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Le ultime vicende politiche del nostro Paese – dalle elezioni del settembre scorso vinte legittimamente dal centro destra all’avvento di una sinistra radicale, massimalista ed estremista con le primarie del Pd vinte dalla Schlein al consolidamento del populismo dei 5 stelle – hanno cambiato in profondità le costanti della politica italiana. E questo non solo influisce sul capitolo dei nuovi e futuri equilibri politici ma interpella anche, e soprattutto, il ruolo pubblico delle stesse culture politiche tradizionali. A cominciare, ad esempio, dal mondo composito, pluralistico e frastagliato dei cattolici italiani. Certo, ogni riferimento alla riproposizione di modelli organizzativi del passato è del tutto fuori luogo, com’è evidente a tutti. Salvo ai nostalgici e agli ipocriti.

Ma, comunque sia, è un fatto che anche all’interno di questo nuovo contesto politico, il ruolo e il comportamento politico dei cattolici – nel pieno riconoscimento del legittimo e ormai storico pluralismo delle varie opzioni politiche – continua a rivestire una grande importanza. E questo anche perché nella storia democratica del nostro paese c’è un antico e stretto rapporto tra una categoria politica, il cosiddetto Centro, e la “politica di centro”, e il ruolo politico e culturale dei cattolici italiani.

Una storia che nasce ancor prima della lunga e feconda esperienza della Democrazia Cristiana e che si dipana per tutta la “prima repubblica” e per alcuni tratti della stessa “seconda repubblica”, se vogliamo assumere questa terminologia per scandire le varie fasi storiche del nostro paese. Un intreccio, e un impasto, che evidenziano un aspetto decisivo ed essenziale: e cioè, la cultura cattolico popolare e cattolico sociale, storicamente, sono le più titolate a dispiegare il progetto di un Centro dinamico, democratico, riformista e di governo. Non perchè ci sia un diritto esclusivo o una sorta di prerogativa per i cattolici popolari ad essere gli interpreti più accreditati di questa politica. Ma, semmai, per la semplice ragione che gli altri partiti, sia sul versante della sinistra e sia su quello della destra, hanno una inclinazione e una indole diversa. Soprattutto da quando questi due campi hanno individuato e riscoperto la polarizzazione ideologica e, soprattutto, una violenta e singolare radicalizzazione della lotta politica. Al punto che non passa giorno che i protagonisti politici dei due campi alternativi e i rispettivi supporter mediatici – cioè gli organi informazione della carta stampata – si scagliano con una veemenza inaudita contro gli avversari-nemici che vanno prima delegittimati moralmente e poi annientati politicamente.

Un Centro che, proprio dopo lo scenario che si è venuto a delineare in questi ultimi tempi, è nuovamente ritornato ad essere uno degli elementi decisivi del dibattito politico e culturale. Certo, nessuno pensa, credo, ad un Centro che sia solo un luogo equidistante, geometrico, inerte e funzionale ad una banale rendita di posizione. Del resto, è appena il caso di ricordare che “la politica di centro” interpretata e declinata concretamente dai grandi leader e statisti cattolici del passato era tutt’altro che una passiva rendita di posizione o una ininfluente ed irrilevante distanza dagli “opposti estremismi”. Al contrario, si trattava sempre di un progetto politico e di governo alimentato da una precisa e definita cultura politica intrisa di valori, principi e anche di riferimenti etici. Ora, è altrettanto chiaro che proprio questa cultura continua ad essere straordinariamente attuale e moderna, nonché fortemente contemporanea.

Anche perché, a differenza di altri filoni di pensiero, non c’è nulla di cui deve vergognarsi. Una regola, questa, che vale anche e soprattutto nella stagione politica contemporanea. Dove, di fronte ad una sinistra e ad una destra che continuano nella logica diabolica di una reciproca e persistente delegittimazione, l’assenza di un Centro autorevole rischia solo di aggravare ulteriormente la situazione a scapito della qualità della democrazia, della credibilità delle istituzioni democratiche e della stessa efficacia dell’azione di governo. Per questi motivi, oggi, è necessario ed indispensabile rimettere in campo un progetto politico e di governo di Centro.

E perché, sempre oggi, è altresì indispensabile che questo progetto veda la partecipazione attiva e determinante dei cattolici popolari. Insieme ad altri, come ovvio. Cioè a tutti coloro, democratici e riformisti, che non condividono la deriva della radicalizzazione e del conflitto permanente e strutturale tra i due schieramenti maggioritari. Un Centro e una “politica di centro” che possono diventare non l’ago della bilancia ma un momento decisivo e qualificante per lo stesso rinnovamento della politica italiana dopo troppi anni di inutile e nociva propaganda contrapposta se non addirittura violenta.

I cattolici e l'importanza di uno schieramento centrista. Scrive Merlo

Oggi è necessario un centro e una “politica di centro” che possono diventare non l’ago della bilancia ma un momento decisivo e qualificante per lo stesso rinnovamento della politica italiana dopo troppi anni di inutile e nociva propaganda contrapposta

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