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“Alcuni toni utilizzati da esponenti del centrodestra e da giornalisti di area sul presidente emerito Giorgio Napolitano sono stati decisamente sopra le righe, anche oltre i confini del rispetto che si dovrebbe a un servitore dello Stato”. A parlare è Giorgio Mulé, già direttore di Studio Aperto e Panorama, oggi vicepresidente della Camera ed esponente di Forza Italia.

I detrattori di Napolitano gli contestano una vita politica caratterizzata dalle contraddizioni. Lei come la vede?

Per usare le parole di Giuliano Ferrara, parlerei di “felici contraddizioni”. Napolitano ha rappresentato il Novecento. Un servitore dello Stato che ha adempiuto ai suoi compiti nei diversi ruoli che ha ricoperto fino al Quirinale. Di sicuro ha assunto posizioni contradditorie, ma non lo ha certo fatto per convenienza politica. Anzi, spesso è andato in contrasto con la linea “ufficiale” del Partito comunista italiano al tempo in cui ne fu un dirigente.

In un’intervista a Formiche.net, Piero Fassino, deputato del Partito democratico, ha definito Napolitano uno dei suoi padri politici. E ha raccontato che nel 2006, quando lui era segretario dei Democratici di sinistra, incontrò Silvio Berlusconi per comunicargli che Napolitano sarebbe stato il loro nome per il Quirinale. Il fondatore di Forza Italia rispose che non era il suo candidato, ma che riconosceva il valore della nostra scelta. Quale fu, in realtà, il rapporto tra Berlusconi e Napolitano?

Il rapporto tra i due fu profondamente segnato da due momenti: il 2011 con il cambio di governo a favore di quello tecnico presieduto da Mario Monti e il 2013 dopo la sentenza della Cassazione con la quale si tentò di estromettere dalla vita politica il fondatore di Forza Italia.

Partiamo dal 2011. Come venne visto l’intervento del presidente della Repubblica da Berlusconi?

Bisogna tornare indietro fino al giugno di quell’anno. Ossia da quando Napolitano tenne in caldo Monti prima di chiamarlo ufficialmente in campo. Insomma, la genesi del governo Monti fu letta da Berlusconi come una forzatura delle regole. Ma d’altra parte c’è una foltissima produzione letteraria – da Alan Friedman a Bruno Vespa – che avvalora questa tesi. Il presidente Berlusconi interpretò questa decisione come una sorta di golpe. Perciò, su questa fase, il mio giudizio è sospeso.

Nel 2013, invece, che cosa successe a seguito della sentenza della Cassazione?

Quella fu un’occasione persa da Napolitano per pacificare il Paese. Quella condanna venne, chiaramente, interpretata da Berlusconi come un’ingiustizia. Il Cavaliere contestò la genuinità di quel pronunciamento. A quel punto venne avviata una trattativa con il Quirinale per la concessione della grazia. Cosa che, però, non venne concessa.

E il rapporto istituzionale tra presidente del Consiglio e presidente della Repubblica come fu?

Il rapporto istituzionale fu di profondo rispetto. Tra l’altro, anche Napolitano saggiò sulla sua pelle l’estremismo giudiziario. Si può dire che in qualche modo sotto questo profilo le sensibilità dei due fossero sovrapponibili.

Torniamo ai toni utilizzati da qualcuno nell’area di centrodestra all’indomani della morte del Presidente emerito.

Certe cose che ho sentito da alcuni esponenti del centrodestra, così come da alcuni giornalisti sono contrarie al rispetto che comunque si deve a un servitore dello Stato e a una persona che comunque è stata protagonista della storia politica del nostro Paese.

Ieri era il primo compleanno di Berlusconi, senza di lui. Com’è lo stato di salute del partito senza la guida del suo fondatore?

Durante la votazione alla Camera sui decreti per limitare l’abuso delle intercettazioni mi sono riaffiorate alla mente le parole che Berlusconi ha sempre utilizzato sulle storture della giustizia. E, in qualche modo, la direzione assunta dal governo rappresenta una consacrazione delle battaglie trentennali del Cavaliere. Forza Italia, oggi più che mai, deve avere il coraggio delle proprie idee senza timore di dispiacere gli alleati e preservando gelosamente la propria identità.

Il rapporto Berlusconi-Napolitano e i toni (sbagliati) del centrodestra. Parla Mulè

Le sue “felici contraddizioni” non giustificano i toni irrispettosi assunti da alcuni esponenti del centrodestra dopo la morte del presidente emerito, dice il vicepresidente della Camera. Che ricorda come il rapporto tra i due leader fu condizionato da due momenti: il governo Monti e la sentenza di Cassazione che condannò il Cavaliere

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