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Alle 6 di mattina (ora italiana) di venerdì 24 novembre è cominciata ufficialmente una tregua di quattro giorni dai combattimenti tra Israele e il gruppo armato jihadista palestinese Hamas. È un momento da ricordare, perché è probabile che da qui passeranno evoluzioni del conflitto di vario genere. Sara una pausa funzionale, attraverso la quale si dovrebbe permettere lo scambio di prigionieri e ostaggi concordato da Qatar, Egitto e Stati Uniti con le parti in guerra. Val sempre la pena ricordare che stiamo parlando di un conflitto esploso dopo il sanguinoso attentato di Hamas del 7 ottobre, poi certamente incarnito dalla violentissima reazione israeliana che ha prodotto 14 mila morti palestinesi durante l’invasione della Striscia.

L’assenza dei boati delle bombe potrebbe essere utilizzata per evoluzioni diplomatiche, ma anche da alcuni alti ufficiali dell’intelligence militare israeliana per fare polemiche che ribollono appena sotto una superficie moderatamente acquietata dalla guerra. La più rumorosa adesso è questa: un alto ufficiale dell’intelligence israeliana avrebbe respinto un avvertimento dettagliato che prevedeva l’incursione di Hamas del 7 ottobre, definendolo uno “scenario immaginario”. Lo hanno dichiarato due persone a conoscenza delle discussioni al Financial Times. La notizia non è tanto interessante in sé — delle falle dell’intelligence si parla sin da subito — sebbene la pubblicazione sul gotha dell’informazione mondiale ha un suo significato intrinseco (anche considerando che da quel giornale sono arrivati già messaggi incrociati, verso il governo israeliano e gli investitori globali, per richiedere un cessate il fuoco). Quel che conta in questo caso, e su questa scia, è la tempistica: l’articolo esce adesso, mentre parte il primo giorno dei quattro previsto di silenzio delle armi.

Se non è un segreto che Londra (storicamente) non coltiva una linea pro-israeliana, non lo è nemmeno che diverse diplomazie valutano l’attuale pausa bellica come un modo per partire a un’ambiziosa costruizione di qualcosa in più. “Perché è vero che Israele ha già detto che la guerra per distruggere Hamas continuerà, ma questo in corso è il primo successo diplomatico del conflitto e può avere un ruolo significativo”, spiega una fonte europea che osserva il conflitto. E commenta riservatamente per esprimere un giudizio poi libero dal ruolo che ricopre: “L’uscita di notizie come quella del Financial Times potrebbe anche essere funzionale a creare ulteriore crisi all’interno delle istituzioni israeliane, crisi che ricadrebbe sul responsabile ultimo, Benjamin Netanyahu, che è (lui e il governo che guida) il principale ostacolo a ulteriori passaggi per fermare la guerra”.

E però, contemporaneamente la vicenda del buco di intelligence scaricherebbe le colpe su un angolo preciso dell’apparato israeliano, anche in forma di salvaguardia dell’esecutivo e del primo ministro. Secondo le informazioni ottenute dal giornale inglese, le sentinelle al confine israeliano con Gaza, molte delle quali osservano e analizzano un flusso costante di video e altri dati raccolti vicino alla recinzione elettronica che circonda l’enclave, hanno inviato un rapporto dettagliato settimane prima dell’attacco all’ufficiale di intelligence più alto in grado del comando meridionale.

Che cosa si sapeva?

Il rapporto, che sarebbe stato inviato utilizzando un sistema di comunicazione sicuro, avrebbe contenuto avvertimenti specifici, tra cui il fatto che Hamas si stava addestrando a far saltare in aria i posti di frontiera in diverse località, a entrare in territorio israeliano e a prendere il controllo dei kibbutzim. Non solo: nelle esercitazioni osservate, che secondo FT sarebbero state passate anche agli specialisti dell’Unità 8200, si sarebbe notata la supervisione di un alto ufficiale di Hamas sulle prove di incursione e cattura di ostaggi.

L’incapacità di Israele di prevenire l’attacco è considerato il più grande fallimento dell’intelligence da quando l’Egitto e la Siria lanciarono un assalto a sorpresa nel 1973 durante lo Yom Kippur, il giorno più sacro del giudaismo. Se sono vere le informazioni ottenute dal FT, la definizione di “scenario immaginario” da parte dell’alto ufficiale dell’intelligence israeliana è quanto meno surreale. KAN, l’emittente pubblica israeliana, ha riferito giovedì in tarda serata i dettagli di un avvertimento simile inviato da soldati di basso rango ai loro superiori, aggiungendo che esso includeva la possibilità che un aereo venisse abbattuto e che Hamas alzasse le sue bandiere sul territorio israeliano. Anche in questo caso, la tempistica è importante: mentre il rilascio dei primi 50 ostaggi riempiva i notiziari e i silenzi delle armi, c’è qualcuno che ha fatto arrivare le giuste informazioni ai media per fare rumore. Da notare che il rilascio degli ostaggi viene indicato da lati del governo israeliano come un successo l, legato all’azione militare sulla Striscia.

Va poi aggiunto un layer ulteriore alla polemica: gli avvertimenti potrebbero essere stati ignorati non solo perché provenivano da soldati di grado inferiore, ma perché si scontravano con la fiducia del governo israeliano di aver contenuto Hamas attraverso un blocco punitivo, bombardando le sue capacità militari e usando aiuti e denaro come mezzo per placare il gruppo militante palestinese. Ossia, quelle informazioni di intelligence mettevano in discussione un’intera strategia di contenimento del gruppo militante palestinese attraverso l’isolamento della Striscia: strategia che parte dal disimpegno del 2005. FT sottolinea questo elemento. In sostanza, alla base dell’idea israeliana su Hamas c’era questo: un attacco della portata di quello del 7 ottobre da parte del gruppo avrebbe scatenato immediatamente una guerra con lo Stato ebraico, ma la comunità di intelligence israeliana era convinta che Hamas stesse cercando di evitare un conflitto, indebolito e isolato come veniva pensato.

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