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“Garantiremo che i sistemi di intelligenza artificiale più potenti siano costruiti negli Stati Uniti, con chip progettati e realizzati qui”, affermava la scorsa settimana il vicepresidente americano JD Vance intervenendo alla Conferenza di Monaco. Alle parole sembrerebbero già seguire i fatti. Quella rilanciata dal Wall Street Journal rimane, per il momento, un’indiscrezione tutta da confermare. Ma siccome nessuno l’ha ancora smentita, assume rilevanza. La Taiwan Semiconductor Manufacturing Corporation, l’azienda taiwanese leader mondiale nella produzione di semiconduttori meglio nota con la sigla TSMC, sembrerebbe interessata ad acquisire una parte delle fabbriche americane di Intel, se non tutte. Un’operazione che soddisferebbe esigenze politiche e industriali, proprio come richiesto dall’amministrazione di Donald Trump che vuole rendere gli Stati Uniti il fiore all’occhiello dell’IA per vincere la sfida con la Cina.

Alcuni funzionari del governo ne avrebbero parlato con i dirigenti di TSMC, ricevendo un’apertura. Quanto grande non è chiaro. I discorsi sono ancora nella fase primordiale e l’intero progetto deve ancora essere sviluppato. Intel, da parte sua, non ha ancora commentato. Fatto sta che, se andasse a buon fine, sarebbe un’acquisizione che le farebbe bene viste le condizioni finanziarie non così floride che l’hanno costretta a tagliare parte della sua forza lavoro, pur rimanendo strategicamente fondamentale nella produzione a stelle e strisce.

Tuttavia, come ha spiegato una fonte anonima a Bloomberg, TSMC non sarebbe l’unica proprietaria degli stabilimenti di Intel. Una quota resterebbe nelle mani del governo americano, che non vuole lasciare a terzi il dominio di un’azienda così importante. Nel Chips Act di Joe Biden, Intel ha fatto la voce grossa ricevendo sovvenzioni miliardarie per aprire nuovi stabilimenti in quattro stati, compresi Ohio e Arizona. Tra i finanziamenti governativi, figurano anche quei 3 miliardi di dollari finalizzati alla creazione di chip per l’esercito americano.

L’ingerenza straniera è una delle preoccupazioni che rischiano di compromettere l’accordo. Non a caso, per paura di ingerenze dall’esterno, di recente Trump non ha concesso il via libera alla giapponese Nippon Steal di acquisire l’americana United States Steal Corporation. E sebbene il tycoon abbia stretto legami con Taiwan durante il primo mandato, ultimamente ha accusato l’isola di “rubare” tecnologia americana. Anche in TSMC sembrano nutrire dubbi. La stretta sull’immigrazione decisa dal governo americano complicherebbe l’arrivo negli States di eventuali supervisori. Insomma, la vicenda è tutta in divenire.

Alcuni movimenti spiegano però che qualcosa potrebbe accadere. Tra questi, sottolinea il Wsj, la decisione di Intel di separare le sue unità di produzione di chip dal resto dell’azienda, un segnale che potrebbe prefigurare una prossima scissione. Così come fa rumore il silenzio del ceo di TSMC, CC Wei, che alla domanda con cui si cercavano conferme ha risposto in modo sornione: “Intel è un ottimo cliente. Mi piacciono e sono molto importanti per il nostro business. Questo è tutto ciò che posso dire”. Poco, ma abbastanza per lasciar intendere che qualcosa si sta muovendo.

Anche perché le rivali dell’America – e di Taiwan – lo sanno già facendo. Con DeepSeek, la Cina ha dimostrato che si possono sviluppare modelli di intelligenza artificiale a basso costo e con poche risorse – resta da vedere quanto possano essere davvero competitive. La startup cinese sembra volersi staccare da Nvidia per strutturare una propria produzione di semiconduttori attraverso una “grande campagna di reclutamento”, fa sapere il sito DigiTimes. Servono specialisti ed esperti del settore, così da creare un’alternativa alla Semiconductor Manufacturing International Corporation (Smic), ad oggi l’unica azienda cinese in grado di produrre chip. Piccoli quadratini da cui dipende la corsa all’IA.

L'interesse di Tsmc per i chip di Intel. Cosa c'è da sapere

L’azienda taiwanese leader mondiale della produzione di semiconduttori potrebbe rilevare una parte o tutte le fabbriche di quella americana. Un’operazione che soddisferebbe i piani di Donald Trump, sia industriali sia politici, e che rivoluzionerebbe il mercato. Ma è una storia tutta da scrivere

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