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Per il mercato del gas il 2022 è stato un anno eccezionalmente complesso. L’invasione russa dell’Ucraina e il ricatto energetico di Vladimir Putin all’Europa hanno aggravato una crisi dei prezzi già in corso e fatto segnare il picco più alto da quando esiste il mercato europeo del gas – 240 euro/megawattora a fronte di una media storica tra i 10 e i 20 €/MWh. Oggi il prezzo è tornato sotto i 50 €/MWh, ma non è il caso di riposarsi sugli allori. E non solo per le conseguenze della crisi in Medioriente (tra cui la diminuzione della produzione di gas israeliano), l’attacco al gasdotto nel Baltico, il rischio scioperi in Australia e l’avvicinamento della stagione del riscaldamento.

“Come parte di un mercato globale sempre più interconnesso, il sistema del gas europeo è riuscito a superare le enormi sfide affrontate nel 2022, grazie anche alla flessibilità fornita dal gnl e alla maggiore diversificazione delle forniture di gas, che hanno portato gli stoccaggi quasi a piena capacità prima dell’inizio della stagione invernale”, ha dichiarato il ceo di Snam Stefano Venier in una nota stampa. “È importante continuare a investire nell’infrastruttura del gas per garantire un approvvigionamento affidabile ed accessibile di gas naturale e accelerare lo sviluppo di gas verdi a basso tenore di carbonio e della Ccs [cattura e stoccaggio della CO2], considerando il ruolo chiave che le molecole avranno nella composizione energetica del futuro prossimo e lontano”.

Le dichiarazioni di Venier sono contestuali alla pubblicazione del Global Gas Report 2023, presentato giovedì all’Energy Intelligence Forum di Londra da tre aziende leader nel settore – Snam, International Gas Union e Rystad Energy. I loro analisti hanno evidenziato che l’incertezza sulla domanda e il livello insufficiente di investimenti nel gas naturale, nei gas a basso tenore di CO2 e nelle energie rinnovabili “stanno mettendo a rischio la transizione energetica, minando l’accessibilità, la sicurezza e la sostenibilità del sistema”. Questo nonostante la notevole resilienza dimostrata dal mercato del gas di fronte agli scossoni del 2022.

PERCHÈ IL MERCATO RESTA “TIRATO”

La spirale dei prezzi iniziata nel 2021 era dovuta, tra le altre cose, a una diminuzione generale degli investimenti negli idrocarburi – meno 58% in investimenti nello sviluppo dell’approvvigionamento di gas del 2014 al 2020 – dovuta anche alla spinta verso la transizione ecologica. Contestualmente la richiesta di gas globale è crollata dell’1,5% dal 2021 al 2022, con forti cali registrati in Europa (meno 12%) e Asia (quasi 2%), per via dell’invasione russa dell’Ucraina e della fiammata dei prezzi che hanno impedito ad alcune nazioni emergenti di approvvigionarsi a dovere – una carenza che si è tradotta in diversi blackout.

La produzione globale di gas nel 2022 è rimasta stabile, con un aumento marginale di 8,3 miliardi di metri cubi (meno dell’0,5%), mantenendo scarsa la disponibilità globale di gas, ha ricordato Venier. E l’equilibrio del mercato resta fragile, “estremamente sensibile alle fluttuazioni sul lato dell’offerta e della domanda”, evidenzia il rapporto, per via della carenza di forniture. In più le prospettive della domanda globale di energia divergono in maniera massiccia dalla mancanza di investimenti negli idrocarburi (i quali, va ricordato, tuttora alimentano l’80% del sistema energetico globale). Meno offerta da una parte, meno domanda dall’altra, ma bisogno di energia in crescita. Risultato: instabilità.

L’IMPATTO SULLA DECARBONIZZAZIONE

Questo va anche a scapito della transizione, considerando il ruolo del gas, la fonte fossile meno inquinante in assoluto, nel decarbonizzare le economie ancora basate su carbone e petrolio e assicurare al contempo la stabilità sul fronte della sicurezza energetica – anche grazie alla flessibilità dell’infrastruttura del Gnl, rivelatasi assolutamente cruciale nella risposta europea al ricatto di Putin. Nel 2022 le importazioni di Gnl in Europa sono aumentate del 69% in un mercato globale fortemente teso, ha ricordato la presidente di Igu, Madam Li Yalan, consentendo alle nazioni europee di non ricorrere a fonti ancora più inquinanti per compensare la mancanza di gas russo.

Non ovunque è andata così: le emissioni globali di CO2 legate all’energia sono aumentate dell’1,1% nel 2022 rispetto al 2021, segnando un nuovo record – circa 16,8 giga tonnellate di CO2 o equivalente – anche per via del ricorso diffuso al carbone come risposta alla fiammata dei prezzi del gas. La fonte fossile più inquinante in assoluto ha rappresentato il 40% delle emissioni del settore energetico globale nel 2022 e anche nel 2023, rileva il rapporto. Le economie globali e i principali consumatori di energia come la Cina e l’India hanno aumentato il ricorso al carbone e approvato nuove centrali a carbone per mitigare i rischi legati alla sicurezza energetica. Di contro, nel primo semestre del 2023, “i prezzi più bassi del gas, il recupero del nucleare e la produzione di energia da fonti rinnovabili hanno ridotto il consumo di carbone e le emissioni, in particolare in Europa”.

L’IMPERATIVO DELLA SICUREZZA ENERGETICA

“La crisi energetica ha ricordato al mondo che l’energia può diventare veramente sostenibile solo quando è accessibile e sicura. Molte nazioni in via di sviluppo in Asia, Africa e Sud America avranno bisogno ancora di più gas per alimentare l’economia, ridurre l’inquinamento atmosferico e le emissioni. È chiaro che, per costruire sistemi energetici sostenibili ed accessibili per tutti, sono necessari investimenti nel settore del gas insieme a una maggiore produzione di energie rinnovabili”, ha concluso Yalan. Anche e soprattutto per fare fronte all’incertezza dovuta all’instabilità internazionale, le traiettorie di decarbonizzazione più ambiziose, gli elevati tassi di cambiamenti tecnologici e comportamentali.

Per il rapporto, la traiettoria attuale per la produzione di gas naturale e a basse emissioni di CO2 “non soddisferà molte delle possibili previsioni di domanda. Senza ulteriori investimenti, si prevede che il livello attuale di produzione di gas esistente e approvato raggiungerà circa 4.100 miliardi di metri cubi nel 2023, diminuendo a 3.100 miliardi di metri cubi nel 2030 e ulteriormente a poco meno di 1.000 miliardi di metri cubi nel 2050, a causa della maturazione degli impianti e del declino naturale”. Occhio anche alla carenza di gas alternativi: alla fine del 2022 la capacità di fornitura globale di idrogeno a basse emissioni si attestava a 3,2 milioni di tonnellate all’anno, quella del biometano a circa 7 miliardi di metri cubi – “valori molto al di sotto degli obiettivi previsti per il 2030”.

Gas, tra coperta corta e rischi per la transizione. Il rapporto Snam

Incertezza lato domanda e penuria di investimenti mettono a rischio transizione e sicurezza energetiche. Questo perché il gas rimane vitale per il funzionamento e la decarbonizzazione del sistema energetico globale: l’instabilità porta verso il carbone, che genera CO2. Lo studio di Snam, International Gas Union e Rystad all’Energy Intelligence Forum di Londra

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