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No, gli Stati Uniti non falliranno. C’è mancato poco che la prima economia mondiale trascinasse nell’abisso i mercati globali, mancando clamorosamente un accordo politico sull’innalzamento del tetto al debito federale. E invece no, alla fine l’intesa è arrivata e gli investitori, i risparmiatori, le banche, insomma la finanza, possono tirare un sospiro di sollievo. Le parole suonate come musica nelle orecchie sono giunte direttamente da chi si è prodigato per favorire la convergenza tra Repubblicani e Democratici. Ovvero il Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden.

“Io e lo Speaker (della Camera, ndr) Kevin McCarthy abbiamo raggiunto un accordo sul tetto del debito”, ha annunciato trionfalmente nella notte Biden, sottolineando che si tratta di “un compromesso e quindi non tutti otterranno quello che volevano”. Il presidente ha tuttavia rimarcato il fatto che l’intesa “è una buona notizia per gli americani”. Attenzione, l’intesa è di principio, vale a dire che ora bisogna mettere tutto nelle mani del Congresso, affinché metta il timbro finale.

Ma tanto basta a evitare quello che sarebbe potuto essere un default catastrofico, capace di portare a una recessione economica, a conti pensionistici devastati e alla perdita di milioni di posti di lavoro. Ora, cosa prevede l’accordo? Il compromesso porta in dote un aumento del debito per i prossimi due anni in cambio di alcuni tagli sull’agenda dell’amministrazione molto lontani dall’obiettivo di 130 miliardi di dollari fissato all’inizio dai repubblicani.

Per la difesa ad esempio, uno dei punti sul quale il presidente è stato irremovibile dall’inizio soprattutto rispetto all’assistenza all’Ucraina, è stato stabilito un budget di 886 miliardi di dollari, con un aumento di circa il 3,5%, proprio come voleva Biden. Né sono state tagliate le cure mediche per veterani, un’altra richiesta del commander-in-chief, per le quali sono stati 121 miliardi di dollari nell’anno fiscale 2024.

Qualcosa, invece, l’amministrazione ha dovuto cedere sui requisiti per l’accesso al welfare, uno dei nodi più difficili da sciogliere negli ultimi giorni della trattativa. Alla fine i repubblicani sono riusciti a portare da 49 a 54 l’età fino alla quale chi vuole beneficiare di alcune forme di assistenza, tra cui i buoni pasto, deve trovare un lavoro. Sono, tuttavia, state esentate alcune categorie più vulnerabili e non sono stati inaspriti i requisiti per accedere alla copertura sanitaria di Medicaid, che invece i repubblicani avevano chiesto ma la Casa Bianca ha respinto con forza.

Ora palla al Congresso. Il voto alla Camera è previsto per mercoledì: l’iter va concluso entro il 5 giugno, data oltre la quale, ha ricordato Janet Yellen, il dipartimento del Tesoro non avrà più fondi per finanziare le attività del governo. Nella camera bassa, dove il Partito repubblicano ha un margine abbastanza risicato e i voti dei soli moderati di entrambi i partiti potrebbero non bastare, il compromesso si scontrerà con le opposizioni più estremiste di entrambi i partiti. Da una parte ci sono i trumpiani, i repubblicani che non vogliono più sostenere Kiev o che considerano il compromesso un fallimento dell’obiettivo di ridurre drasticamente le spese. Dall’altra i liberal che considerano inaccettabili i tagli al welfare e temono passi indietro su alcuni punti fondamentali dell’agenda di Biden come la lotta al cambiamento climatico.

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