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“Vivere è diventato un esercizio burocratico”. Lo ha detto qualche anno fa Ennio Flajano, ma purtroppo è tragicamente vero, per le imprese e per i cittadini. In settimana abbiamo letto che un tranquillo pensionato brianzolo, Claudio Trenta, in un tranquillo paesino come Barlassina, dopo aver più volte segnalato al comune di riparare una buca di circa 30 centimetri all’incrocio tra via Monte Santo e via Trieste ha deciso di far da sé. Un po’ di bitume e l’ha riparata da solo. Ma dopo pochi giorni il Comune, che non aveva riparato la buca, gli ha recapitato un verbale di 882 euro di multa per intervento “autorizzato” sul manto stradale. Dal suo canto, il sindaco di Barlassina ha anche raccontato di essere stato costretto ad agire in tal modo perché la “riparazione di una buca è un intervento che non può fare un semplice volontario, deve essere fatta dall’ufficio tecnico e dalla polizia locale con le ditte specializzate”.

La storia è così inverosimile che potrebbe sembrare finta. Ma la burocrazia è così: estenua, costa, applica pedissequamente la legge, ma spesso non risolve i problemi. Da anni, da decenni. Come risolvere?

Oggi siamo nell’epoca del digitale, dei social network, dei mezzi di comunicazione immediati. Eppure, l’amministrazione è ancora fondata sul modello ottocentesco, fatto di verbali, protocolli, copie di archivio, lettere di trasmissione, senza controlli efficaci, senza garanzie di produttività (non lo dico io, ma la “Relazione della Commissione parlamentare di inchiesta sul livello di digitalizzazione e innovazione delle pubbliche amministrazioni e sugli investimenti complessivi riguardanti il settore delle tecnologie e della comunicazione”, approvata dalla Camera dei deputati il 26 ottobre 2017; e il “Referto 2019 della Corte dei conti in materia di informatica pubblica”, facilmente reperibili in rete).

Ormai, non serve semplicemente un ministro che approvi una ennesima riforma per poi iniziare ad approvare decreti attuativi di concerto con le amministrazioni competenti, ma uno come Niccolò Copernico. Siamo al punto di dover promuovere l’evidenza eliocentrica per superare il geocentrismo, sognando di avere sul nostro telefonino una sola “app” in cui fare tutto ciò che occorre con la Pubblica amministrazione in pochi minuti, semplice come è semplice comprare qualcosa su Amazon, senza dover scrivere a mille enti diversi e farci identificare con dati anagrafici, codice fiscale, partita iva, codice univoco, etc. etc. Di diatribe se è meglio lo Spid o la Cie o forse è più utile PagoPA.

Altrimenti moriremo seppelliti di carte, carte bollate, timbri e protocolli, forse mandati via Pec e comunque in duplice copia. Cioè, con le carte a posto. Ma con le buche ancora aperte in strada. Perché la pratica è in istruttoria all’ufficio competente.

Una buca in strada e la burocrazia inflessibile. Il commento di Celotto

A Monza un pensionato è stato multato per aver riparato una buca. La storia è così inverosimile che potrebbe sembrare finta. Ma la burocrazia è così. Come risolvere? Risponde Alfonso Celotto

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