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L’Eliseo è stato costretto a smentire le accuse russe secondo cui il presidente francese Emmanuel Macron sia stato ripreso con della droga in treno mentre era in viaggio sabato verso l’Ucraina con il primo ministro britannico Sir Keir Starmer e il cancelliere tedesco Friedrich Merz. Tesi, quella della cocaina, rilanciata sui social, in particolare X di Elon Musk, anche da molti complottisti in Occidente, tra cui il noto cospirazionista americano Alex Jones Paolo Becchi, già ideologo del Movimento 5 Stelle.

Le accuse di Mosca

I sospetti rilanciati da Maria Zakharova, portavoce del ministero degli Esteri russo, nascono da un video in cui si vede sul tavolo accanto a Macron un “sacchetto bianco e un cucchiaio”, come lei li ha definiti, che poi lui nasconde all’arrivo dei giornalisti. “Immagini incredibili”, le ha definite Zakharova in un messaggio su Telegram, aggiungendo: “Nel 2022 ho chiesto a un ambasciatore occidentale: ‘Come potete fornire armi a uno squilibrato tossicodipendente come [il presidente ucraino Volodymyr] Zelensky, che da anni fa uso di cocaina?’. E ho ricevuto questa risposta: ‘Per l’Unione europea è una cosa normale, molti capi di Stato occidentali ne fanno uso’”.

La risposta dell’Eliseo

L’Eliseo sul social X ha respinto ogni accusa. “Quando l’unità europea diventa scomoda, la disinformazione arriva al punto di far sembrare un semplice fazzoletto di carta una droga”, ha scritto in un post corredato da un’immagine ingrandita del fazzoletto. “Questa fake news viene diffusa dai nemici della Francia, sia all’estero che all’interno del Paese”, ha aggiunto. “Dobbiamo rimanere vigili contro la manipolazione”.

La droga per diffamare e delegittimare

Le accuse di uso di droghe contro leader politici sono un vecchio strumento di diffamazione e delegittimazione. Negli anni Novanta il presidente colombiano Ernesto Samper fu bollato come “narcogovernante”, insinuando che la sua vittoria fosse stata comprata con fondi del Cartello di Cali. Oggi si basano spesso su video manipolati, false traduzioni e vere e proprie operazioni di disinformazione, prive di qualsiasi riscontro fattuale (come dimostrato da fact-checker internazionali e organizzazioni indipendenti nel caso di Zelensky).

L’Occidente nel mirino

Già a fine 2021 account pro Cremlino avevano iniziato a insinuare che Zelensky facesse uso regolare di cocaina, sfruttando l’avvicinarsi dell’invasione per delegittimarlo (memo: l’obiettivo iniziale di Mosca era arrivare fino a Kyiv e dare vita a un governo fantoccio). Le accuse di tossicodipendenza non sembra, però, rientrare nell’armamentario tipico della macchina della propaganda e della manipolazione russa. Piuttosto, appare come un altro argomento per attaccare l’Occidente. In particolare, il presidente Vladimir Putin presenta da sempre l’invasione dell’Ucraina come uno scontro non tanto con l’Ucraina in sé, quanto con un “Occidente collettivo” i cui “costumi corrotti” minacciano la sopravvivenza culturale e morale della Russia. Questa narrazione si fonda su una visione storica e ideologica secondo cui Mosca, erede della “Terza Roma”, ha il compito di preservare i valori tradizionali (cristiani, familiari, nazionali) contro il “liberalismo” occidentale, entrato a suo dire in una fase di decadenza e di «degenerazione» (gender, diritti LGBTQ+, relativismo morale). Argomentazioni da “guerra di civiltà” che servono a consolidare il consenso interno e a mascherare le reali ragioni geopolitiche e di potere di Mosca.

(Foto: X, Elysee)

Propaganda russa, vecchi metodi per nuovi bersagli. Macron come Zelensky

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