berlino: il blocco delle tendenze verso l’outsourcing delle capacità produttive e la realizzazione di un sistema educativo duale introdotto in Germania 10 anni fa.

Questo programma, noto come «Agenda 2010», mirava all’aumento della produttività del lavoro attraverso una profonda riforma dell’istruzione legata allo sviluppo di un agile ed efficace apprendistato con il coinvolgimento dell’apparato industriale manifatturiero, degli enti locali e di altri soggetti sociali. Una prospettiva che si combinasse con la flessibilità del lavoro e con la riorganizzazione delle politiche sociali.

La riforma tedesca funziona in questo modo: prima di terminare le scuole superiori, gli studenti vengono affiancati da tutor esperti che li aiutano a scegliere il loro percorso professionale mettendoli direttamente in contatto con il mercato del lavoro. Essi entrano così in un rapporto operativo con le imprese iniziando a lavorare con un contratto di apprendistato e ricevendo una adeguata istruzione professionale, vera, sempre in un rapporto proficuo con il sistema professionale statale.

Così dei 900mila giovani che ogni anno terminano gli studi superiori, ben 500 mila sperimentano simili contratti di lavoro e di training. Negli ultimi anni oltre 1,3 milioni di giovani hanno così trovato un lavoro stabile nelle industrie tedesche.

Il Forum infine ha ricordato la storia millenaria dei rapporti commerciali e culturali italo-tedeschi, sottolineando che l’alleanza produttiva tra i due Paesi ha anche un valore simbolico. Essa dovrebbe, perciò, diventare il fulcro per lo sviluppo economico, sociale e culturale dell’intera Europa, sconfiggendo definitivamente le anacronistiche chiusure e le competizioni campanilistiche. Al riguardo la proposta del citato esponente politico tedesco circa la concreta possibilità di creare 500mila nuovi posti di lavoro in Europa nei prossimi 3 anni non è utopistica ed è condivisibile.

Perché Italia e Germania devono cooperare

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