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Oggi il cosiddetto Consiglio “affari generali” dell’Unione europea si incontra per discutere della situazione dei fondi Ue destinati all’Ungheria. La questione, già raccontata da Formiche.net, riguarda l’erogazione o meno dei fondi di coesione e di quelli pandemici in cambio di riforme che il governo ungherese ha promesso di adottare, a tutela dello stato di diritto.

Le relazioni tra Budapest e Bruxelles sono tese da sempre, soprattutto con il primo ministro Viktor Orban, ma quest’anno in particolare hanno visto un deterioramento senza precedenti. Oltre al discorso sulla carenza di trasparenza e sulla scarsa separazione dei poteri (che dovrebbe essere tipica di uno stato democratico), si aggiunge che negli ultimi mesi l’Ungheria si è opposta alle sanzioni contro la Russia, non ha appoggiato un pacchetto di aiuti da 18 miliardi di euro all’Ucraina, e ha posto il veto sulla proposta di una tassazione minima per le multinazionali, spingendo le istituzioni europee a trattenere fondi equivalenti all’8,5 per cento del Pil nazionale.

Si tratta, per l’Ungheria, di 7,5 miliardi di euro dai fondi di coesione e 5,8 miliardi di euro dai fondi di recupero post-pandemia. Budapest ne ha assai bisogno: l’inflazione ha raggiunto in questi mesi il 20%, e il Paese è scosso da continue proteste salariali, soprattutto da parte degli insegnanti.

L’Ungheria ha tempo fino a domenica 19 novembre per adottare diciassette misure stabilite dalla Commissione a salvaguardia dei principi dello stato di diritto, principalmente relativi all’indipendenza del potere giudiziario, o rischia di perdere una parte o addirittura la totalità dei fondi. A fine novembre la Commissione svolgerà le valutazioni finali per poi passare la palla al consiglio dei ministri delle finanze, che emetterà il verdetto finale.

Gli attivisti anti-corruzione sostengono che le riforme proposte da Orban siano insufficienti. La carriera del primo ministro, dicono, dipende essenzialmente dalla sua capacità di distribuire i fondi statali (e quindi anche comunitari) alla sua cerchia di accoliti e alleati, in un sistema clientelare fortemente radicato a tutti i livelli dello Stato.

I governi di Belgio, Irlanda, Lussemburgo e Paesi Bassi, inoltre, hanno siglato una dichiarazione in cui invitano la Commissione a effettuare “un’analisi precisa e approfondita” sulle riforme promesse dal governo ungherese, per assicurarsi che non ci siano minacce all'”interesse finanziario” dell’Unione.

Diversi osservatori hanno poi fatto notare come sia difficile potersi fidare della parola del governo Orban, ma, se da un lato Bruxelles non vorrebbe cedere al ricatto, dall’altro non può perdere la faccia con Kiev sugli aiuti promessi, né abdicare al tanto decantato accordo sulla tassazione delle multinazionali.

È per quest’ultima ragione che, al di là delle rigide formalità, la Commissione europea si rivelerà più indulgente di quanto si stanno mostrando alcuni singoli Stati, e che quindi l’Ungheria otterrà l’accesso ai fondi. Il ministro ungherese dello Sviluppo, Tibor Navracsics, ha affermato: “Speriamo che la Commissione europea si concentri sui fatti e non sulle opinioni politiche e che valuti il processo di attuazione al valore nominale e speriamo davvero che prevalga uno scenario ottimistico”.

Certo, sarebbe un colpo alla leadership di Ursula von der Leyen, che si è sempre raccontata come una leader europea particolarmente dura nei confronti di quei membri che violano la rule of law. Arcinota è ormai la sua frase (rivolta a un ipotetico governo Meloni quando ancora non era nato) su “tutti gli strumenti” che ha la Commissione per raddrizzare gli Stati che deviano dalla retta via europea. Per questo, se accettasse le richieste ungheresi, si esporrebbe a facili critiche.

“Se la Commissione rilascia il denaro a Viktor Orbán, Ursula von der Leyen sarà personalmente responsabile di aver trasformato l’Ungheria in una palude di corruzione”, ha dichiarato giovedì Moritz Körner, deputato tedesco del gruppo Renew Europe, in un commento che lascia presagire le critiche che verranno rivolte alla presidente.

Orban per ottenere i "suoi" 14 miliardi ricatta l'Ue su Ucraina e minimum tax

Probabilmente le proposte di riforma del governo ungherese verranno accettate dalla Commissione, ma potrebbero incontrare qualche difficoltà nel consiglio dei ministri delle finanze a dicembre. L’Europa non vorrebbe cedere al ricatto, ma non può nemmeno perdere la faccia con Kiev sugli aiuti promessi, né abdicare al tanto decantato accordo sulla tassazione delle multinazionali

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