Skip to main content

Non è Lehman Brothers, ma nemmeno un petardo di Capodanno. I clienti della First Republic Bank hanno ritirato dalla banca più di 100 miliardi di dollari in depositi dalla crisi del mese scorso. Fin qui potrebbe sembrare tutto abbastanza normale per una banca fallita ma messa in sostanziale sicurezza grazie al pronto intervento del governo americano (di concerto con altre banche di stazza maggiore), lo stesso riservato ad altri due istituti saltati per aria negli stessi giorni, Svb e Signature Bank.

E invece no, ci sono due elementi e nemmeno tanto banali. Primo, se è vero che 100 miliardi di dollari hanno preso il volo da un mese a questa parte allora vuol dire che, nonostante il paracadute del governo americano, c’è un problema di fiducia. Secondo, il titolo di First ha perso metà del suo valore in Borsa, nel giro di qualche ora. Quello sui depositi (lo stesso, come raccontato da Formiche.net, sta accadendo con il Credit Suisse) era il dato più atteso della trimestrale presentata da First Republic, con sede a San Francisco. Un dato peggiore delle attese e che ha segnato la seduta di lunedì di Wall Street, dove i titoli dell’istituto californiano hanno chiuso in calo del 49,37%.

E adesso? Non è chiaro se l’emorragia sia già stata fermata, ma di certo First Republic intende vendere attività e ristrutturare il proprio bilancio, anche e non solo licenziando fino a un quarto della propria forza lavoro, che alla fine del 2022 ammontava a circa 7.200 dipendenti. First Republic ha comunicato di avere depositi per 173,5 miliardi di dollari all’inizio di marzo, prima del fallimento della Silicon Valley Bank il 9 marzo. Il 21 aprile aveva depositi per 102,7 miliardi di dollari, compresi i 30 miliardi di dollari depositati dalle grandi banche, a titolo di salvataggio. Dalla fine di marzo, i suoi depositi sono rimasti relativamente stabili.

“Continuiamo a prendere provvedimenti per rafforzare la nostra attività”, hanno dichiarato Jim Herbert, presidente esecutivo della banca, e Mike Roffler, amministratore delegato della banca, in una dichiarazione congiunta.

Attenzione, perché anche la Casa Bianca è in manovra. Dopo aver orchestrato i salvataggi dei risparmi, per mano del Tesoro e per quanto possibile, la stessa banca californiana, secondo indiscrezioni, è in contatto con il governo americano.

Tutto questo mentre Western Alliance Bank Corp e Pac West, altre banche in odore di knock out, continuano a perdere pezzi in Borsa, lasciando rispettivamente sul terreno il 7% e l’8%. Meno male che secondo l’economista americano Jim Cramer ogni paragone con Lehman è fuorviante: “C’è una grande differenza tra oggi e il 2008: questa volta non c’è nessun contagio sistemico”.

Per le banche Usa non è finita. Il (nuovo) caso di First Republic

L’istituto fallito negli stessi giorni di Svb e Signature ha perso il 50% del proprio valore in Borsa in un solo giorno, sull’onda emotiva della fuga di 100 miliardi di depositi. L’intervento tempestivo del governo ha limitato i danni, ma la sensazione è che i risparmiatori non siano ancora tranquilli. Intanto l’economista Jim Cramer rassicura: guai a fare paragoni con Lehman Brothers​

Italia fuori dalla Via della Seta? Ecco la mossa di Pechino

L’ambasciatore Jia spiega che i “risultati” commerciali sono “inseparabili” dal memorandum siglato da Conte nel 2019. La Cina prova a legare il rinnovo agli scambi, ma l’intesa è fortemente politica

Schlein sull’aeroplano di D’Alema. Il corsivo di Cangini

Era il 2006, il processo di costituzione del Pd era già in corso e all’assemblea dell’area liberal democratica riunita ad Orvieto D’Alema usò la metafora dell’aeroplano. Il monito suona grossomodo così: si possono marginalizzare le idee politiche e coinvolgere i politici che esprimono quelle idee, ma se si marginalizzano sia le idee sia chi le rappresenta capita che poi qualcuno se ne vada. Oggi è capitato all’ex lettiano Enrico Borghi, domani capiterà ad altri

Il filo rosso che unisce Cina, Russia, Sudan e Turchia. L’intervento di Volpi

Di Raffaele Volpi

In questo mondo globalizzato fatto dalle mille luci degli aeroporti, c’è un “mondo ristretto” che non può lasciarci indifferenti e che arriva fino al tavolo del nostro soggiorno. L’intervento di Raffaele Volpi, già presidente del Copasir

Non solo business. Meloni a Londra con la carta Ecr

La visita del premier al numero 10 di Downing street rappresenta anche l’occasione per un bilancio politico del rapporto tra mondi conservatori, al di qua e al di là della Manica. Ovvero si sta coagulando una possibile alleanza politica per una Commissione politica diversa, nel merito e nel metodo, dalla maggioranza Ursula

Mia di Ivano De Matteo e la gioventù da evitare. La lettura di Ciccotti

Un bullo di venti anni soggioga, terrorizza e infligge la revenge porn ai danni di una indifesa adolescente. “Mia” (2023), di Ivano De Matteo, in un asciutto stile neorealista, porta sullo schermo un tema socio-psicologico purtroppo frequente. Ottima la performance di tutti gli attori

Enrico Borghi entra in Italia Viva. Perché lascia il Pd (ma non il Copasir)

Dopo Marcucci, anche il senatore esce criticando la nuova segreteria dem di Elly Schlein. Con Renzi per “un nuovo progetto riformista alternativo alla destra”, dice. Ecco come cambiano gli equilibri nel Comitato di controllo sugli 007

Un 25 aprile anche per il popolo iraniano. Il commento di Terzi (FdI)

È fondamentale che governi e legislatori occidentali assicurino il più ampio sostegno a un Iran laico e democratico contro il nazifascismo degli ayatollah. L’intervento dell’ambasciatore Giulio Terzi di Sant’Agata, senatore di Fratelli d’Italia e presidente della commissione Politiche dell’Unione europea a Palazzo Madama

È davvero l’ora di un decoupling geopolitico? Scrive l’amb. Castellaneta

La visita di Lula in Cina ha riacceso i riflettori sui Brics, un forum che sta vivendo una sorta di seconda giovinezza. Ma attenzione: non siamo all’alba di una catastrofe per l’Occidente. Serve pragmatismo e realpolitik, anche all’Italia in vista della presidenza G7 del 2024. Il commento di Giovanni Castellaneta, già consigliere diplomatico a Palazzo Chigi e ambasciatore negli Stati Uniti

Ecco le nuove sfide dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli

Bisogna “proseguire su questo terreno del confronto costruttivo con tutte le altre istituzioni pubbliche, con le quali abbiamo necessità di interloquire perché non c’è spazio per una organizzazione dello Stato che non sia solidale e, dunque, incapace di rispondere alle impellenti necessità della Nazione”, ha detto il direttore Alessi

×

Iscriviti alla newsletter