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È passato un anno e mezzo dalla prima udienza del processo nato dall’inchiesta China Truck, su un gruppo di cinesi che avrebbe controllato lo spostamento delle merci in entrata e in uscita dalle aziende orientali sparse in tutta Europa imponendo ai titolari le ditte di trasporto di cui servirsi. Ma è di nuovo slittato di tre mesi, al 16 ottobre. Più di quattro dal blitz con 33 arresti, 60 denunce, una valanga di perquisizioni in mezza Italia e fuori. Da allora sono successe diverse cose che hanno rallentato il tutto. Prima sono stati “persi” 56 faldoni. Poi sono stati riscontrati difetti di notifica. Successivamente sono sopraggiunte altre questioni tecniche. Infine, lunedì scorso, l’elenco delle telefonate da trascrivere rimasto da qualche parte nel tragitto virtuale tra la procura distrettuale antimafia di Firenze e il tribunale di Prato.

Soltanto allora, salvo altri intralci e dopo che la folta schiera di avvocati delle decine di imputati avrà detto la sua, il perito del tribunale riceverà l’incarico. Il suo lavoro si preannuncia di portata titanica e tempi lunghissimi: centinaia e centinaia di telefonate, alcune brevi e altre lunghe, alcune in cinese comune e altre in svariati dialetti. Nell’attesa il dibattimento non potrà partire perché gran parte dell’istruttoria poggia proprio sulle intercettazioni telefoniche.

Diversi i reati contestati a vario titolo: estorsione, usura, spaccio di droga, sfruttamento della prostituzione, gioco d’azzardo e l’associazione per delinquere di stampo mafioso che riguarda 38 imputati. L’indagine della Squadra mobile di Prato, diretta da Francesco Nannucci oggi a capo della Dia a Firenze, partita nel 2010 portò a galla la presunta organizzazione mafiosa dedita, stando alle accuse, a illeciti di vario genere. La procura confezionò le richieste cautelari che furono accordate con tempi lunghi.

Imputato principale nel processo è Zhang Nai Zong, imprenditore di 62 anni, ritenuto il capo dell’organizzazione, anzi, per usare le parole degli investigatori, “il capo dei capi”. Secondo l’accusa, sarebbe stato lui a muovere i fili dell’organizzazione che, dalle sue basi a Prato, Firenze e Roma, regolava il trasferimento delle merci cinesi tramite il controllo delle ditte di trasporto. Un segmento economico tanto redditizio da scatenare, nel 2011, una guerra per l’accaparramento del territorio: spedizionieri e aziende sotto scacco, cinesi contro cinesi in un affronto senza esclusione di colpi e con almeno due omicidi che, di fatto, dettero il via a una lunga e difficile indagine che ha scoperchiato un pentolone pieno di altre attività illecite.

Dopo l’ennesimo stop al processo, Chiara La Porta, deputata pratese di Fratelli d’Italia, ha depositato un’interrogazione al ministro della Giustizia, Carlo Nordio. L’atto parlamentare ne segue un altro simile di gennaio e chiede al ministro di effettuare verifiche. “Crea sconcerto il dato che un processo, il primo in Italia che contesta l’associazione per delinquere di stampo mafioso a cittadini cinesi, il cosiddetto 41 bis, non abbia ancora avuto il proprio corso per reiterati motivi tecnici, proprio alla luce del peso giuridico che ha, o meglio, dovrebbe avere”, ha dichiarato La Porta in una nota.

Ancora un rinvio per il processo China Truck. FdI in pressing sul ministro Nordio

Dopo l’ennesimo stop, la deputata La Porta ha presentato un’interrogazione parlamentare: “Crea sconcerto il dato che il primo processo in Italia che contesta l’associazione per delinquere di stampo mafioso a cittadini cinesi non abbia ancora avuto il proprio corso per reiterati motivi tecnici”

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