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Quello che si apre è un anno importante per lo sport italiano. Nell’arco delle prossime due settimane (tra l’11 e il 15 gennaio) infatti si arriverà alla investitura del nuovo presidente della Lega Serie A e della Federcalcio tricolore. Quello che tutti gli addetti ai lavori si aspettano e che, soprattutto con la vittoria di Andrea Abodi (numero uno dimissionario della Lega serie B) si possa arrivare finalmente a una nuova “governance” del football italiano. L’obiettivo è competere con Leghe molto più solide e coese come quella inglese e tedesca, per esempio, che stanno internazionalizzando il brand dei rispettivi campionati all’estero, in quei mercati (arabi, americani e asiatici), dove il pallone sta esplodendo come primaria forma di divertimento live e tv. Lasciare spazi, giorno dopo giorno, alla Premier league o alla Bundesliga tedesca (e dietro per esempio spinge la Ligue1 francese, dove stanno arrivando investimenti a pioggia), vuol dire nei prossimi anni rimanere relegati a posizioni marginali in ambito internazionale.
Nel mese di febbraio (esattamente il 19 a pochi giorno dalle politiche italiane) poi si arriverà alla definizione del nuovo presidente del CONI, il governo dello sport olimpico del nostro Paese. In lizza il segretario generale uscente Lello Pagnozzi (per il momento sostenuto, almeno a parole, da Gianni Petrucci) e dall’altro il nuovo che avanza: Giovanni Malagò, più vicino alla figura del presidente-manager. Sia Abodi che Malagò stanno giocandosi giustamente tutte le loro carte per centrare l’ambito obiettivo. Devono però avere presente, che, in caso di vittoria, il loro quadriennio sarà il più importante nella storia del calcio e dello sport olimpico tricolore. Qualcosa deve cambiare, perchè ormai siamo “impaludati” in una situazione in cui non si avanza e non si indietreggia di un metro. Questo stato dell’arte non può continuare all’infinito, pena un inesorabile declino. Ecco perchè è importante rimarcare che un istante dopo aver (eventualmente) vinto, entrambi dovranno dedicarsi giorno e notte allo sport (dal calcio alle discipline olimpiche), che deve essere rilanciato partendo dall’individuazione di nuovi investitori, di nuovi modelli di business e basando ogni passo di questo percorso sulla “meritocrazia”, un termine che manca da decenni nello sport, dove ogni “posizione” è legata alla cooptazione. Posti sicuri da affidare a “uomini di fiducia”, che non sempre hanno le competenze per poterli ricoprire. Saranno quindi Abodi e Malagò in grado di compiere questa “rivoluzione/riforma culturale” che il mondo dello sport attende da anni? La speranza è l’ultima a morire e possiamo solo augurare loro (in caso di vittoria) di saper creare quelle sinergie virtuose che, sulla carta, sono presenti nei rispettivi programmi elettorali. Insomma uno sport 2.0, dove a partire dal CONI, per esempio, ci piacerebbe pensare che i presidenti delle rispettive federazioni possano essere eletti non da “grandi elettori” (come i 75 per la presidenza del CONI), ma democraticamente da tutti i tesserati, finendola con questa orribile pratica delle “deleghe”. Settantacinque persone non possono scegliere, sempre al loro interno, l’uomo della governance dello sport olimpico. E’ pazzesco, oltre che vicino a un nuovo ed oscuro “feudalesimo”. Ci vuole invece un tesserato, una testa, un voto. Questa è democrazia. E’ la prima promessa elettorale (abbinata chiaramente alla modifica degli statuti federali) che vorremmo strappare a Malagò, che si presenta a poche settimane dal voto come il “riformatore”. Speriamo che lo sia veramente, anche una volta sedutosi nelle stanze del Palazzo H.

2013: un anno importante per lo sport italiano. E' tempo di riforme "radicali"

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