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Ha suscitato parecchio interesse l’incontro della scorsa settimana tra il presidente russo, Vladimir Putin, e il suo omologo bielorusso, Alexander Lukashenko. Per l’occasione, quest’ultimo ha rilasciato alcune dichiarazioni che rimarcano un innalzamento della tensione in Europa Orientale.

Come è noto, a seguito del presunto tentativo di golpe orchestrato da Evgeny Prigozhin, i mercenari della compagnia militare privata Wagner impegnati in Ucraina sono in fase di schieramento in Bielorussia.

Difficile fare una stima sul numero degli uomini interessati dal riposizionamento: quel che è certo, è che essi hanno già partecipato ad attività addestrative con l’esercito bielorusso nei pressi della cittadina di Osipovichi e sono in procinto di condurre ulteriori manovre nelle vicinanze di Brest, città a ridosso del confine polacco. A causa di quest’ultima iniziativa, la Polonia ha ritenuto opportuno spostare un migliaio di soldati dalle regioni occidentali a quelle orientali del Paese, lungo il confine con la Bielorussia.

La contromossa polacca è stata ripresa da Lukashenko, con argomentazioni alquanto discutibili e contraddittorie. Omettendo il fatto che il riposizionamento delle truppe di Varsavia è stato deciso in risposta alle esercitazioni della Wagner, il leader bielorusso ha dapprima affermato che l’azione polacca è stata sostenuta dalle forze ucraine per controbattere ai presunti insuccessi della controffensiva sul fronte di Zaporizhia. E in seguito, ha dichiarato che la ragione del coinvolgimento polacco nel conflitto (se così può essere definito… la Polonia, infatti, sposta le truppe all’interno dei propri confini nazionali), cui andrebbero ascritti anche l’apertura di un centro per la riparazione dei carri armati di fabbricazione tedesca “Leopard” e di un hub per la gestione dei rifornimenti agli ucraini nei pressi di Rzeszow, sarebbe da ricercare nell’intenzione di Varsavia di annettere alcune regioni dell’Ucraina occidentale.

Al netto delle dichiarazioni impregnate di propaganda e disinformazione, ciò che conta, nei fatti, è il riposizionamento della Wagner in Bielorussia. Riuscire a decifrare la portata e gli obiettivi di questa mossa è impresa assai ardua e difficile. Se sull’ammontare dei mercenari coinvolti c’è parecchia discrepanza (dai 10.000 ai 30.000 uomini), alcune immagini satellitari mostrano che almeno una base per l’accampamento degli uomini è in fase di allestimento a Tsel, a pochi chilometri da Osipovichi.

È interessante notare che proprio ad Osipovichi sembrerebbe schierata la brigata missilistica russa con dispositivi a testata nucleare del tipo Iskander (codice Nato: SS-26 Stone) e approntato un deposito per lo stoccaggio delle atomiche.

Non sarà certamente la Wagner ad occuparsi della protezione degli assetti nucleari del Cremlino: questo compito dovrebbe essere ricoperto dal Dodicesimo Direttorato Generale del Ministero della Difesa (conosciuto anche come “12° Gumo”).

In ogni caso, tra Wagner e testate atomiche, in Bielorussia si stanno concentrando assetti russi di assoluto rilievo.

È opportuno chiedersi come il Cremlino utilizzerà queste due leve di potere politico e militare. Appare assai improbabile uno sconfinamento dei mercenari in Polonia o in Lituania: per quanto non si tratti dell’Esercito regolare russo, l’evento potrebbe comunque dar corso alle procedure previste dall’art. 5 del Trattato Nato. Più ipotizzabile un coinvolgimento della Wagner in una nuova fase delle operazioni russe nell’Ucraina settentrionale. Il problema è capire quando interverranno e con quali obiettivi. Recentemente, in una delle sue pochissime comparse fatte dopo il presunto tentativo di golpe, Prigozhin ha dichiarato che i suoi uomini riprenderanno le operazioni a partire dal 5 agosto. L’ultima volta che fece una dichiarazione simile, fu in occasione della chiusura delle operazioni su Bakhmut, fissata per il 30 maggio scorso: la scadenza venne rispettata e dal 1° giugno il settore delle operazioni in capo alla Wagner passò sotto il comando dell’Esercito regolare russo. Ma la data del 5 agosto sembra un po’ troppo vicina per ipotizzare la prontezza operativa di consistenti unità capaci di ingaggiare truppe ucraine  a nord. Anche in settimana sono comparsi dei video che mostrano convogli di mezzi dei mercenari in arrivo dalla Federazione Russa: la compagnia sembrerebbe, pertanto, ancora impegnata nelle operazioni di schieramento. Al più, delle unità già pronte al combattimento potrebbero essere impiegate in azioni di disturbo lungo il confine ucraino, col fine di dirottare brigate impegnate nella controffensiva nella regione di Zaporizhia, riducendo così lo slancio della manovra ucraina a sud.

Più probabile, invece, un coinvolgimento della Wagner in inverno quando, terminata la stagione del fango (rasputiza) dovuta alle piogge autunnali, sarà possibile riprendere le operazioni con un contingente più numeroso e preparato di quello attuale. Quanto alle modalità di impiego, un tentativo di assedio della capitale Kyiv, o un intervento ad ovest col fine di chiudere alcune linee di rifornimento ucraine, per quanto possibili sono certamente ipotesi azzardate. Realistico, anche in questo caso, uno sconfinamento – più consistente ed efficace di quello previsto per agosto – per dirottare truppe ucraine a nord e sguarnire, di conseguenza, altri fronti sui quali verrebbe poi a concentrarsi l’azione dell’Esercito regolare russo. È importante notare come tutti questi scenari previsti per l’autunno/inverno vedrebbero il riproporsi di una situazione simile a quella di inizio guerra, con l’Ucraina impegnata su ben tre fronti di attacco russo.

Da ultimo, l’altra leva politica e militare di Putin in Bielorussia è data dal dispositivo nucleare tattico.

Di sicuro, le atomiche del Cremlino mirano ad esercitare un ruolo di deterrenza/dissuasione da qualsiasi iniziativa di appoggio occidentale all’Ucraina: che ci riescano, è da vedere. Il problema potrebbe sorgere se, dato un certo scenario operativo (fortemente instabile), i russi decidessero di passare dalle operazioni psicologiche a quelle di impiego diretto sul campo. In quest’ultimo caso, si aprirebbe una nuova fase nel conflitto, dove i rischi di escalation nucleare sarebbero più alti e la cui portata, ora, sarebbe difficile da stimare.

Un quadro più preciso dell’impatto dei dispositivi nucleari russi in Bielorussia è stato delineato nel rapporto di ricerca recentemente pubblicato sul sito internet dell’Istituto Gino Germani di Scienze Sociali e Studi Strategici, dal titolo “Atomiche in Bielorussia: obiettivi del Cremlino e minacce alla sicurezza europea”.

Mercenari e bombe nucleari. L’importanza della Bielorussia per i piani di Putin in Ucraina

Di Danilo Secci

Tra Wagner e testate atomiche, in Bielorussia si stanno concentrando assetti russi di assoluto rilievo. L’analisi di Danilo Secci, ricercatore associato dell’Istituto Gino Germani di Scienze Sociali e Studi Strategici, analista specializzato in questioni di difesa e sicurezza

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