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Era il 9 agosto scorso quando i banchieri italiani saltarono sulla sedia alla notizia che il governo avrebbe messo nel mirino gli extra-profitti maturati dagli istituti in seguito al rialzo dei tassi. Attenzione però, nulla è ancora certo e, cosa più importante, il Tesoro si è affrettato più volte a chiarire che la tassazione sugli extra-profitti delle banche prevede “un tetto massimo per il contributo che non può superare lo 0,1% del totale dell’attivo”, per salvaguardare la stabilità degli istituti bancari. La nota del Mef sottolineava per l’occasione che “la misura proposta dal ministro dell’Economia e delle finanze, condivisa e approvata dal consiglio dei ministri nasce sulla scia di norme già esistenti in Europa in materia di extra margini bancari”. Non è tutto.

Il ministero precisava anche che “gli istituti bancari che hanno già adeguato i tassi sulla raccolta così come raccomandato lo scorso 15 febbraio con specifica nota da Bankitalia, raccomandazione poi richiamata dal ministro Giorgetti in occasione dell’assemblea Abi lo scorso 5 luglio, non avranno impatti significativi”. E proprio mentre non è ancora chiaro se e in che termini il prelievo finirà nella manovra, ecco che l’Antitrust italiana lancia una proposta il cui senso è sempre il medesimo: un contributo delle banche all’economia. D’altronde è un fatto che il rialzo dei tassi abbia gonfiato i margini degli istituti.

Ebbene, intervistato dal Sole 24 Ore, il presidente dell’Autorità per la concorrenza, Roberto Rustichelli, ha spiegato che “se le banche restituissero ai loro depositanti il 40% del tasso (3,75%) che la Bce gli riconosce, quindi l’1,5%, questo si tramuterebbe in uno spread dell’1,1% rispetto al tasso medio di interesse attualmente riconosciuto ai correntisti. A consumatori, imprese, onlus, enti previdenziali resterebbero quasi 11 miliardi”. La differenza c’è, ma è tecnica. Mentre infatti l’esecutivo mira ai margini accumulati tra gli utili 2023 e quelli del 2023, i profitti extra per l’appunto, l’Antitrust vorrebbe si agisse sulla remunerazione che alle banche frutta dai conti correnti e che anch’essa risente dell’aumento dei tassi. Visto che ai risparmiatori costa di più tenere i soldi in banca, allora perché non ristorarli in qualche modo, attaccando proprio i maggior incassi degli istituti derivanti dai conti?

Sulla tassa sugli extra-profitti delle banche, Rustichelli non si è comunque sottratto. “Un presidente di un’autorità Antitrust non può commentare, nella tutela della sua indipendenza e nel rispetto delle competenze che la Costituzione dà a governo e Parlamento. Posso dire che in un Paese democratico le aziende hanno il pieno diritto di perseguire il core business e di fare marginalità. Hanno però il dovere di contribuire al benessere comune, perché questa è la base di ogni democrazia. E immagino che il governo abbia voluto dire: State guadagnando molto di più, date un po’ di più al Paese”.

Già in occasione della relazione annuale, il presidente dell’Antitrust aveva lanciato un primo messaggio. “Durante il 2022 oltre la metà delle famiglie ha eroso i propri risparmi e al forte aumento dei tassi praticati a famiglie e imprese per i prestiti bancari non è seguito un corrispondente aumento dei tassi di interesse riconosciuti ai depositanti. La stessa presidente della Bce Christine Lagarde, ha evidenziato l’esigenza di un dialogo tra banche e clientela che porti a una maggiore remunerazione dei depositi e dei risparmi. Ciò si rende particolarmente necessario anche alla luce del fatto che, nel corso del 2022, oltre la metà delle famiglie (55,5%) ha eroso i propri risparmi a causa dell’aumento generale dei prezzi”.

Dopo gli extra-profitti, i depositi. La proposta di Rustichelli (Antitrust)

A un mese dalla richiesta del governo di un contributo agli istituti da reperire grazie agli extra-profitti maturati con il rialzo dei tassi, l’Autorità per la concorrenza rilancia. Le banche restituiscano ai correntisti il 40% della remunerazione sui depositi garantita da Francoforte

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