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Dove va il Partito democratico? Quale spiaggia lo attende dopo l’assemblea del prossimo sabato che segnerà la nuova era post bersaniana?

Non si faccia l’errore di sempre tra “distinzioni anacronistiche su fazioni e provenienze, e disputa sui nomi futuri”, ammonisce in una conversazione con Formiche.net Umberto Ranieri, dirigente che ha ricoperto diversi ruoli tra Pci, Ulivo e Pd (sei volte deputato, una volta sottosegretario agli Esteri). Il componente del Coordinamento nazionale del partito e presidente della Fondazione Mezzogiorno Europa invita ad un congresso “open” coinvolgendo iscritti ed elettori.

La nuova segreteria “compenserà” a sinistra il centrismo del premier?
Non parlerei di centrismo di Letta, né ritengo vi sia un problema di compensare a sinistra. Prima di tutto occorre avviare una seria ricerca critica sulle cause di difficoltà e di problemi attuali. Serve riprendere a discutere e confrontarsi anche perché, ne sono convinto, c’è stato nel corso di questi ultimi tempi un deficit di vita democratica. E ben prima delle elezioni politiche.

Dopo le analisi come (re)agire?
La mia convinzione è che occorra rilanciare il progetto originario del Pd, un disegno dove non vi era né centrismo, né sinistrismo. Ma delineare una ripresa di iniziativa politica nel suo complesso.

Riccardo Terzi, storico dirigente lombardo, ha detto che “questa classe dirigente ha sbagliato tutto, e adesso arriverà il conto”. Vede il rischio di un abbandono silenzioso come pronosticato da Cofferati?
Penso che una disaffezione silenziosa potrà prodursi se non si rilancerà un indirizzo politico, all’interno di una prospettiva culturale ideale oltre a quell’impianto programmatico che fu all’origine del Pd. Se il partito si risolverà in un assemblaggio di gruppi e correnti, ciascuno chiuso nei propri confini a presidiare interessi ristretti, è inevitabile il disimpegno dei militanti e la perdita di elettori. Se riusciremo a fare del Pd una forza centrale e non centrista del paese, il contenitore più impegnato per le riforme, allora recupereremo.

Fabrizio Barca ieri da Firenze ha osservato: “La sinistra prenda tempo per capire gli errori compiuti”. Quanto conviene attendere ancora e quanto decidere in fretta per un cambio di passo?
Ciò di cui abbiamo bisogno è un congresso che permetta un coinvolgimento di iscritti ed elettori. E definire la nuova piattaforma politica ideale con la sua leadership. Un lavoro che dovrà impegnare nei prossimi mesi l’insieme delle forze presenti nel Pd. Non capisco cosa significhi prendere tempo, bisogna piuttosto utilizzarlo a pieno per l’impresa che abbiamo dinanzi: ricostruire il partito.

Dopo Cuperlo ed Epifani, ora spunta Chiti e chissà chi altri ancora: ma parlare di nomi prima che di programmi non sarebbe l’errore (di sempre) da evitare?
Eviterei questa disputa sul succedersi di nomi per la segreteria. Andiamo al congresso e lì elettori ed iscritti decidano la leadership.

Ma dove dirigere la barra tra l’apertura renziana verso lidi più liberali e sensibilità diverse come quelle dei giovani turchi?
Trovo queste dispute del tutto anacronistiche. Il partito a cui avevamo pensato in origine, si ispirava a principi di socialità, con a proprio fondamento l’economia sociale di mercato, che certamente era una forza impegnata a intrecciare valori liberali ad altri provenienti dalla migliore tradizione del socialismo dei diritti. É in questa direzione che serve lavorare, senza contrapposizioni.

twitter@FDepalo

Basta nomi e fazioni. Ranieri richiama il Pd a un congresso (open)

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