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I consigli dell’alleato cinese sono nuovamente benaccetti tra i palazzi del potere di Pyongyang. L’emissario del regime dei Kim a Pechino, riferisce la televisione di Stato cinese Cctv, ha rassicurato la controparte della volontà nordcoreana di accogliere le esortazioni del Dragone a sedersi al tavolo dei colloqui per riportare il sereno sulla penisola coreana scossa da mesi di tensioni e minacce.

La visita di Choe Ryong-hae, direttore generale del ufficio politico dell’esercito e di fatto terza carica della Corea del Nord, è stata considerata da molti osservatori un tentativo di porre fine alle frizioni con il principale alleato del regime. L’ultimo viaggio di così alto livello di un funzionario nordcoreano in Cina fu lo scorso agosto quello di Jang Song-taek, zio del giovane leader Kim Jong-un, considerato un’eminenza grigia del regime. Se nelle parole di Mao Zedong i due Paesi dovevano essere vicini come le labbra ai denti, la distanza si è però allargata, complice il test nucleare nordcoreano di febbraio e la decisione cinese di votare le sanzioni Onu contro il regime.

Il periodo è “sensibile” scrive il Global Times. Il tabloid, spin off in inglese del Quotidiano del popolo, spesso su posizioni nazionaliste, non ha fatto mancare critiche contro Pyongyang, fino ad arrivare a non escludere che Pechino potesse porre fine agli aiuti allo scomodo vicino. O dando spazio alle posizioni di quei settori della dirigenza di Zhongnanhai che iniziano a considerare l’atteggiamento nordcoreano una minaccia agli interessi cinesi.

È infatti opinione comune che le sparate e i toni belligeranti di Pyongyang siano un alibi per gli Stati Uniti per giustificare la presenza militare nella regione ora assurta a “pivot” della politica estera ed economica Usa e vista da Pechino come una forma di contenimento della propria influenza. Tra i commenti raccolti dal quotidiano si legge quello di Zhang Liangui, esperto di Corea del Nord alla Scuola del comitato centrale del Partito comunista cinese, secondo cui Pyongyang sta cercando di influenzare la diplomazia cinese “Le provocazioni del Nord hanno fatto riavvicinare Cina e Stati Uniti. I due Paesi hanno scambi ad alto livello sempre più frequenti. Ora cerca un nuovo modo per sabotare le relazioni sino-statunitensi”, ha spiegato.

Per Wang Dong dell’Università di Pechino il viaggio di Choe “è un segnale incoraggiante”, bisognerà però capire quanto serie siano le intenzioni di Kim Jong-un e dei suoi generali. “La Corea del Nord apprezza gli sforzi cinesi per mantenere la pace nella penisola e le pressioni per tornare al dialogo. C’è la volontà di dialogare con tutte le parti”, ha spiegato Choe nell’incontro con Liu Yunshan, quinto componente per importanza del comitato permanente del Politburo del Pcc, gotha del potere cinese. Aperture e buoni propositi che tuttavia non trovano spazio nel resoconto dell’incontro tra i due fatto dall’agenzia ufficiale nordcoreana KCNA.

I colloqui a sei che coinvolgono le due Coree, la Cina, gli Usa, il Giappone e la Russia sono fermi dal 2009, dopo il secondo test nucleare nordcoreano. La loro ripresa è uno dei punti della strategia cinese. “Speriamo che la visita possa far migliorare la situazione e dare nuovo slancio alla denuclearizzazione nella penisola”, ha detto il portavoce del ministero degli Esteri di Pechino nel suo briefing con i giornalisti.

Pyongyang intanto si muove anche attraverso altri canali. Secondo quanto riportato dal nipponico Asahi Shimbun, il regime ha convocato diversi funzionari di banca che lavorano nel nordest della Cina per discutere di come affrontare le sanzioni. L’incontro si è svolto lo scorso 21 maggio a Shenyang, nella provincia del Liaoning. Tra i presenti c’erano i rappresentati della Foreign Trade Bank, che ha visto chiudere i propri conti alla Bank of China perché coinvolta nel programma nucleare nordcoreano, e quelli della filiale della Korea Kwangson Banking Corp di Dandong, città al confine per cui passano i commerci tra la Cina e il Nord. “Le sanzioni ci hanno messo in una situazione difficile, ma ci deve essere una via d’uscita”, ha detto uno dei presenti secondo quanto riportato dalla fonte del quotidiano giapponese.

Non sono gli unici a preoccuparsi. Attraverso gli istituti non passavano soltanto i pagamenti per il commercio con la Cina e operazioni poco trasparenti con cui il regime si finanzia, ci sono anche i flussi finanziari di organizzazioni non governative e umanitarie, che ora rischiano di non avere fondi per finanziare progetti di sostegno nel Paese afflitto da malnutrizione.

L'emissario di Pyongyang ascolta i consigli della Cina

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