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I motivi, la fine, gli sviluppi e le conseguenze della ribellione di Yevgeny Prigozhin, il carismatico comandante del Gruppo Wagner, sono ancora avvolti nel mistero. Verosimilmente lo rimarranno. Molti sono gli interrogativi anche di fondo senza risposta. Esaminiamoli in ordine.

Esiste un “burattinaio?

La rivolta sembra farsesca, decisa dopo una bottiglia di vodka. Eppure è stata condotta professionalmente, quasi secondo un piano dettagliato, messo a punto accuratamente. Migliaia di miliziani hanno seguito Prigozhin alla lettera, obbedendolo. Il suo carisma e popolarità non sono sufficienti a spiegarlo. Difficile è credere che il leader della Wagner sia impazzito. Non mi sembra credibile che possa aver pensato di poter ricattare un tipo come Putin – che certamente non è un’anima candida – con una marcia su Mosca, per fargli sostituire ministro della Difesa e capo di stato maggiore generale. Non può aver agito senza consistenti appoggi interni al sistema di potere russo, pronti a sostituire Putin, per evitare che radunasse le forze e reprimesse il golpe. Le rivolte non si fanno mai a metà.

Quello che è andato storto dipende verosimilmente da eventi esterni imprevisti. Cioè dal fatto che il “burattinaio” ha cambiato idea, forse quando ha visto l’imprevista reazione della Guardia Nazionale (340.000 uomini di cui 200.000 a Mosca, con unità come l’Omon e la Sorb dotate di mezzi corazzati).

Le giustificazioni della ribellione/fallito golpe

Le parti in causa e le loro “tifoserie” esterne cercano già di abbellire le ragioni dei loro preferiti, indicando capri espiatori, coerenti con i propri interessi e preconcetti. Molti hanno individuato nell’Occidente, nella Nato, negli Usa, ecc. la responsabilità di aver stimolato e sostenuto segretamente la ribellione. Pochi hanno sostenuto che l’ammutinamento o, se si vuole, il mancato golpe, abbia tratto origine nella lotta fra le varie “gang” in lotta al Cremlino per il potere e la ricchezza, cioè in una congiura di palazzo, che ha strumentalizzato il disagio della Wagner per dover perdere la sua indipendenza e passare il prossimo 1° luglio alle dipendenze dei militari. In Occidente tutti hanno tirato un respiro di sollievo. Quello che temono di più è il collasso della Russia, lo scoppio di una guerra civile e la perdita di controllo delle armi nucleari. Usa e Cina hanno trovato un obiettivo comune in questo, se son rose, fioriranno. Agli ucraini, gli Usa hanno suggerito di non intensificare gli attacchi, per evitare una reazione patriottica russa. Putin, da criminale internazionale, è divenuto per un paio di giorni un “santo”. Non lo rimarrà a lungo. Ora si è ripreso dalla paura, dopo essere scappato per un paio di giorni, e inizierà la “vendetta”. Vedremo se sa chi è stato il “burattinaio”. Verosimilmente, si tratta di personalità dello Svr (Servizio di Intelligence Estera) e del Consiglio di Sicurezza, contrario all’“avventura ucraina”. Cercherà disperatamente di ottenere qualche successo sugli ucraini. Farà la faccia e la voce feroce, avvalendosi del Ministro degli Esteri Lavrov, ideale per la bisogna. Si sentirà vulnerabile e solo, dopo che Xi Jinping ha ostentatamente detto di non aver tempo di pensare alla crisi russa, poiché impegnato a parlare con un veterinario olandese delle malattie dei panda.

Putin cercherà di “puntellare” il suo traballante potere, avvalendosi del fatto che, a differenza di quanto avvenuto a Krusciov dopo la crisi dei missili di Cuba, non vi è possibilità istituzionale di destituirlo. Il Consiglio di Sicurezza della Federazione (organo supremo della Federazione) non ha i poteri del Politburo.

