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Recessione e inflazione sono due buoni motivi, tra le altre cose, per fermare la guerra in Ucraina. Biden e Xi a Bali si sono incontrati quando già queste parole del segretario al Tesoro statunitense Janet Yellen erano state pensate, pronunciate e rese pubbliche. Ovvero, mettere fine al conflitto sarebbe “la cosa migliore che possiamo fare per l’economia globale”, aggiungendo che le sanzioni contro la Russia potrebbero essere allentate in caso di accordo di pace. Grano, fertilizzanti, gas e petrolio: con recessione e inflazione, questi quattro temi diventano zavorre per tutti.

Grano

I versanti che beneficerebbero non poco dallo stop alla guerra sono diversi ma collegati. In primis due prodotti su cui il conflitto ha impattato in maniera precisa: grano e fertilizzanti. L’Ucraina è uno dei maggiori produttori mondiali di entrambi e l’attuale accordo faticosamente raggiunto nel luglio scorso sul Mar Nero scadrà tra pochi giorni. Sul punto l’ultimo vertice tra i funzionari dell’Onu e i russi relativamente agli accordi sull’esportazione di grano e fertilizzanti, non ha prodotto novità. Erano presenti il capo umanitario delle Nazioni Unite Martin Griffiths e Rebeca Grynspan, capo dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il commercio e lo sviluppo Unctad, che hanno incontrato una delegazione russa guidata dal viceministro degli Esteri Sergei Vershinin.

Da un lato l’Onu chiede di eliminare ogni ostacolo all’esportazione e al trasporto di fertilizzanti verso i paesi più bisognosi; dall’altro se il 19 non vi fosse un nuovo accordo si scivolerebbe verso lo scenario previsto la scorsa primavera, con rischi per a sicurezza alimentare globale, i prezzi alle stelle e con il calo mondiale della disponibilità di cereali sul mercato. Le prime conseguenze sociali sarebbero in Medio Oriente e Nord Africa.

Greggio

L’altro grave versante è quello energetico. Secondo Yellen è “molto probabile” che le sanzioni europee costringeranno la Russia a offrire alcune delle sue esportazioni di petrolio greggio a un prezzo fissato dagli Stati Uniti e dai suoi alleati, se Mosca desidera impedire la chiusura di alcune forniture.

Al momento le raffinerie cinesi stanno importando meno greggio russo: il greggio totale dalla Russia è sceso al minimo da tre settimane di 2,9 milioni di barili al giorno. Per il mese di dicembre le raffinerie cinesi sembrano rallentare gli acquisti di greggio russo e la Cina sta pagando premi più bassi con l’avvicinarsi delle sanzioni europee che entreranno in vigore il 5 dicembre prossimo.

Al G20 Yellen ha osservato che l’iniziativa a guida americana attivata per fissare un tetto al prezzo del petrolio russo venduto sui mercati internazionali andrà a beneficio della Cina: “Vediamo che il prezzo massimo è qualcosa che va a vantaggio della Cina, a vantaggio dell’India e di tutti gli acquirenti di petrolio russo”, sostenendo che l’attuale acquisto di greggio russo da parte della Cina era “completamente coerente” con i piani dell’Occidente di mantenere la diffusione del greggio russo sui mercati internazionali.

Inoltre l’Opec ha tagliato ancora una volta le stime di crescita della domanda di petrolio: è la quinta volta in sei mesi, a causa dell’incertezza economica e della politica cinese zero-Covid. Per il prossimo anno l’Opec sposa la tesi Yellen e ritiene che la risoluzione della guerra russa in Ucraina potrebbe cambiare lo scenario.

Fmi

Le ombre sui paesi del G20 sono state abbondantemente diffuse dalle previsioni del Fmi, secondo cui i recenti indicatori confermano che le prospettive sono più cupe, in particolare in Europa. Ovvero stando a quegli indici che misurano l’attività manifatturiera e dei servizi, esiste una notevole debolezza nella maggior parte delle 20 principali economie, dove l’attività economica è quindi destinata a contrarsi mentre l’inflazione è rimasta ostinatamente alta.

Secondo il Fondo Monetario Internazionale la frammentazione globale si è aggiunta a “una confluenza di rischi al ribasso”. Per cui le sfide che l’economia globale sta affrontando sono immense e l’indebolimento degli indicatori economici indica ulteriori crepe future, aggiungendo che l’attuale contesto politico è “insolitamente incerto”. Ecco che un peggioramento della crisi energetica in Europa, sommato al prolungamento sine die del conflitto in Ucraina, danneggerebbe gravemente la crescita e aumenterebbe l’inflazione a dismisura.

@FDepalo

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