Skip to main content

Si fa presto in Italia a dire che serve e va costruito un autentico partito liberale. Non già perché non sia utile una formazione politica dichiaratamente ispirata ai princìpi di libertà, compresa, ovviamente, quella economica, quanto perché la fabbricazione di questa compagine potrebbe rivelarsi più scivolosa di una scalata alpina con le scarpette di gomma piuma.

La questione liberale, ossia di come far crescere l’idea liberale nelle elezioni e nelle decisioni di governo, non è nata ieri. Era sul tavolo della politica nazionale addirittura quando era in vita un partito liberale che si chiamava proprio Partito liberale. La questione faceva discutere nell’Italia della Prima Repubblica perché quel partito liberale, caratterizzato per lunga pezza dalla segreteria di Giovanni Malagodi (1904-1991), peraltro contrastato da un partito cugino e rivale, il Pri di Ugo La Malfa (1903-1979), non oltrepassò mai il tetto del 7% dei voti (e questa cifra fu pure un miracolo). Troppo poco per poter ambire all’obiettivo di trasformare un Paese ancora corporativo in una comunità autenticamente liberale.

Sulle cause della mancata affermazione di una forza politica davvero liberale dopo l’epoca cavouriana e l’età giolittiana, hanno cercato di fare luce intere biblioteche. E comunque persino nei decenni dell’Italia dei notabili, successiva all’unificazione nazionale (1861), il liberalismo italiano non si è mai presentato con una sola anima. Il che, obiettivamente, se si fosse verificato, sarebbe stato in contraddizione con la stessa natura plurale, concorrenziale e non monopolistica, del liberalismo. Ma le divisioni nel liberalismo italico oltrepassavano la misura, il livello di guardia. Le famiglie liberali dello Stivale non erano rissose come l’attuale famiglia reale britannica, ma raramente studiavano e suonavano lo stesso spartito. Un conto, ad esempio, era il liberalismo “conservatore” di Antonio Salandra (1853-1931), un conto era il liberalismo “progressista” di Giovanni Giolitti (1842-1928). Persino Benedetto Croce (1866-1952) e Luigi Einaudi (1874-1961), ossia i due mostri sacri della cultura liberale nazionale, incroceranno le rispettive penne su una materia più incandescente del sole: la proprietà privata. Per Croce, uno stato avrebbe potuto rimanere liberale anche in presenza di un’economia totalmente pubblica. Per Einaudi una simile affermazione era più blasfema di una bestemmia davanti all’altare.

Il cammino del Partito liberale proseguirà così, tra alti e bassi, o meglio tra una lite e l’altra, per lustri e lustri, fino all’esplosione provocata dalla miccia di Mani Pulite. In ogni caso, faceva da sempre capolino, nel suo viaggio, la tesi secondo cui il liberalismo non ha bisogno di un partito che lo evochi nel nome. L’importante, a parere di questi pensatori, era che il liberalismo si radicasse in tutti i gruppi politici, perché più che un’ideologia il liberalismo è un metodo, un atteggiamento, un sistema culturale che ripudia il possesso delle verità rivelate e la tentazione di imporsi con gli Ipse dixit. Ovviamente a questa corrente di pensiero si contrapponeva lo scetticismo di coloro che giudicavano illusoria la penetrazione liberale in tutti i partiti di stanza in parlamento, visto che la rappresentanza politica nazionale era condizionata da due chiese: la cattolica e la marxista. Entrambe refrattarie alla religione del dubbio, che è la quintessenza del liberalismo. Il ping-pong dialettico proseguiva poi con il richiamo a figure tipo Alcide De Gasperi (1881-1954) e Luigi Sturzo (1871-1959), due cattolici imbevuti di liberalismo più di numerosi esponenti dei cosiddetti partiti laici. Ergo: se De Gasperi era più liberale di molti sedicenti liberali, ciò significava che il seme del liberalismo può produrre i suoi prelibati frutti anche in altri terreni partitici. Obiezione all’obiezione: ma la stagione degasperiana è durata poco, non può costituire un argomento a favore della rinuncia a realizzare un partito liberale-liberale, anche perché è bene, per scongiurare delusioni e spiacevoli sorprese, che i liberali stiano con i liberali e i non-liberali con i non-liberali.

Il duello, tra i sostenitori del liberalismo collocato stabilmente in un partito ad hoc e i tifosi del liberalismo sparso in tutti i partiti con il disegno di contaminarli tutti, è andato avanti all’infinito, tanto è vero che, sotto-sotto o sopra-sopra, la disputa è ancora in corso. E la scelta non è facile. Beati coloro che posseggono, in tasca, la soluzione giusta. Anche perché il liberalismo non sta mai fermo. Più che a destra o a sinistra, si ritrova sempre altrove, e in alcuni casi decisamente avanti. Il che scoraggia demagogie e intruppamenti vari. Non solo. Essendo basato, sempre il liberalismo, sul primato del singolo rispetto al collettivo, sulla prevalenza dell’individuo rispetto allo stato, il tasso di autonomia e di indipendenza di ogni iscritto o simpatizzante di una sigla dichiaratamente liberale, sfiora spesso condotte anarchiche, la qual cosa non giova alla solidità, alla compattezza di un soggetto politico, tanto da alimentare il paradosso che ogni tesserato può corrispondere a una corrente. Deriva che si è palesata in Italia, ma anche nel resto del mondo, proprio perché il liberalismo è riformismo, pragmatismo, empirismo, procedura di scoperta giorno dopo giorno, tutto l’opposto dei diktat, dei dogmi da seguire alla lettera, o dei testi ideologici da imparare a memoria.

