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Non siamo un partito in disarmo, dice a Formiche.net il senatore dem Alfredo Bazoli, vicepresidente del Senato, che racconta la manifestazione di sabato scorso come un nuovo inizio per i democratici e la segretaria Elly Schlein, alle prese con due sfide: realizzare un contenitore in grado di dare udienza a posizioni radicali e al contempo anche a quelle centriste, e sfruttare le elezioni europee di giugno 2024 per iniziare a costruire l’alternativa al centrodestra.

Quale il risultato della manifestazione con Pd e M5S in piazza e a quale settore di sinistra o di centro si riesce a parlare tramite questa iniziativa?

Intanto era una piazza del Pd, non del Pd con i Cinque Stelle: si è presentato anche Conte, ma era una manifestazione del Partito democratico a cui hanno partecipato ovviamente simpatizzanti e iscritti oltre a militanti e amici del Pd. È stato poi un segnale di di forza e di vitalità di un partito come il nostro che da molti viene dato in disarmo.

E invece?

Invece sabato scorso ha dimostrato di essere ancora un partito capace di mobilitare e di portare in piazza le persone, di essere ancora vivo e vegeto, di essere di fatto, come noi sosteniamo da sempre, il partito che costituisce il perno dell’alternativa al centrodestra in questo Paese.

Esiste il rischio che le istanze dell’elettorato più centrista vengano poste in secondo piano, guardando comunque al timone del Pd e a certe posizioni, anche ad esempio a quelle sull’Ucraina?

Intanto sull’Ucraina, sulla politica estera e anche sulle recenti vicende in Medio Oriente i pronostici di divisione Pd sono stati assolutamente smentiti, perché anche le posizioni che ha assunto Schlein sono posizioni molto equilibrate. Penso che la sfida che abbiamo di fronte, e che ha di fronte anche la segretaria, sia quella di cercare di fare del Partito democratico un grande partito di centrosinistra che torni a essere aggregatore di consensi, che vadano molto oltre gli attuali sondaggi. Dovremo essere capaci di tenere assieme la radicalità anche su alcuni temi come la disuguaglianza e le povertà e quella cultura di governo che è stata tipica di quel Pd che si rivolge a tutta la società italiana all’insegna di una capacità di convincere e rassicurare per le sue qualità. Prima fra tutte quella di essere un partito che ha in sé la cultura di governo. Questa sfida è anche l’unica strategia, secondo me, per cercare di dare al Partito democratico quelle caratteristiche che sono necessarie per un grande partito di centrosinistra: aggregare sinistra e centro.

Cosa ne pensa dell’appello di Guerini a guardare verso chi non va in piazza?

Ma questo è ovvio, la piazza è un modo per ritrovarsi tra i tanti simpatizzanti al fine di mostrare che si è vivi e vitali. Poi ovviamente occorre costruire una proposta alternativa alla destra che sia appunto una proposta di governo in grado di convincere le persone molto al di là di quelle che scendono in piazza: per cui considero questo un appello doveroso da parte di Guerini.

E in questo senso, per esempio, una possibile alleanza coi Cinque Stelle favorirebbe il dialogo con chi non va in piazza oppure sarebbe un freno?

Il tema delle alleanze ovviamente è un tema molto rilevante perché senza alleanze non si vince. Occorre mettere insieme le opposizioni alla destra se si vuol tornare a essere competitivi, cosa che purtroppo non è riuscita nelle scorse elezioni. Il risultato è quello che vediamo oggi, c’è il governo Meloni, quindi bisogna mettersi insieme e bisogna farlo attraverso una paziente opera di tessitura, di costruzione con tutte le opposizioni, quindi non solo con i Cinque Stelle, ma anche con le altre opposizioni più centriste. Si tratta di un’operazione di medio-lungo periodo, perché le elezioni politiche non sono dietro l’angolo. Ma bisogna testare la capacità di fare alleanze anche nelle elezioni a medio termine, quindi in quelle amministrative. Ma farlo senza un interlocutore privilegiato: è questo un tema politico che va affrontato perché necessario. È imprescindibile cercare di mettere insieme un’alleanza larga in tempo per le prossime elezioni con un progetto di governo credibile e che sia in grado di convincere la maggioranza degli italiani.

Intanto il prossimo step elettorale saranno le europee. Quale l’obiettivo minimo del Pd?

L’obiettivo del Pd deve essere quello di essere il primo partito italiano, non so se ce la faremo ma dobbiamo provarci e cercare di essere all’altezza delle nostre ambizioni. Ovviamente Meloni ci arriverà con una certa inerzia ancora a suo favore, quindi sarà un compito difficile, però dobbiamo essere un partito che ambisce ad avere un terzo un terzo dei consensi degli italiani. Senza questa capacità, non riusciremo a essere il perno di un’alternativa credibile. Le europee saranno una tappa intermedia e importante, speriamo di riuscire ad arrivarci con un po’ di vento in poppa che ci faccia crescere rispetto alle ultime elezioni politiche. Ma le europee sono anche un terreno interessante per noi, perché la nostra vocazione fortemente europeista in qualche modo ci ha sempre premiati alle elezioni europee. Per cui mi auguro che anche questa circostanza ci aiuti.

Elly Schlein sarà capolista in tutte le circoscrizioni?

Questo non so dirlo e non ho idea della scelta che farà.Credo che bisogna fare la scelta più conveniente per il Partito democratico, valuterà lei. Diciamo che sarebbe una scelta, questa, che presenta anche qualche controindicazione, per cui la valuterei con molta attenzione, fossi in lei.

Oltre la piazza, alleanze anche con chi non c'era. Parla Bazoli (Pd)

“La piazza è un modo per ritrovarsi tra i tanti simpatizzanti. Poi occorre costruire una proposta alternativa alla destra che sia di governo e in grado di convincere le persone molto al di là di quelle che scendono in piazza”. Conversazione con il senatore dem sulla piazza di sabato e il futuro del partito guidato da Elly Schlein

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