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Ciò che fu il cashback di Stato e l’attuale proposta di innalzamento del limite per i pagamenti in contanti, misure diversissime tra loro e frutto di un approccio in netta contrapposizione tra loro, sono però accomunate da una critica: secondo parte dei rispettivi detrattori entrambe favorirebbero i consumatori più abbienti e quindi con maggiore capacità di spesa. Tuttavia, questa affermazione non torna, almeno quanto al cashback.

Nel primo semestre 2021 (l’unico completo), ad esempio, si sono iscritti al programma 8.956.374 utenti, di cui 7.897.981 hanno effettuato delle transazioni valide. Ebbene, andando ad osservare gli importi delle transazioni effettuate in quello stesso periodo, la maggior parte di queste ha un importo compreso fra i 25 e i 50 euro (21,3%), seguito da importi più piccoli di massimo 5 euro (16,4%) e fra 5 e 10 euro (14,1%). Solo lo 0,84% delle transazioni ha superato i 300 euro. Dati alla mano quindi, il 30,5% (vale a dire la maggioranza relativa) delle transazioni è stato per acquisti non superiori ai 10 euro, un importo che sembra piuttosto lontano dalle cifre da “ricchi”, come evidenziato anche dal ridotto numero di di acquisti oltre i 300 euro.

Il valore del cashback è stato anzi quello di ridurre l’entità dello scontrino medio e di favorire proprio l’utilizzo di strumenti di pagamento alternativi al contante in quelle transazioni in cui il contante è tradizionalmente padrone: dal caffè alla pizza al taglio, dal pane alla verdura al dettaglio. Il cashback si era quindi inserito negli acquisti quotidiani e di ridotto costo che rappresentano una parte rilevante delle economie locali ma che sono anche tutt’altro che da ricchi, procedendo a favorire, anche grazie al supporto delle piattaforme fintech più familiari, alla bancarizzazione di molte persone.

Di converso, posto che i contanti potranno essere utilizzati (come sempre) per pagare il famoso caffè, e persino il cornetto, risulta difficile immaginare la vera utilità di un limite tanto elevato, fino alla soglia dei 5.000 euro. Mentre il cashback favoriva i micro pagamenti accessibili a tutti, effettuati magari tramite una carta prepagata o un conto evoluto (con immediate ricadute in termini di digitalizzazione), l’innalzamento del limite favorisce solo chi tutti quei soldi li possiede ed è in grado di usarli per una sola transazione, mentre la maggior parte di coloro i quali non hanno nemmeno mai visto una tale somma tutta assieme ne sono inevitabilmente e automaticamente esclusi.

Il tutto sembra quindi essere da un lato una strizzata d’occhio elettorale che finisce per favorire qualcuno che di sicuro avrà modo di approfittare delle maglie più larghe e dall’altro un autogol nella comunicazione e nei fatti visto che è evidente che la porzione di cittadini che può avvantaggiarsi di tale cambiamento è ben più ridotta di quella che (al di là, ma non solo, del valore economico) avrebbe potuto beneficiare del cashback. Speriamo solo (ma c’è da dubitarne) che questa sorta di “tana libera tutti” possa produrre un significativo aumento del gettito fiscale e dei consumi, in caso contrario il flop sarà servito.

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Di Ludovico Adorno

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