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Il dibattito politico ha opportunamente posto in rilevo i temi della sicurezza nazionale, che dovrebbero rappresentare la stella polare dell’azione di ogni governo. Non a caso, la prima regolamentazione legislativa dei nostri Servizi venne stimolata dalla sentenza della Corte Costituzionale che considerava quello della sicurezza un diritto costituzionale preminente, che precede e consente l’esercizio di tutti gli altri. E per assicurare questi diritti, ci sono coloro i quali, persone e istituzioni, che devono assolvere ai propri doveri.

Avviato su Formiche.net, in questi giorni è ritornato di attualità il tema dell’istituzione del Consiglio per la sicurezza nazionale. Molto opportunamente, Lorenzo Guerini, presidente del Copasir, ha invitato ad aprire una riflessione, alla quale provo ad offrire il mio contributo.

Nella società caratterizzata dal rischio come la nostra, definire prima, più che improvvisare poi, una strategia della sicurezza è fondamentale. Com’è evidente, la sicurezza nazionale è il presupposto dell’interesse nazionale, che non può essere condizionato oltre misura dalle necessarie tattiche di breve periodo, pure necessarie per affrontare le evoluzioni continue del quadro internazionale e delle trasformazioni economiche. Infatti, il concetto di sicurezza nazionale va ipotizzato anche nel lungo termine, come ha evidenziato Guido Crosetto, ministro della Difesa, in occasione del primo Tavolo congiunto Esteri-Difesa della legislatura.

Per affrontare le nuove sfide, che sono in gran parte l’evoluzione di quelle vecchie, si sta proponendo l’istituzione del Consiglio per la sicurezza nazionale, in analogia con tanti altri paesi, a cominciare dagli Stati Uniti che lo hanno istituito nel 1947 con il National Security Act.

Secondo me, più che procedere alla costituzione di un nuovo organismo, riflettiamo pure se non sia il caso di specializzare quelli che già ci sono. Mi riferisco al Consiglio Supremo di Difesa, già previsto dalla Costituzione e recentemente riunitosi, che istituzionalmente “esamina i problemi generali politici e tecnici attinenti alla difesa nazionale e determina i criteri e fissa le direttive per l’organizzazione e il coordinamento delle attività che comunque la riguardano”.

Pur avendo una precisa caratterizzazione, occorre però riflettere che oggi il concetto di difesa nazionale non si può identificare solo con le questioni militari e quindi occorre tenere presenti le trasformazioni furiose che sono avvenute nell’ultimo trentennio.

Oltre al Consiglio Supremo di Difesa, istituito nel 1977 nell’ambito della regolamentazione dell’intelligence nazionale, opera il Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica (Cisr), con “funzioni di consulenza, proposta e deliberazione sugli indirizzi e sulle finalità generali della politica dell’informazione per la sicurezza”. A questo organismo, sottraendone compiti, si è aggiunto nel 2021 il Comitato interministeriale per la cybersicurezza con “funzioni di consulenza, proposta e vigilanza in materia di politiche di cybersicurezza”.

Pertanto, si potrebbe valutare la possibilità di ampliare e definire le competenze di un organo già esistente, tanto più che i componenti del Consiglio per la sicurezza nazionale probabilmente sarebbero ricoperti in gran parte dalle stesse funzioni di quelli che già esistono, prevedendo ulteriori ingressi che possono partecipare in maniera differenziata alle riunioni a seconda degli argomenti. Probabilmente, non è con l’istituzione di nuovi organismi che ricalcano sostanzialmente quelli vecchi che si affrontano le nuove sfide ma con una differente visione.

In tale contesto, inquadrerei il tema della riforma dei Servizi, della quale proprio in questi giorni si ricominciato opportunamente a parlare in sedi istituzionali ristrette. E forse proprio in questa sede si potrebbe definire la proposta del Consiglio per la sicurezza nazionale, al quale magari affidare anche le attuali competenze del Cisr.

Tutti questi aspetti, ritengo debbano tenere conto delle trasformazioni profonde della nostra epoca, in cui il bruco è già diventato farfalla. Infatti, siamo immersi in una terra incognita caratterizzata dalla fusione tra mondo digitale e realtà fisica ma che continuiamo a descrivere con regole giuridiche, categorie politiche e concetti mentali di un mondo che sta scomparendo.

Occorre un autentico salto culturale e politico che apra strade nuove. Per farlo, probabilmente non aiutano gli interventi di dettaglio, pur indispensabili, ma una visione complessiva. Una visione che con precisione non sono ancora in grado di individuare, ma sono certo che non è sicuramente quella che in questi anni stiamo in gran parte percorrendo.

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