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Dopo una decade di negoziati falliti e 12 anni di intervento militare, gli Stati Uniti ci provano ancora una volta in Afghanistan. Lo stesso giorno in cui la Nato e le forze americane hanno trasferito il controllo della sicurezza alle autorità locali, è stato confermato l’avvio (di nuovo) dei dialoghi di pace tra il governo di Karzai e i gruppi talebani.

Anche se il governo afgano ha contestato l’annuncio di un dialogo diretto tra americani e talebani e il nome utilizzato per indicare l’ufficio politico afgano: “Ufficio politico dell’Emirato islamico di Afghanistan”.

“Ci opponiamo a questo appellativo di ‘Emirato islamico di Afghanistan’, per la semplice ragione che una simile entità non esiste affatto” e gli “americani erano assolutamente al corrente della posizione del presidente Karzai”, ha detto il portavoce del presidente Aimal Faizi. “L’Emirato islamico di Afghanistan” era il nome dato dai talebani al loro regime quando erano al potere a Kabul, tra il 1996 e il 2001.

Un negoziato atipico

Proprio ieri quattro soldati americani sono morti in un attacco alla base aerea di Bagram. Quindi, sarà un negoziato atipico perché avviene proprio quando una delle parti sembra avere ceduto. O almeno rallentato nei giochi di forza. L’amministrazione di Barack Obama però ci tiene a precisare che l’avvenimento di ieri non è un ritiro delle truppe ma un cambio di rapporto. Da ora in poi i dialoghi avverranno tra gli afghani e i talebani e gli Stati Uniti semplicemente sorveglieranno come mediatore.

Nessun rapporto con Al-Qaeda

Per rafforzare questa idea, gli Usa hanno detto esplicitamente che il processo di pace ha delle condizioni chiare: dovrà essere priorità dei talebani tagliare ogni rapporto con Al-Qaeda e con tutte le organizzazioni terroristiche derivate. Non ci deve essere nessun tipo di legami – logistico, organizzativo, economico o ideologico – per potere andare avanti nel negoziato.

La data di apertura delle conversazioni non è ancora definita perché gli Stati Uniti aspettano “che la cifra di attacchi talebani scenda o si fermi prima di cominciare le negoziazioni”, ha detto un funzionario americano. La fine della violenza in Afghanistan è una condicio sine qua non.

Il rispetto della Costituzione afghana

Il presidente afghano, Hamid Karzai, si è detto ansioso di ricominciare i dialoghi. Ma parlare di pace non significa accettare uno Stato talebano indipendente. Per questo, tra le condizioni c’è anche il rispetto della Costituzione afghana in ogni sua singola parte. Con speciale attenzione ai diritti delle minoranza e la battaglia contro la discriminazione e l’abuso delle donne.

La disposizione dei talebani

Secondo la Cnn, i talebani hanno comunicato la buona disposizione per migliorare i rapporti non solo con il governo afghano ma anche con il resto della comunità internazionale. Come parte della nuova strategia di immagine c’è anche una nuova auto-definizione: “Emirato Islamico di Afghanistan”.

“Sosterremo un processo politico e una soluzione pacifica che metta fine all’occupazione in Afghanistan e la creazione di un governo islamico e indipendente con una vera sicurezza”, hanno detto. Nonostante si dicono disposti a porre fine alla violenza, difendono la loro resistenza politica.

Secondo Sergio Romano, in un editoriale pubblicato oggi sul Corriere della sera, “gli obiettivi fissati dagli americani per le trattative ora annunciate saranno pur sempre, se i talebani s’impegneranno a rispettarli, il meglio che l’America e l’Occidente potessero aspettarsi da una guerra iniziata con l’invasione sovietica del dicembre 1979”.

Ecco le condizioni di Obama per la pace in Afghanistan

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