Prigozhin verso Putin

Dal punto di vista d’immagine Putin ne esce male. Mentre Prigozhin è stato sempre presente e non ha abbandonato i suoi, Putin è scomparso. Ha dovuto chiedere l’aiuto di un tipo come Lukashenko, arrampicandosi sugli specchi per dimostrare che lo ha fatto a fin di bene. È ricomparso solo quando le cose si erano aggiustate alla meno peggio. E’ divenuto una tragica figura, sostenuta dalla comunità internazionale perché garantisce il controllo dell’arsenale nucleare ed evita una successione che potrebbe comportare una guerra civile. Il suo potere è comunque legato alla sua capacità di garantire l’equilibrio fra i clan che si dividono potere e ricchezza al Cremlino. È divenuto più dipendente dall’andamento delle operazioni in Ucraina. Non può più permettersi di non conseguire una vittoria completa, peraltro impossibile. Ogni compromesso gli diverrà impraticabile. La guerra, quindi, continuerà a lungo, perché la sua fine segnerà la sua cacciata dal Cremlino.

Riflessi della ribellione sul conflitto in Ucraina

La ribellione indebolirà certamente le forze russe per la perdita della Wagner, le loro unità più combattive. Saranno necessarie nuove mobilitazioni. Per il resto non dovrebbero esserci grandi sorprese, dato che la Wagner era già stata ritirata dal fronte e che la controffensiva ucraina sta procedendo a rilento, trasformandosi in una serie di battaglie d’attrito. Gioca anche il fatto che l’Occidente sta trasformando la sua priorità dalla vittoria di Kiev, al mantenimento della stabilità in Russia

Il timore che il trasferimento di gran parte della Wagner in Bielorussia preluda a un attacco all’Ucraina da Nord non mi sembra fondato per vari motivi. Innanzitutto, la Wagner consegna ai russi l’armamento pesante. In secondo luogo, le basi per la Wagner che Minsk sta costruendo sono nel Nord del Paese, almeno a 200 km dal confine ucraino. In terzo luogo, quel “furbacchione” di Lukashenko è alieno ad assumere rischi, anche perché il suo regime è estremamente fragile. Prigozhin e la Wagner continueranno a svolgere in Africa e in Medio Oriente i compiti che già svolgevano per il Cremlino, in collegamento con il Gru (Servizio d’Intelligence Militare) e del ministero degli Esteri di Mosca. Lo faranno, anche perché da essi trae consistenti finanziamenti, indispensabili per la sopravvivenza del gruppo, specie ora che cesseranno quelli consistenti finora concessi dal Cremlino.

Considerazioni conclusive

Il tentato golpe non avrà a breve-medio termine conseguenze di rilievo sul conflitto in Ucraina, anche ammesso che Putin ne approfitti per sostituire/eliminare le personalità politiche – sia siloviki che oligarchi – favorevoli a “chiudere” in qualche modo la “partita ucraina, che – indipendentemente dal suo esito – sta trasformando la Russia in una colonia cinese. La sua sopravvivenza, almeno quella politica, è in gioco. Checché ne dicano taluni ne esce indebolito. Sarà più sospettoso, crudele e isolato. Dovrà ordinare nuove mobilitazioni e avrà difficoltà a mantenere il sostegno dell’opinione pubblica. Potrebbe anche perdere la testa e ricorrere al nucleare. Un’intesa fra gli Usa e la Cina sta divenendo indispensabile per evitare il caos. L’Ue potrà facilitarla solo sostenendo fortemente Washington. In alternativa, l’Italia, dopo il Cardinale Zuppi, potrebbe mandare a Putin il prof. Orsini, per suggerirgli che cosa fare o, quanto meno, per tirarlo su di morale convincendolo che non poteva fare una cosa migliore.

Tutti gli interrogativi sulla strana rivolta del Gruppo Wagner. Scrive Jean

La rivolta sembra farsesca, decisa dopo una bottiglia di vodka. Eppure è stata condotta professionalmente, quasi secondo un piano dettagliato, messo a punto accuratamente. E Putin? La sua sopravvivenza, almeno quella politica, è in gioco. Checché ne dicano taluni ne esce indebolito. Sarà più sospettoso, crudele e isolato. L’analisi del generale Carlo Jean

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