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Il comandante della 444a brigata, Mahmoud Hamza, la cui detenzione ha scatenato scontri mortali a Tripoli, è stato rilasciato. Qualche decina di morti (da 27 a 55 dicono le fonti libiche) e un centinaio di feriti ci ricordano, se ce ne fosse bisogno, che la Libia è uno stato in mano alle milizie. Gruppi armati fino ai denti che rappresentano centri di potere di vario genere — dagli idrocarburi al traffico di esseri umani — e che si spartiscono il territorio e il diritto a controllarlo. Senza elezioni da un decennio, con governi imposti dalle istituzioni internazionali come (debole) soluzione per trovare una via di stabilizzazione, la Libia è ancora un bubbone tra Nordafrica e Sahel, che ha tuttora un posto nelle dinamiche del Mediterraneo allargato e di chi ha interesse a renderle caotiche.

Scontro per Tripoli

I combattimenti degli ultimi due giorni sono stati descritti da fonti locali come alcune delle forme più gravi di violenza verificatesi a Tripoli negli ultimi due anni. Ossia l’arco di tempo in cui il Paese vive una fase di cessate il fuoco tra i gruppi della Tripolitania e quello predominante della Cirenaica. Fase in cui le divisioni interne permangono. “Il fragore delle sparatorie ha intrappolato i civili, terrorizzati, nelle loro abitazioni, causando un inaccettabile danno ai cittadini che già vivono condizioni quotidiane molto disagiate”, spiega una fonte da Tripoli che, in forma riservata, ha aiutato Formiche.net a ricostruire l’accaduto e gli interessi in campo.

Gli scontri sono scaturiti quando la Special Deterrence Force — un milizia islamista nota come “Rada” che protegge il governo tripolino sotto gli ordini del comandante Abdul Raouf Kara — ha proceduto all’arresto del leader della 444esima Brigata. Hamza, la figura centrale del gruppo, è un personaggio noto nelle dinamiche della Tripolitania, ben collegato con alcuni politici della regione. Entrambe le unità rivendicano un ruolo da forze speciali nella sicurezza della capitale e si dicono impegnate contro i traffici illeciti. Reciprocamente si accusano di corruzione e violenze e sono in lotta perché fedeli a diversi fronti del potere interno e in competizione sul territorio.

La 444esima Brigata è vagamente affiliata al ministero della Difesa dell’attuale Governo di unità nazionale, e gode di una reputazione relativamente positiva. Molte persone comuni a Tripoli preferiscono la 444esima rispetto ad altre milizie a causa del suo comportamento più professionale. La Special Deterrence Force è una milizia religiosa estremista che si muove come una sorta di forza di polizia nella capitale, controllando molte strutture pubbliche, tra cui l’aeroporto civile della città, Mitiga. È stata collegata al ministero dell’Interno, ed è famigerata per le detenzioni arbitrarie, tra cui quelle politici di libici e attivisti della società civile; ha ricevuto critiche da parte di gruppi per i diritti umani come Amnesty International e dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite.

Questo non è il primo scontro tra la 444esima e la Rada. Un episodio simile c’è stato lo scorso maggio, quando gli uomini di Kara hanno rapito brevemente un altro leader della 444esima brigata. Nel 2017 e nel 2018, la Special Deterrence Force ha combattuto contro altre milizie di Tripoli: è da sempre uno dei gruppi più attivi della Libia.

Un Paese in mano alle milizie 

Mentre la calma è apparentemente tornata a Tripoli, i fatti di questi giorni sono solo l’ultimo di una serie di scontri di questo genere, e rappresentano un quadro di instabilità sostanziale. Le milizie hanno assunto una posizione via via più dominante nel sistema/Paese libico, anche perché i vari fronti politici si sono legati a esse per ricevere protezione e garantirsi posizioni. Il governo che Abdelhamid Dabaiba guida attraverso un mandato, scaduto, ricevuto tramite le Nazioni Unite, è per esempio molto connesso alle milizie, e la permanenza dell’incarico è stata anche frutto di una sistemazione con i gruppi mediata dallo stesso primo ministro. In questa fase in cui si stanno creando i presupposti per un nuovo esecutivo — frutto di un accordo Est-Ovest che potrebbe anche portare alle elezioni — e con Dabaiba non intenzionato a lasciare, le tensioni aumentano. Lo sfogo militare in Libia è (per quanto assurdo) quasi una conseguenza naturale.

Il panorama delle milizie libiche ha le sue radici nei gruppi informali di combattenti sorti in seguito al rovesciamento del lungo regime del dittatore Muammar Gheddafi nel corso della rivoluzione del 2011. Durante i combattimenti successivi, le comunità locali si sono unite o separate a secondo degli interessi più confacenti per difendere i propri territori e contrapporsi alle forze fedeli a Gheddafi. Dal 2014, la Libia è stata divisa in due entità governative separate, una ad est e una ad ovest. Nonostante alcune evoluzioni nel corso degli anni, le divisioni restano. Ciascuna di queste fazioni è sostenuta da una serie di milizie locali che in alcuni casi sono state anche in grado di sviluppare accordi con forze straniere. In passato le milizie sono stati i proxy operativi di scontri per procura avvenuti tra Paesi rivali sul suolo libico.

Con il passare del tempo, i gruppi armati libici si sono sviluppati e sono diventati parte delle istituzioni di sicurezza statali, ricevendo finanziamenti anche dal governo. Da lì le milizie hanno messo le mani su altre realtà economiche e di potere nel Paese. La mancanza di un governo centrale forte ha permesso la proliferazione di questi gruppi armati. Nell’est della Libia, il signore della guerra divenuto politico Khalifa Haftar è riuscito a consolidare il controllo su varie unità armate minori che da tempo operano sotto la sua guida. Nell’ovest, sebbene ultimamente il numero di milizie sia diminuito, sono diventate più potenti e divise. I recenti scontri dimostrano come la questione intra-Tripolitania sia un problema tanto quanto le divisioni con la Cirenaica.

La maggior parte di questi gruppi armati, grazie  alla connessione con organismi ufficiali (come i ministeri), opera “sotto la copertura della legittimità statale” come spiegato da Wolfram Lacher, ricercatore presso l’Istituto tedesco per gli affari internazionali e di sicurezza. Lacher, uno dei massimi esperti al mondo sul contatto libico, aggiunge che “in realtà [le milizie] difendono principalmente gli interessi dei loro leader, dei membri o della loro base sociale, sfuggendo in gran parte al controllo statale”. In un contesto del genere, non solo è difficile gestire i rapporti presenti con Tripoli, ma è impossibile prevedere il futuro del Paese.

(Foto: la liberazione del comandante della 444esima Brigata)

Gli ultimi scontri a Tripoli ci ricordano che in Libia comandano le milizie

Decine di morti e feriti a Tripoli per un regolamento di conti tra bande rivali. La Libia è ancora un hotspot di caos nel Mediterraneo allargato. Con il passare del tempo, i gruppi armati libici si sono sviluppati e sono diventati parte delle istituzioni di sicurezza statali, ricevendo finanziamenti anche dal governo. Da lì le milizie hanno messo le mani su altre realtà economiche e di potere nel Paese. La mancanza di un governo centrale forte ha permesso la proliferazione di questi gruppi armati

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