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L’altra faccia della medaglia. Un sistema statale che si fa garante del sistema finanziario fa scattare meccanismi distorsivi in economia da parte del mondo bancario e finanziario. E’ questa la conclusione di uno studio riservato della Banca d’Italia illustrato a fine ottobre in un seminario a porte chiuse.
Il paper di Giovanni di Iasio e Federico Pierobon, rispettivamente del Dipartimento di stabilità finanziaria e di quello della supervisione bancaria di Bankitalia, dimostra che una politica di salvataggio pubblico portata avanti per un tempo consistente influenza fortemente il rischio di liquidità degli enti finanziari.
Il nodo irrisolto dello shadow banking
Le banche – dimostrano gli autori – prevedono il supporto pubblico in una crisi di liquidità e stimolano il loro indebitamento ricorrendo allo Shadow Banking, un meccanismo che attrae gli investitori del mercato con titoli di debito liquidi (collateral privati) strutturati con asset non liquidi (es. mutui). “Nel percorso verso la grande crisi finanziaria – si legge nello studio che Formiche.net è in grado di svelare – il sistema finanziario ha sperimentato un cambio nella catena di intermediazione con la crescita degli enti non bancari, il cosiddetto sistema Shadow Banking”. Secondo il Financial Stability Board (2011), la portata del SB è passata da 27 trilioni di dollari del 2002 ai 60 trilioni di dollari del 2007. “Il nuovo paradigma di intermediazione – è scritto nel rapporto riservato – ha permesso di sostenere un boom del credito in molti Paesi industrializzati, sebbene la crescita del SB sia stata particolarmente intensa negli Usa”.
Genesi ed effetti del sistema bancario ombra
Nel modello, “le banche che fanno riferimento a uno Stato sicuro hanno l’incentivo a ottenere maggiori profitti diversificando il loro portafoglio, rappresentato da titoli liquidi, investendo in quelli sovrani più rischiosi”. Con lo Shadow Banking, il settore finanziario riduce infatti il suo bisogno di titoli costosi del debito sovrano per assicurarsi contro il rischio di liquidità. Espandendo il loro indebitamento, le società finanziarie prendono in considerazione la probabilità per cui il loro Stato sarebbe davvero in grado di salvarle: più sicuro è lo Stato, più bassa è la qualità del collaterale privato, più alto sarà il rischio di liquidità.
L’eterogenesi dei fini dell’intervento statale
“Le imprese protette da un governo sano e senza rischio – prosegue il paper – si caricano con debito sovrano non domestico più economico perché si aspettano di avere supporto pubblico anche in presenza di un fallimento statale. Queste visioni hanno implicazioni importanti per la comprensione del rischio bancario dei titoli statali lungo l’intero ciclo finanziario e in termini di disciplina fiscale e finanziaria”.
Le critiche degli esperti di Bankitalia
Il punto di criticità sottolineato dallo studio riguarda dunque il moral hazard dal lato bancario, stimolato dalla certezza e dalla scommessa dell’intervento ex post del settore ufficiale. Le banche aumentano il rischio di liquidità che si assumono, con una maggiore affidabilità sul settore privato collaterale sotto forma di liquidità tossica e con un aumento di titoli statali rischiosi in pancia. Secondo lo studio, “il salvataggio è sempre (ex ante) inefficiente dal punto di vista di uno Stato sociale. I risultati della sezione dimostrano che la priorità dei regolatori a livello globale dovrebbe essere quella di mettere un freno all’abilità delle banche di avere una assicurazione gratuita con il salvataggio pubblico”.
Le distorsioni esaminate
“Secondo la nostra interpretazione basata sul moral hazard, l’incentivo chiave che crea distorsioni deriva dall’implicita garanzia al sistema finanziario di un solido governo ritenuto troppo grande, centrale ed interconnesso per fallire”, sostengono gli economisti nel paper.
Le conseguenze dei bailout
“In particolare – si spiega – più il bailout trasferisce risorse da coloro che pagano le tasse agli enti finanziari, meglio stanno le banche. In generale, la politica di ridurre l’affidamento sul debito pubblico risk-free e aumentare l’esposizione ai collaterali privati e ai titoli pubblici rischiosi è auto rinforzante per almeno due ragioni. Primo, la quantità di equilibrio di debito pubblico in portafoglio è determinata in base a quanto le banche vogliono assicurarsi. L’investimento in collaterale privato fa sì che il debito pubblico nella scelta di liquidità degli istituti di credito diminuisca, liberando risorse pubbliche per l’eventuale bailout ex-post (aumentando così la quantità di risorse a disposizione dello Stato per il salvataggio). Secondo, in una prospettiva più generale, il collaterale shadow a buon prezzo e i titoli sovrani rischiosi stimolano il livello di attività economica. La crescita economica e gli alti ricavi di tasse danno uno stimolo ulteriore alla posizione fiscale ex-post del settore ufficiale”.
Il campo di gioco finanziario distorto
“Una volta che la possibilità del fallimento dello Stato è stato concepito, il campo di gioco delle banche globali diventa completamente distorto. Solo gli enti di Stati i titoli sono sicuri hanno l’incentivo ad esporsi al rischio di liquidità shadow. Sono proprio queste banche ad avere la convenienza a lasciar da parte gli investimenti sul loro debito pubblico domestico costoso, accrescendo la rischiosità del loro portafoglio”, conclude lo studio.

Paper (top secret) di Bankitalia sulle speculazioni bancarie

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