Skip to main content

Quando i buoni propositi evaporano alla prova dei fatti. Non sono passati nemmeno sette giorni dalla fine del XX Congresso del partito comunista cinese che ha sancito il terzo mandato a Xi Jinping alla guida del Dragone, che è già tempo di tornare con i piedi per terra. Sì, perché una volta riaperte le porte della grande sala del Popolo che ha ospitato i lavori del Congresso, ecco che la seconda economia globale si è scoperta ancora una volta troppo fragile.

E non solo perché nel 2022 il Pil non andrà oltre il 5/5,5%, in ogni caso sotto le attese del governo. Ma più semplicemente perché interi pezzi di industria cinese stanno andando i frantumi. E stavolta si valicano i confini del mattone, di Evergrande e degli altri titani dell’immobiliare caduti nella polvere. Si arriva direttamente a Fosun, il principale conglomerato industriale privato della Cina con partecipazioni in tutto il mondo, a cominciare dal club di calcio Wolverhampton Wanderers, della Premier League inglese.

Una storia in parte già raccontata da questa testata, ma che ora si arricchisce di nuovi particolari. I vertici di Fosun hanno infatti dichiarato agli analisti di voler vendere fino a 11 miliardi di dollari di attività entro i prossimi 12 mesi. E questo per un motivo molto semplice: il gruppo, o meglio il colosso, è fortemente indebitato. Più nel dettaglio, Fosun intende smaltire da 50 a 80 miliardi di yuan di attività non-core, mentre lavora per concentrarsi sul business dei beni di consumo.

Tra gli asset principali, dunque non in vendita, le attività farmaceutiche, di vendita al dettaglio e turistiche quotate in borsa, nonché l’assicuratore Fidelidade. Ma forse anche la catena di resort Club Med e la casa di moda francese Lanvin, già sottoposta all’esame degli investitori. Basterà? Difficile dirlo. Martedì scorso Moody’s ha abbassato il rating di un ulteriore gradino verso la zona spazzatura, affermando che Fosun ha una debole liquidità a livello di holding e una liquidità insufficiente a coprire il debito in scadenza nei prossimi 12 mesi.

E pensare che Guo Guangchang, il miliardario cofondatore di Fosun, ama emulare Warren Buffett, il grande e spregiudicato finanziere americano, seguendo la stessa strategia di investimento, ovvero utilizzando il flusso di cassa costante delle compagnie assicurative per acquisire altre attività. Questo gli ha permesso di trasformare Fosun, con sede a Shanghai, in un impero eclettico che include la più grande banca portoghese Millennium Bcp. Guo, che in precedenza aveva fatto affidamento sui finanziamenti dei mercati obbligazionari e sul credito facile delle banche, ha visto solo poche settimane fa il suo braccio d’investimento di punta Fosun International declassato dalle agenzie di rating nel territorio della spazzatura. Le obbligazioni in dollari di Fosun International sono recentemente scese ai minimi storici. Chissà che direbbe, Buffett.

I sogni di Xi, la realtà della Cina. Fosun va in pezzi

A nemmeno una settimana dalla rielezione del leader cinese, il più grande conglomerato privato del Paese annuncia la dismissione forzata di asset per 11 miliardi di dollari. Per non fare la stessa fine di Evergrande

Così l'Ambasciatore Aldo Amati saluta Varsavia

Di Giulia Gigante

Il mandato di Aldo Amati, Ambasciatore d’Italia a Varsavia dal 2018,  sta per volgere al termine. Prima di rientrare in Italia, decide di rilasciare alcune dichiarazioni in merito al cospicuo interscambio registrato tra i due Paesi, all’evoluzione dei rapporti bilaterali e della cooperazione in campo commerciale, e  allo stato di diritto che sventola come la muleta sotto il naso di Bruxelles

Sfida su atlantismo e fisco. L'opposizione secondo Richetti

Il capogruppo di Azione-Italia Viva alla Camera: “Questa destra, solo in apparenza unita, ha vinto le elezioni. Bene, ora hanno l’onere di governare e la responsabilità di dare risposte concrete ai cittadini italiani. Sul caro energia abbiamo presentato un piano dettagliato, li aspettiamo in Parlamento, perché servono soluzioni adeguate ed eque, come sulla politica fiscale serve rigore, non la flat tax di Salvini e compagnia o i soliti condoni”

Biden lancia la sua strategia di Difesa. La sfida è Pechino

Da Washington arriva la strategia per la Difesa di Joe Biden. Al centro c’è la Cina, con la Russia relegata a minaccia immediata e pericolosa, ma non di lungo termine. Per affrontare la sfida, il Pentagono punta su Forze armate capaci di combattere e dotate di tecnologie all’avanguardia che le garantiscano la supremazia sugli avversari

Rifornimenti, intelligence e… Il viaggio del capo della Cia in Ucraina

A inizio mese, Burns ha incontrato Zelensky per ribadire l’impegno americano contro l’invasione russa. Ma la situazione politica negli Stati Uniti e in Europa potrebbe cambiare

Nel fragore di Amburgo, la Cina in silenzio si prende un pezzo di Cambogia

I lavori al porto di Ream proseguono, con la Cina che potrebbe piazzarvi un sistema radar per il controllo dei traffici e degli assetti militari. Pechino nega, ma la base in Cambogia è una necessità strategica. Washington controlla perché teme il precedente

Enrico Mattei e l’Intelligence. Gabrielli presenta il libro di Caligiuri

Oggi a Roma, in occasione dei sessant’anni dalla morte del presidente e fondatore dell’Eni, la presentazione del libro “Enrico Mattei e l’intelligence” (Rubbettino), curato da Mario Caligiuri alla presenza di Franco Gabrielli, Alfio Rapisarda, Andrea Margelletti, Alessandro Aresu, Vincenzo Calia, Giovanni Fasanella, Elio Frescani e Giacomo Pacini e moderato da Flavia Giacobbe

La sicurezza energetica e i primi dossier internazionali di Meloni secondo Margelletti

“Ankara ha una propria specifica agenda molto forte, all’interno dell’alleanza, ma anche una visione molto più concentrata su alcuni aspetti. Meloni? Credo che una delle cose che farà al più presto sarà andare a Washington”. Colloquio con il presidente del Cesi, che dà atto all’ex ministro Di Maio di aver portato a casa un buon risultato in campo energetico, nonostante l’emergenza

Ucraina e Russia. Il prof. Faggioli spiega le mosse del Vaticano

“L’unica cosa che si può fare ora è tentare di evitare il peggio, cioè una guerra nucleare”, spiega lo storico della Villanova University di Philadelphia. “Il rischio morale di attribuire la guerra agli ucraini pare scampato, in Vaticano e in Occidente”

Pace sì ma non sulla pelle degli ucraini. L’ambasciatore Melnyk scrive a Conte

“La riluttanza a chiamare la Russia un aggressore e a chiederle il ritiro delle sue truppe dal territorio dell’Ucraina non farà che stimolare l’appetito dello stato aggressore”, scrive l’ambasciatore ucraino in Italia, secondo cui l’unico modo efficace per raggiungere la pace è “fornire le armi e l’assistenza necessarie” a Kyiv

×

Iscriviti alla newsletter