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L’apparato istituzionale rappresenta lo scheletro di un Paese, quello che ne garantisce il funzionamento in tutte le sue articolazioni. Ma un sistema così complesso, responsabile di questioni tanto importanti quanto delicate, è implicitamente soggetto a dei rischi, che minacciano soprattutto i suoi punti deboli, le sue “fragilità”. E proprio sul processo di governance di queste ultime in nome della sicurezza nazionale si incentra il nuovo libro, che si intitola appunto “Governare le fragilità. Istituzioni, sicurezza nazionale, competitività”, scritto a quattro mani dal Presidente di Sezione del Consiglio di Stato ed ex Sottosegretario di Stato alla presidenza del Consiglio Roberto Garofoli e dal professore di Diritto Amministrativo presso l’università Luiss “Guido Carli” Bernardo Giorgio Mattarella.

Per approfondire le tematiche trattate nel libro il Centro Studi Americani ha organizzato un evento apposito nel pomeriggio di giovedì 29 maggio. In quest’occasione, dopo l’introduzione del presidente del Csa Gianni de Gennaro che ha portato i saluti istituzionali ai partecipanti, i due autori si sono seduti assieme al Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri Alfredo Mantovano e al presidente del Copasir Lorenzo Guerini, esponenti politici con visioni diverse ma che ricoprono ruoli “complementari” e che condividono un profondo senso dello Stato, per animare un approfondito dibattito sul tema, sotto la moderazione della giornalista Giovanna Pancheri.

Dibattito che sin da subito si è messo in condizione di individuare “un mondo che sta cambiando, in cui le relazioni tra Stati non sono più dominate dalla cooperazione ma dalla competizione e a volte dal conflitto, quali potessero essere le fragilità che potessero mettere a rischio la sicurezza nazionale del nostro Paese”, secondo la formula usata in apertura da Garofoli non solo per evidenziare la ratio della discussione, ma anche per rimarcare come il concetto di “fragilità”  fosse fondamentale per comprendere il complesso sistema di pesi e contrappesi che regolano il funzionamento di un sistema istituzionale democratico come quello italiano.

Sull’altra parola chiave del titolo, cioè “governare”, si esprime invece Mantovano, che ricorda come “una delle prime evidenze che emergono quando si ricopre una posizione di governo è che governare non significa disporre degli strumenti per affrontare, e soprattutto risolvere, tutti i problemi sul tavolo. E in una società complessa come la nostra è difficile fare i conti con le “fragilità”, parola che segnala la tendenza di organi del corpo umano a danneggiarsi facilmente, ma che in questo caso si riferisce invece al corpo sociale”.

Ma a queste due parole chiave, il sottosegretario ne aggiunge poi una terza: “sindrome”. O meglio, “sindromi”, poiché sono molteplici quelle che affliggono il corpo istituzionale del nostro Paese. Dalla sindrome “del tifoso” che indica l’approccio ideologico a quella “della suocera”, secondo cui più si parla male degli altri e più si è maturi e meritevoli, e da quella delle “carte a posto”, ovvero del principio di scaricare le responsabilità anziché di mirare a raggiungere l’obiettivo, a quella del giocatore solitario che fa sì che ci sia una separazione stagna tra attori per natura interdipendenti tra loro, arrivando quelle aggiunte da Guerini, cioè quella dell’autosufficienza e quella dell’assediato: tutte queste sindromi fanno sì che il corpo istituzionale italiano non riesca a performare a pieno, pur avendone tutte le capacità. “Ci rassegniamo? No, e il fatto che gli autori stessi del libro lo abbiano scritto ne è la prova. Siamo tutti convinti che non ci si debba rassegnare”, chiosa Mantovano, evocando un senso di trasversalità.

Trasversalità che riprende anche Guerini, quando afferma che “è necessario mantenere un filo di discussione e confronto su tematiche la cui caratura la rende superiore alle divisioni politiche”, secondo una logica che già in passato “Ci ha portato a condividere passaggi, a prendere decisioni comuni, a migliorare quello che si può migliorare”. Ma il presidente del Copasir sottolinea che quanto fatto sino ad ora sia solo un punto di inizio: “Credo ci sia la possibilità di fare un salto ulteriore” dice Guerini, riferendosi al fatto che il nostro Paese non si è dotato di una strategia di sicurezza nazionale “che sia in grado di suggerire le priorità, di anticipare le minacce e di individuare le possibili risposte dello stato”, adeguando alle nuove realtà strumenti concepiti nel passato che ad oggi potrebbero rivelarsi meno efficienti di allora.

Le “fragilità”, dunque, non possono fermare l’azione positiva dello Stato. Un mantra che ricorda in chiusura del dibattito lo stesso Mattarella: “Nel libro, noi parliamo dei problemi, del contesto, e delle fragilità, che sono medaglie a doppia faccia. E questo vale per tutti gli aspetti, anche quelli di cui non abbiamo parlato oggi. Tante debolezze, sì, ma anche tanti elementi di forza”.

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