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Quella che, in modo improprio, è considerata un’entità distinta dalla finanza “trasparente” altro non è che l’effetto di un errore di approccio. Ci si preoccupa che nel post-crisi quasi una operazione su due si diriga verso aree ad alto rendimento e con regolamentazioni meno sovrastrutturate, ma non ci si chiede il perché. Il perché si stanno ingrossando le arterie che portano flussi verso Paesi ad alto rischio, perché a circa quattro anni dal Grande Crack finanziario mondiale, molti investitori presi quasi da una “amnesia” ciclica ricercano l’azzardo o comunque desiderano “rivivere” la finanza, quella dai grandi potenziali remunerativi. Gli investitori professionali e le banche che sono “sopravvissute” alla crisi, durante la stessa hanno retto gli impatti facendosi scudo con la propria solidità ma attendendo, ragionando giustamente da impresa, tempi migliori per poter ricominciare a produrre utili.
 
In un momento come questo, dove le banche soffrono quell’eccesiva regolamentazione, frutto di disposizioni emergenziali a tutela del risparmio, e dove la limitazione dei rischi porta con sé quella intollerabile drastica riduzione dei margini aziendali, sorge il “germe” speculatorio in un terreno reso “ombrato” proprio dall’ “ingessato” sistema trasparente. La speculazione, che in realtà potrebbe rappresentare lo “stimolo” del mercato, può diventare portatrice di danni qualora si generi in mercati “opachi” dove non c’è possibilità di controllo e di apposizione di limiti esterni alla sua manifestazione. Ed allora tornando al punto, si sta “sterilizzando” il sistema di sopra, causando una rigidità operativa in termini di scelte di business e di conseguenza una esiguità in termini di utili, portando ad una migrazione “indotta” degli investimenti verso il sistema di sotto.
 
Sicuramente è necessaria la regolamentazione del sistema bancario, ma in modo tale che non sia, essa stessa, con una eccessiva limitazione di attività ad elevato rendimento, la causa indiretta dell’estensione della zona d’ombra. Maggiore sarà la “super-struttura” di un sistema, tanto maggiore sarà la proiezione del cono d’ombra. Non si regolarizza il sistema mondiale regolamentando ciò che nasce come fuga dalla regolamentazione, non si può “entificare” un qualcosa che vive solo come riflesso di un’entità; l’unica entità su cui intervenire è quella del sistema bancario ordinario, rendendolo appetibile per gli operatori anche attraverso delle misure incentivanti: se c’è la necessità di operazioni connotate da rischio meglio che ciò avvenga nel perimetro di controllo delle Istituzioni Finanziarie.
 
Meno razionale sarebbe un allargamento a dismisura dei poteri di monitoraggio delle suddette Istituzioni che, probabilmente, oltre a fare un buco nell’acqua, rischierebbero di occludere pericolosamente una valvola di sfogo, indispensabile per calare una pressione che trova la propria genesi nel sistema trasparente: alla fine dei conti non sembra saggio inseguire le ombre.
 
Nunzio Bevilacqua
Avvocato, pubblicista, esperto economico. Vice Presidente Fondazione Atlante per l´etica in Economia, direttore rivista giuridica Notarilia e direttivo ANSPC

Le ombre della finanza

Quella che, in modo improprio, è considerata un’entità distinta dalla finanza “trasparente” altro non è che l’effetto di un errore di approccio. Ci si preoccupa che nel post-crisi quasi una operazione su due si diriga verso aree ad alto rendimento e con regolamentazioni meno sovrastrutturate, ma non ci si chiede il perché. Il perché si stanno ingrossando le arterie che…

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