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Uno sparuto gruppo di repubblicani ultraconservatori sta dando battaglia alla Camera sulla Defense Bill, la legge che a cadenza annuale regola gli stanziamenti di risorse destinati alle Forze Armate statunitensi. Oltre a farsi promotori di una revisione in senso conservatore di alcuni articoli della stessa (riguardanti l’aborto, la questione di genere e quella razziale), questo drappello richiede a gran voce un importante taglio nel sostegno militare americano a Kiev, revocando ogni tipo di finanziamento all’Ucraina fino al raggiungimento di una soluzione diplomatica e mettendo fine al programma di addestramento ed equipaggiamento dei soldati ucraini in fieri oramai da 10 anni.

A comporre questa schiera sarebbero membri del congresso appartenenti all’ala più estremista del Grand Old Party, vicini alle posizioni di Trump, tenaci difensori dei valori tradizionalisti e sostenitori delle teorie cospirazioniste. Tra i nomi più rilevanti spuntano quelli di Elise Stefanik, Scott Perry e Marjory Taylor Greene.

Questi rappresentanti punterebbero sullo scarso margine di controllo di cui Kevin McCarthy, speaker della Camera, gode sui membri del suo stesso partito, per cercare di racimolare i voti necessari per portare avanti questa revisione del Defense Bill, che secondo Stefanik “va a colpire le politiche di estrema sinistra, fallimentari e sbagliate, che i Democratici di estrema sinistra hanno ingiustamente imposto al Dipartimento della Difesa e ai nostri uomini e donne in uniforme”.

L’obiettivo è quello di ritardare il calendario di approvazione della legge (originariamente prevista per questo venerdì e oramai quasi destinata a slittare, nonostante gli appelli dei leader repubblicani di sostenerla nel suo stato attuale, sottolineando le misure prese al suo interno che proibiscono i drag shows e l’insegnamento della Critical Race Theory nelle basi militari) aprendo una battaglia ideologica su un provvedimento che normalmente vede cooperare le due ali del Parlamento. Nella speranza di trovare così altri sostenitori, soprattutto all’interno dello stesso Gop, per far passare la loro proposta.

Tuttavia, fonti vicino ai repubblicani confermano a Formiche.net che il fronte scettico nei confronti dell’Ucraina, per quanto rumoroso, è molto minoritario, e il partito repubblicano è fortemente allineato sulla questione. Anzi, alcuni esponenti del partito dell’Elefante aspettano con ansia lo scontro in aula, vedendolo come una preziosa opportunità di reprimere i dissidi interni.

“Questo emendamento è decisamente destinato a fallire, quindi spero che si vada a votare in ordine. Così li vedremo andare disastrosamente sotto”, commenta il rappresentante repubblicano dell’Alabama Mike Rogers.

Dietro a queste barricate non è difficile scorgere una dinamica propagandistica. L’elettorato repubblicano, seppure generalmente ostile alla Russia e simpatizzante per Kiev, non è mai stato particolarmente favorevole al destinare le risorse economiche e militari degli Stati Uniti al paese europeo sotto attacco: l’ultimo sondaggio del Pew Research Center mostra infatti come il 44% dell’elettorato repubblicano vede come troppo alto il livello di aiuti americano all’ucraina, contro un 20% che considera questo livello giusto e un 14% che lo ritiene troppo basso. La più alta percentuale registrata in questa periodica rilevazione sin dallo scoppio delle ostilità

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