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L’ingresso del Canada nello strumento Safe dell’Unione europea segna una svolta nella costruzione di una difesa sempre più integrata e industrialmente strutturata. La decisione porta per la prima volta un Paese del G7 non appartenente all’Unione dentro il meccanismo europeo dei prestiti per gli investimenti militari, spostando il baricentro della cooperazione oltre i confini comunitari. L’intesa arriva mentre le capitali europee cercano strumenti più credibili per rispondere alle crisi di sicurezza, sostenere l’Ucraina e mettere ordine in catene di fornitura fragili, con l’obiettivo di trasformare la domanda di armamenti in leva politica e industriale.

Tra sostegno all’Ucraina e apertura a Ottawa

Safe si presenta come lo strumento finanziario da 150 miliardi di euro progettato per sostenere la difesa comune. Nei giorni scorsi tutti i Paesi membri aderenti hanno presentato i piani nazionali per accedere al fondo. Nello specifico quindici su diciannove includono progetti per sostenere l’Ucraina, in alcuni casi con la partecipazione dell’industria di Kyiv. Il commissario Kubilius ha definito il risultato storico, specificando che si parla di “miliardi, non di milioni”, rimarcando, nuovamente, l’importanza del progetto per tutta l’Unione.

All’interno di questa cornice si inserisce l’accordo con il Canada, formalizzato da una dichiarazione congiunta fra la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e il primo ministro canadese Mark Carney, che hanno presentato l’intesa come un passo per rendere più efficiente la cooperazione, mobilitare risorse e ampliare la base di fornitori compatibili con le esigenze europee. Dal punto di vista di Ottawa l’adesione offre accesso a un mercato strategico, l’opportunità di partecipare a bandi congiunti e di diversificare relazioni in un contesto globale sempre più turbolento. Per l’Unione significa attirare capitali e know-how da un partner politicamente allineato, rafforzando capacità e resilienza.

Oltre Ottawa, le prossime frontiere di Safe

L’ingresso del Canada in Safe non rimane un fatto isolato, ma inaugura una stagione di possibili aperture verso attori esterni. Il percorso già tentato con il Regno Unito, finora non concretizzato, potrebbe essere rilanciato in un quadro che oggi appare più maturo e inclusivo. E sul lungo termine non è da escludere che anche gli Stati Uniti possano guardare al meccanismo come a una piattaforma di cooperazione integrata, almeno su alcune linee industriali strategiche. Di fatto Safe potrebbe diventare un pilastro di una nuova architettura di difesa euro-atlantica ibrida, capace di coniugare esigenze europee e interessi globali. Attraverso la partecipazione condivisa, l’industria difensiva europea acquisisce massa critica, robustezza, legami stabili e la struttura si rafforza mentre cresce la sua capacità di influenzare equilibri e scelte strategiche. L’adesione canadese rappresenta quindi non un punto di arrivo, ma il possibile avvio di un processo destinato a ridefinire il perimetro della cooperazione sulla sicurezza.

Ottawa entra in Safe e l’Ue apre il gioco lungo della difesa

L’adesione del Canada a Safe segna un ampliamento della cooperazione europea sulla difesa e introduce un partner del G7 in un meccanismo finora interno all’Unione. L’accordo rafforza il sostegno all’Ucraina e la resilienza industriale, mentre apre la strada a future collaborazioni con Regno Unito e Stati Uniti. Safe emerge così come possibile pilastro di una nuova architettura euro-atlantica

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