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Basta sfogliare le prime pagine dei giornali britannici di ieri per rendersi conto come nel Regno Unito quello delle telecamere cinesi sia diventato un tema caldo degno delle aperture dei giornali più importanti. Il Daily Mail ha invitato i cittadini britannici a preoccuparsi più delle telecamere cinesi a circuito chiuso (in particolare quelle dei produttori Dahua e Hikvsion, già nella lista nera degli Stati Uniti) poste a due metri sopra le loro teste che dei palloni-spia nei cieli. “Pechino potrebbe usare le telecamere della polizia per spiare il Regno Unito”, ha titolato invece il Guardian.

Tutto nasce da un rapporto del professor Fraser Sampson, commissario del governo per le telecamere di sorveglianza. “Da questa analisi dettagliata dei risultati del sondaggio emerge chiaramente che il patrimonio della polizia nel Regno Unito è disseminato di telecamere di sorveglianza cinesi”, ha dichiarato. “È anche chiaro che le forze di polizia che utilizzano queste apparecchiature sono generalmente consapevoli delle preoccupazioni etiche e di sicurezza che riguardano le aziende che forniscono il loro materiale”, ha aggiunto.

La maggior parte delle forze armate in Inghilterra e Galles utilizza apparecchiature prodotte in Cina o che contengono componenti cruciali cinesi, ha avvertito il commissario sottolineando i problemi sia di sicurezza (rischio spionaggio tramite backdoor) sia etici (il ruolo di alcuni produttori nel tracciamento delle minoranze etniche, come gli uiguri, per il governo cinese) in un momento in cui le tensioni con Pechino sono già alte. Soltanto tre mesi fa il governo britannico avevo vietato i sistemi CCTV cinesi nelle proprietà governative. Alla Camera dei Comuni è in discussione un nuovo Procurement Bill, una legge sugli appalti, che si preannuncia come un’importante stretta di Londra sulla tecnologia “made in China”.

Il confronto con il pallone-spia fatto dal Daily Mail è di Sampson, che ha dichiarato: “Negli ultimi giorni si è parlato molto di quanto dovremmo preoccuparci dei palloni spia cinesi a 60.000 piedi di altezza. Non capisco perché non ci preoccupiamo almeno altrettanto delle telecamere cinesi a due metri sopra la nostra testa, per strada e altrove”. “È chiaro che a volte è fondamentale che la polizia sia in grado di utilizzare una tecnologia di sorveglianza intrusiva nei luoghi pubblici”, ha continuato. “Ma se vogliono che il pubblico si fidi di loro, devono essere in grado di convincerci non solo che sono partner e fornitori di lavoro di cui ci si può fidare, ma anche che useranno la tecnologia a loro disposizione in modo legale, responsabile e secondo una serie di chiari principi concordati”.

Nelle scorse settimane, l’amministrazione Biden aveva vietato la vendita e l’importazione di nuovi prodotti tecnologici venduti da diverse società cinesi, tra cui i colossi delle telecomunicazioni Huawei e Zte, in quanto rappresentano un “rischio inaccettabile” per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti. Bandite anche le apparecchiature prodotte dalle società di videosorveglianza Dahua e Hikvision e di quella delle telecomunicazioni Hytera.

Nei giorni scorsi, invece, il governo Australia ha annunciato che decine di telecamere di sicurezza di produzione cinese saranno rimosse dagli uffici dei politici. Secondo un censimento eseguito la scorsa settimana, almeno 913 telecamere di sicurezza di fabbricazione cinese sono state installate in più di 250 edifici governativi australiani, comprese le strutture del ministero della Difesa.

La questione riguarda anche l’Italia, che ha nel Regno Unito (e negli Stati Uniti) un alleato e nell’Australia un partner. Sia Dahua sia Hikvision sono ancora disponibili – e largamente diffusi – sul suolo italiano, anche nelle strutture più sensibili. Come raccontato su Formiche.net, Dahua è la compagnia scelta dall’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte per installare i termoscanner di Palazzo Chigi. Nei mesi scorsi Wired aveva anche rivelato che per le telecamere di videosorveglianza cinesi si sono riaperte le porte degli uffici pubblici italiani, nonostante le pressioni internazionali a isolare Pechino nel campo della tecnologia: modelli prodotti da Dahua e configurati da un’azienda italiana sono stati ammessi nei listini della gara sulla videosorveglianza di Consip, a cui dovranno attingere gli enti pubblici per i loro bisogni nei prossimi anni.

Nella scorsa legislatura un’interrogazione del Partito democratico firmata dai deputati Filippo Sensi e Enrico Borghi chiedeva al governo di alzare l’asticella sulle telecamere cinesi. La strada scelta – almeno per ora – dall’Italia non è quella di escludere determinati fornitori, ma di lavorare in “un contesto di certificazione” delle tecnologie, come ha spiegato Roberto Baldoni, direttore dell’Agenzia per la cybersicurezza. Da luglio, infatti, è attivo il Centro di valutazione e certificazione e nazionale dell’Agenzia per la cybersicurezza che, attraverso i laboratori per i test, è chiamato a valutare la sicurezza e l’affidabilità della tecnologia fornita ai soggetti “essenziali per lo Stato”.

Pechino spia? La stretta di Londra e Canberra sulle telecamere

“Negli ultimi giorni si è parlato molto di quanto dovremmo preoccuparci dei palloni spia cinesi a 60 mila piedi di altezza. Non capisco perché non ci preoccupiamo almeno altrettanto delle telecamere cinesi a due metri sopra la nostra testa, per strada e altrove”, ha dichiarato il commissario britannico. Ecco come e perché la faccenda riguarda anche l’Italia

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