Matteo Renzi, Carlo Calenda, Benedetto Della Vedova, Alessandro De Nicola, Sandro Gozi e altri protagonisti vogliono dare vita a un partito liberaldemocratico senza se e senza ma, chiamando a raccolta i liberali di centrodestra e di centrosinistra. Ottimo proposito, fatte salve le osservazioni di cui sopra che, se erano valide ieri, forse lo sono oggi e lo saranno domani. Osservazioni che tirano in ballo innanzitutto il tema della leadership (tutt’altro che innocuo o indolore), seguito dagli aspetti collaterali legati ai contenuti e alle alleanze. Oltre che al sistema elettorale (a ogni terzo polo si addice il proporzionale). Scogli in grado di far saltare anche la nave corsara più scafata, se non vengono affrontati preventivamente con l’entusiasmo e la coesione che oggi caratterizzano il Napoli di Luciano Spalletti. Non sarà una partita comoda per i liberali italiani, anche se mai come adesso si è concretizzata, per loro, l’occasione di andare a rete, grazie anche alle crepe difensive nel centrodestra e nel centrosinistra.

La sfida dei liberali in Italia. Problemi di ieri, oggi e domani

In ballo la questione (tutt’altro che innocua e indolore) della leadership, oltre ai temi legati ai contenuti, alle alleanze e soprattutto al sistema elettorale. Il commento di Giuseppe De Tomaso

La deriva del neo-autoritarismo bolsonarista raccontata da Antinori

Di Arije Antinori

L’insurrezione di inizio anno, parallela a quella di Capitol Hill, conferma il copione ricorrente dei movimenti eversivi ed estremistico-violenti e tradisce la stessa contaminazione ideologica. L’analisi di Arije Antinori, professore di Criminologia e sociologia della devianza alla Sapienza ed esperto dell’Osservatorio europeo sull’odio online

La Firenze di Dante e il voto al Csm. Scrive Celotto

Da settimane leggiamo delle modalità di selezione dei candidati e della ripartizione fra i diversi gruppi parlamentari per aree di influenza e delle relative diatribe: a Fratelli d’Italia spettano 4 posti o solo 3? E alla Lega? E così via. Qualcuno ancora si stupisce, ma…

Da Riina a Messina Denaro, lo Stato ha dimostrato che c'è. Parola di Delmastro

Il sottosegretario alla Giustizia (FdI) commenta lo straordinario arresto del latitante di Cosa Nostra: “Con la mafia non si scherza, non si può arretrare e non è una partita di dama: per cui tutti gli strumenti, anche i più duri, debbono essere messi in campo. Oggi più che mai, sono fiero che il governo Meloni abbia fatto quanto possibile per mantenere nel solco della Corte costituzionale e della Cedu la normativa speciale antimafia”

L'arresto di Messina Denaro sia un punto di partenza contro la criminalità. Parla Caligiuri

“Un innegabile successo investigativo dello Stato” che deve rappresentare “solo un punto di partenza per contrastare la presenza della criminalità nell’economia e nella società”. Così il professor Mario Caligiuri, presidente della Società Italiana di Intelligence, in una conversazione con Formiche.net sull’arresto del super-latitante Matteo Messina Denaro

Arrestato il boss Messina Denaro. Era in una clinica privata

Arrestato il boss mafioso Matteo Messina Denaro. Era latitante da 30 anni ed è stato individuato dai carabinieri del Ros in una clinica privata di Palermo

La battaglia del quantum computing tra Usa e Cina

Uno studio cinese suggerisce un modo per violare la crittografia utilizzando computer quantistici. Tecniche che si pensavano lontane ancora anni e che riaccendono il dibattito sul futuro dell’esotica tecnologia del quantum computing. Sullo sfondo, la guerra tecnologica tra Washington e Pechino. Il commento a Formiche.net di Angela Riva, esperta di matematica applicata presso l’Inria di Parigi

Scoperto un pianeta pensato impossibile. Il punto di De Laurentis (Inaf)

Di Mariafelicia De Laurentis

Uno studio pubblicato su Nature conferma un pianeta nel sistema stellare più caldo e massiccio mai osservato prima d’ora, nella costellazione Centauro. “La scoperta dimostra che i pianeti possono effettivamente formarsi e sopravvivere in ambienti che in precedenza erano ritenuti troppo estremi”, ha commentato ad Airpress Mariafelicia De Laurentis, ricercatrice dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) e professoressa di Astronomia e astrofisica presso l’Università Federico II di Napoli

Garibaldi ha scritto un sms a Pasquino. Ecco cosa dice

In tutti i governi di coalizione le tensioni sono fisiologiche. Ma alleati e competitor dovrebbero cominciare a preoccuparsi delle elezioni europee della primavera del 2024, e degli appoggi più o meno sovranisti che Meloni sta già trovando…  Il commento di Gianfranco Pasquino, professore emerito di Scienza politica

Dante appartiene all'Italia. L'attenzione ai piccoli dettagli secondo Sisci

La destra per decenni ha attaccato la sinistra perché voleva mettere una targhetta alla cultura. Ma ci sono autori che appartengono all’Italia e al mondo, al di là di ogni bandiera. Un consiglio (non richiesto) al presidente Meloni: non inciampi su sciocchezze…

 

×

Iscriviti alla newsletter