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Il Cnel ha detto no. La proposta di legge sul salario minimo avanzata dalle opposizioni è stata affossata: non serve al Paese. Chiaramente l’orientamento del Consiglio Nazionale dell’economia e del lavoro rappresenta uno scoglio non indifferente per portare avanti una battaglia – probabilmente l’unica allo stato delle cose – che ha rinsaldato il fronte dell’opposizione: da Azione ad Avs, passando per Movimento 5 Stelle e Pd. “La battaglia sul salario minimo rappresenta un punto di partenza, ma per costruire un’alleanza tra dem e grillini, non basta di certo”. Non è un mettere la retromarcia, ma è anteporre il pragmatismo agli innamoramenti momentanei. L’opinione è quella di Piero Ignazi, politologo già docente all’università di Bologna.

Professore, nel merito come le pare il pronunciamento del Cnel sul salario minimo?

Il governo è stato molto astuto ad utilizzare questo escamotage del Cnel. Utilizzando l’ente guidato da Renato Brunetta, non certo figura “terza”, l’esecutivo rafforza la sua posizione di avversione rispetto alla proposta avanzata dalle opposizioni. Ma d’altra parte in qualche misura c’era da aspettarselo.

Su questo tema Pd, Movimento 5 Stelle e le altre forze di opposizione (tranne Italia Viva) hanno trovato un punto di accordo. 

Italia Viva non ci sta perché non è una forza di opposizione. Al di là delle battute: quella del salario minimo è la dimostrazione di come sia molto più percorribile la via degli accordi sui singoli temi, di volta in volta, piuttosto che trovare un’alleanza vera e propria tra schieramenti politici che hanno comunque sensibilità molto diverse al loro interno.

In premessa ha detto che non basta il salario minimo per creare un percorso comune tra i due maggiori azionisti del campo avverso al governo. 

L’ho detto e lo ribadisco. Questa considerazione si inserisce nel solco di ciò in cui credo profondamente: per le alleanze politiche la strada tra Movimento 5 Stelle e Pd è ancora molto lontana dall’essere trovata. Il salario minimo è un primo passo. Ma tale rimane.

Chi crede di più nella battaglia per l’approvazione del salario minimo per legge tra Pd e grillini?

Non saprei fare una “classifica” in questo senso. È evidente che il Pd si sta battendo moltissimo e questa battaglia sul lavoro è diventata identitaria per il nuovo corso dem sotto la guida di Elly Schlein. Aggiungo che l’appoggio dei sindacati in questo percorso è fondamentale.

Secondo lei, politicamente, la battaglia per il salario è un modo per i dem  di “tornare” alla base storica dell’elettorato?

Probabilmente è un tentativo che si muove nella direzione di rivolgersi all’elettorato che in questi (almeno) quindici anni è stato perso per strada dal centrosinistra. Ma, ancora una volta, torno a dire che non sarà sufficiente per recuperare quella straordinaria parte di elettorato.

Secondo lei quella sul salario è una battaglia spendibile anche in chiave europea?

Certo che è spendibile. E, anche in quel caso, sarà una prova di “resistenza” del fronte socialista.

Pd-M5S uniti sul salario minimo, ma l'alleanza è molto lontana. Parla Ignazi

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