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Va bene riscrivere il fisco italiano, tra i più complessi e articolati al mondo. E va bene dare due anni di tempo la Parlamento per trasformare il sistema tributario nazionale da un mostro a tre teste a un alleato per la crescita. L’importante è che si facciano i conti con l’oste, che in questo caso risponde al nome di “cassa”. Qualunque misura si voglia mettere sul piatto, a cominciare dalla revisione degli scaglioni Irpef, dovrà essere sufficientemente finanziata, affinché il gioco riesca.

Questo per impedire che a rimetterci non siano gli stessi contribuenti che beneficeranno della riforma. Come a dire, se si taglia da una parte e nella medesima fascia, non si può aumentare dall’altra per garantire le coperture, un gioco a saldo zero che non conviene a nessuno. Per questo la Banca d’Italia, ascoltata in audizione alla Camera proprio sulla delega fiscale, è stata chiara.

Richiamando “la necessità che la delega fiscale trovi le opportune coperture. Molti degli interventi prefigurati comporteranno perdite di gettito. Al momento coperture sono previste solo per il superamento dell’Irap attraverso la nuova sovraimposta all’Ires”, ha affermato il capo del servizio assistenza e consulenza fiscale di Via Nazionale, Giacomo Ricotti. “Non è chiaro né quali incentivi fiscali saranno oggetto della razionalizzazione, né quindi l’entità delle risorse che potranno essere recuperate”.

Non è tutto. “Il modello prefigurato dalla delega fiscale come punto di arrivo, un sistema ad aliquota unica insieme a una riduzione del carico fiscale, potrebbe risultare poco realistico per un paese con un ampio sistema di welfare, soprattutto alla luce dei vincoli di finanza pubblica”, prosegue Ricotti, secondo cui “comunque ne andranno attentamente valutati gli effetti redistributivi”. Nelle more dell’introduzione della flat tax, “l’estensione dei regimi sostitutivi potrebbe ridurre l’equità del sistema”.

E ancora, occorre lavorare sul baricentro fiscale. “Stanti i vincoli di finanza pubblica, l’obiettivo principale delle delega fiscale dovrebbe essere quello di pervenire a una diversa ripartizione del prelievo complessivo. Sotto il profilo dell’equità ciò significherebbe ridurre il prelievo sui contribuenti in regola recuperando risorse con il contrasto all’evasione. E nell’ottica dello stimolo alla crescita economica andrebbe spostato l’onere tributario dai fattori produttivi (lavoro e capitale) alle rendite e ai consumi”.

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Qualunque misura porti in dote la riforma chiesta dal governo al Parlamento, dovrà essere finanziata a dovere, senza ricorrere ai giochi di prestigio. E attenzione al mito della flat tax​

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