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Giorgia Meloni, Hassan Sheikh Mohamud e Abiy Ahmed. Ovvero i leader di tre paesi che hanno in piedi un progetto che si chiama Corno d’Africa. Il premier italiano gioca la carta del trilaterale con il presidente della Somalia e con il premier etiope, nella consapevolezza che le ramificazioni del Piano Mattei prevedono sì sforzi e progettualità, ma in una cornice del tutto nuova per l’Italia. E le reazioni positive dei due interlocutori possono rappresentare un buon viatico verso l’appuntamento di ottobre quando si terrà il summit intergovernativo Italia-Africa.

Perché Etiopia e Somalia sono strategiche per l’Italia? In primis perché nella nuova conformazione geopolitica del continente la stabilità è principale obiettivo dell’occidente, passaggio sottolineato più volte in questa sua visita ad Addis Abeba da Giorgia Meloni (“La Somalia troverà sempre nell’Italia un partner privilegiato e solido nel sostenere gli sforzi volti a rafforzare le istituzioni somale e la stabilità dell’intero Corno d’Africa“) anche in un’ottica di sicurezza, scambio commerciale e investimenti. In secondo luogo perché lo strapotere di Cina e Russia, accanto alle passate titubanze dell’Ue, consegna un quadro d’insieme in cui due macro temi connessi, come migranti ed energia, devono essere meglio gestiti.

Sul primo punto è stata la stessa Meloni a sottolineare che una migrazione regolare “è fondamentale, ed è il segnale che abbiamo tentato di dare nel decreto flussi”. Le nazioni africane, è la tesi spiegata dal premier, devono coadiuvare Roma e l’Ue nel contrastare la rete di trafficanti, in questo modo sarà poi possibile amministrare anche i flussi regolari, con percorsi formativi e con corridoi gestiti e non usati dagli scafisti con i rischi anche per la vita di chi paga per migrare. Nell’area ci sono al momento 823mila rifugiati e 4,2 milioni di sfollati, gli stessi che usano Sudan e Libia come trampolino di lancio per arrivare in Italia.

“Noi crediamo di poter contribuire molto allo sviluppo, alla sicurezza, alla stabilità delle nazioni africane – ha osservato – sottolineando che in Africa “c’è una grande voglia di Italia, una grande attenzione per la nostra capacità di cooperare in modo non predatorio. E noi vogliamo lavorare sulle infrastrutture, sull’agricoltura, sul turismo”.

Il presidente del Consiglio, accompagnata dal viceministro agli Esteri Edmondo Cirielli, ha effettuato anche una tappa alla scuola italiana statale ‘Galileo Galilei’ di Addis Abeba, la più grande scuola italiana all’estero per numero di studenti, con oltre 900 iscritti distribuiti su 4 gradi. Lì, dove si impara il ‘saper fare’ italiano, dalle costruzioni alla gestione d’impresa, Meloni ha toccato con insistenza il tasto delle opportunità per le aziende private italiane nella regione. Di successo del vertice ha parlato il presidente somalo, secondo cui il governo di Mogadiscio punta a “ricostruire la sicurezza, una componente cruciale della prosperità della Somalia e della stabilità regionale e internazionale”. Circostanza in cui il supporto italiano non mancherà, senza dimenticare la grande questione della crisi alimentare, tema che sarà al centro dello stocktaking moment, ospitato alla Fao il prossimo luglio.

La presenza del presidente dell’Unione Africana, Moussa Faki Mahamat, è significativa in questa direzione, come a voler chiudere un cerchio ‘politico’ dopo la visita un mese fa in Kenya del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a dimostrazione di una grande attenzione dell’Italia a questo versante.

Perché Etiopia e Somalia sono strategiche per l'Italia. Il piano del governo

Migranti, investimenti, energia: in una sola parola, Piano Mattei. Nella nuova conformazione geopolitica del continente, la stabilità è principale obiettivo dell’occidente. Le reazioni positive dei due interlocutori possono rappresentare un buon viatico verso l’appuntamento di ottobre quando si terrà il summit intergovernativo Italia-Africa

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