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È esistito un medioevo, un periodo buio nelle relazioni tra Italia e gli Emirati Arabi Uniti? L’espressione è certo forte, ma nasconde qualche verità. È indubbio che ci siano state delle forti tensioni. Commerciali in primis.

Nel 2018, Mubadala Development Company, un fondo sovrano del governo di Abu Dhabi, acquista la Piaggio Aerospace, azienda italiana che un decennio fa deteneva circa il 5% della produzione mondiale dei turboelica di aviazione e che era era unico produttore commerciale di droni militari in Europa. Un gioiellino insomma. Gli Emirati Arabi Uniti accusarono l’Italia di non aver onorato gli impegni presi dal governo italiano di effettuare un ordine dei 800 milioni di Euro otto droni P1HH. È finita male: la società è in amministrazione straordinaria.

Vi è stato poi l’infelice matrimonio tra Alitalia e Etihad, compagnia di bandiera di Abu Dhabi. Anche qui sappiamo, come è finita per Alitalia, e con pesanti strascichi. Recriminazioni finanziarie. I liquidatori di Alitalia hanno chiesto danni per 500 milioni a Etihad, richiesta respinta dagli emiratini che sostengono di aver perso più di un miliardo di dollari nell’avventura. Come se non bastasse, Abu Dhabi è inferocita perché alcuni manager di Etihad sono indagati da una procura italiana.

Dal punto delle relazioni diplomatiche le cose non andavano certo meglio.

La decisione notturna del parlamento italiano, all’epoca del Movimento 5 Stelle, di richiesta al governo di emanare un embargo sull’esportazione di armi negli Emirati Arabi Uniti coinvolti nella guerra in Yemen ha colto questi ultimi di sorpresa. Non vi era stata alcuna avvisaglia né comunicazione diplomatica preventiva.

In quel momento l’Italia aveva fornito gli aerei MB-339PAN (gli stessi che usano le Frecce tricolori) al Fursan Al Emarat, i cavalieri degli Emirati Arabi Uniti, la loro pattuglia acrobatica nazionale che non potè più volare a causa della mancanza dei pezzi di ricambio, fornitura colpita dall’embargo. Come se non bastasse, questi velivoli erano vecchi e Leonardo aveva firmato un contratto per la rigenerazione degli stessi fino al 2030 per poi essere sostituiti da altri aerei, che si speravamo potessero essere italiani. Il progetto di rigenerazione naufragò a causa della presa di posizione del governo, così come la speranza di vendere i nuovi aerei.

Da qui la reazione degli emiratini che negarono il sorvolo del proprio spazio aereo ai giornalisti che stavano raggiungendo la base di Herat in Afghanistan per la cerimonia di chiusura della base in seguito al ritiro della coalizione internazionale dal Paese. E, cosa assai più grave e non priva di conseguenze sulla nostra presenza nella regione, Abu Dhabi non rinnovò nel giugno 2021 l’autorizzazione all’uso da parte dell’Italia della base militare di Al Minhad.

Vi sono poi stati alcuni dissapori, o meglio, visioni differenti nella strategia del processo di pacificazione della Libia, paese nel quale sia l’Italia che gli Emirati svolgono un ruolo primario.

La visita di ieri di Giorgia Meloni, presidente del Consiglio, si è però svolta in un clima diverso, di maggiore distensione dal momento che in questi ultimi tre anni si è cercato di ricucire il rapporto. Sviluppi importanti ci sono stati sul versante della cooperazione giuridiziaria. Nel marzo dello scorso anno Marta Cartabia, allora ministro della Giustizia, ha firmato un trattato sull’estradizione con il suo omologo Abdullah Al Nuami. Alcuni mesi dopo, Raffaele Imperiale, potente narcotrafficante della camorra, da anni latitante a Dubai numero due dell’elenco dei più ricercati, è stato consegnato all’Italia.

Altri latitanti sono nel mirino del nuovo ministro della Giustizia e un’alta delegazione Emirati a ha avuto nel dicembre dello scorso anno importanti incontri a Roma con le principali istituzioni attive nella lotta alle organizzazioni criminali e al terrorismo per decidere le priorità di azione. Un protocollo di intesa interistituzionale che ha lo scopo lo scambio di informazioni e lo svolgimento di operazioni congiunte è attualmente allo studio dei due Paesi.

Si è poi risolta in modo positivo la situazione di Andrea Costantino, un imprenditore arrestato a Dubai con l’accusa di aver finanziato attività in Yemen. È tornato a casa pochi giorni prima del Natale dello scorso anno.

Nel settore energetico, l’Eni è dal 2018 che ha rafforzato la propria presenza negli Emirati Arabi Uniti e un ulteriore importante accordo è stato firmato ieri dall’amministratore delegato Claudio Descalzi ad Abu Dhabi.

Le differenze di visione strategica in alcune regioni del mondo, di modello di governance della società non rendono facile l’interlocuzione con i Paesi del Golfo e vi saranno probabilmente nel futuro altre occasione di confronto, per usare un eufemismo. Ma è indubbio che si è entrati un una nuova fase nelle relazioni tra i due Paesi.

Italia-Emirati Arabi Uniti, inizia una nuova fase. Scrive Bellodi

È indubbio che in passato ci siano state delle forti tensioni, commerciali in primis, e che alcune differenze non rendono facile l’interlocuzione con i Paesi del Golfo. Ma la visita di Meloni ad Abu Dhabi rappresenta un cambio di passo importante. L’analisi di Leonardo Bellodi

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