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A dettare la linea strategica per la proiezione geoecomica del Paese è Edoardo Rixi, viceministro alle Infrastrutture e ai Trasporti, intervenendo allIndo-Mediterranean Business Forum organizzato dal Trieste Summit evento di cui Formiche e Decode39 sono stati media partner. Rixi, di recente tornato da una missione in India e Qatar, per poi passare da un summit a Londra e una visita in Egitto, approfondisce con Formiche.net la trasformazione dei porti italiani, il ruolo strategico del Mediterraneo nella competizione globale e le sfide poste dalle nuove rotte dallAfrica al Golfo, fino allArtico.

In questa conversazione Rixi ha delineato una visione che passa dalle regole ambientali europee troppo rigide (criticate anche dalla nuova National Security Strategy statunitense, uscita in queste ore), come lEmission Trading System (ETS) applicato al trasporto marittimo, in quanto rischiano di produrre distorsioni e di spostare i traffici favorendo altri attori internazionali. Rixi ha inoltre ricordato che la crescita globale si concentra ormai nei mercati extraeuropei India, Africa, Medio Oriente e che lItalia deve recuperare relazioni e capacità di proiezione per non restare ancorata a un modello economico solo continentale. Le crisi in corso, dai problemi sul corridoio di Suez allUcraina, dimostrano che la marittimità è lo strumento più resiliente per affrontare shock geopolitici, secondo il ragionamento del viceministro. Infine, per superare la frammentazione del sistema portuale nazionale, Rixi spiega che sarà necessario dotarsi di strumenti nuovi capaci di coordinare e rafforzare lintero settore.

Trieste sta assumendo un ruolo centrale. Qual è la visione del governo per i porti italiani nel Mediterraneo che cambia?

Il Mediterraneo sta diventando uno snodo strategico globale: Nord Africa, Golfo, India stanno sviluppando capacità logistiche impressionanti che vediamo sintetizzate nel corridoio Imec. LItalia ha il dovere di essere parte di questa trasformazione. Questo significa rafforzare porti che abbiano anche una vera capacità ferroviaria, come Trieste, e creare alleanze a livello europeo, perché siamo lunica grande nazione continentale con tutti gli scali sul Mediterraneo. Una peculiarità che possiamo sfruttarne affinché i porti italiani non siano solo infrastrutture nazionali, ma hub europei per Austria, Germania, Ungheria, Polonia, Slovacchia e per tutti i mercati che tradizionalmente utilizzavano Trieste.

Serve quindi un nuovo modello di governance del sistema portuale?

Il sistema italiano è ricchissimo di competenze, ma frammentato. Abbiamo bisogno di coordinamento nazionale, di servizi uniformi – dogane, fiscalità, controlli sanitari – in tutti gli scali. Il mio ministero non ha da solo tutte le leve, quindi credo sia necessario uno strumento flessibile, pubblico-privato, capace di operare anche sui mercati esteri, attirare expertise e accompagnare i nuovi Paesi che si affacciano sulla logistica integrata. Altri lo stanno già facendo: la Cina gestisce decine di porti nel mondo. LItalia potrebbe offrire servizi analoghi allEuropa e competere così globalmente.

Lei insiste spesso sulla necessità di parlare una lingua comune nel Mediterraneo. LEuropa è pronta?

LEuropa è nata con una visione continentale, non particolarmente orientata alla dimensione marittima. I Paesi mediterranei Italia, Spagna, Grecia, Malta, Cipro vivono invece uno scenario completamente diverso: davanti abbiamo un continente africano destinato a raddoppiare la popolazione e a diventare il principale motore demografico ed economico dei prossimi decenni. Le regole europee, pensate per il Baltico o il Mare del Nord, non possono restare tali mentre il 30% dei traffici mondiali passerà dal Mediterraneo. Trasformare il Mediterraneo in un mare di ricchezza, stabilità e integrazione è essenziale per la crescita europea.

Parliamo dellETS marittimo e della rotta artica: quali rischi intravede?

LETS, così com’è, genera distorsioni competitive. Dopo la decisione della International Maritime Organization (IMO) di rinviare la tassazione mondiale, lEuropa rischia di mettersi in una posizione isolata: le flotte mondiali non hanno ancora carburanti e tecnologie per rispettare obiettivi così stringenti. Il rischio è che i traffici si spostino verso rotte alternative, in primis lArtico quando sarà possibile, che è molto conveniente per Russia e Cina. In cinque o dieci anni Mosca potrebbe costruire un hub portuale artico enorme. Questo significherebbe aggirare Suez, evitare lETS, e marginalizzare i porti europei. Ma possiamo permettere che scelte regolatorie interne spingano fuori lEuropa dai corridoi del commercio globale?

Anche in questottica, è il momento per lItalia di ricostruire una presenza anche extra-europea?

Assolutamente sì. Per varie ragioni politiche e diplomatiche abbiamo progressivamente ridotto gli scambi con Paesi che erano partner fondamentali: pensiamo allEgitto, per esempio, di cui eravamo il primo partner e per tutta una seria di questioni, anche legittime, che conosciamo siamo diventati ventottesimi. Oggi dobbiamo rimettere in moto quei rapporti: i mercati che crescono sono lì, dove reddito e popolazione aumentano rapidamente. Non rinunciamo allEuropa, ma se vogliamo crescere dobbiamo uscire dalle acque protette e riconoscere che lItalia è — e deve essere un Paese marittimo. Anche in questottica abbiamo per esempio pensato laccordo di su porti e logistica Italia-India, che presto vedrà la luce, forse già nei prossimi mesi con al visita del ministro dei Porti indiano, Sarbananda Sonowal.

Le crisi recenti hanno mostrato la fragilità delle catene logistiche. Qual è la lezione principale per lItalia?

La marittimità è il sistema più resiliente. La crisi ucraina ha bloccato le vie terrestri: costi energetici alle stelle, scambi interrotti. La crisi di Suez, dovuta agli attacchi degli Houthi contro i navigli occidentali, ha costretto la flotta a circumnavigare lAfrica, ma non ha generato inflazione in Europa. Questo dimostra che, in un mondo geopoliticamente instabile, il trasporto marittimo è lo strumento più sicuro e flessibile. LItalia deve usare questa posizione per diventare un hub centrale tra Europa, Mediterraneo e Indo-Pacifico, garantendo scambi, aumentando la resilienza e perché no, riducendo il rischio di conflitti.

Trieste polo di un’Italia al centro del Mediterraneo. Parla Rixi

LItalia deve diventare un vero hub europeo nel Mediterraneo, puntando non solo sui porti, ma anche su infrastrutture ferroviarie, logistica avanzata e un know-how marittimo completo. Intervista al viceministro alle Infrastrutture e ai Trasporti Edoardo Rixi, intervenuto a Trieste all’Indo-Mediterranean Business Forum

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