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Troppi buchi neri, troppe insolvenze, troppi punti interrogativi per un comparto, quello immobiliare, che ancora oggi garantisce, almeno sulla carta, il 30% del Pil della Cina. Se ne sono accorte persino ai piani alti della principale banca di investimento cinese, la China international capital corporation (Cicc): basta puntare le fiches solo sulle infrastrutture e sul residenziale, se il Dragone vuole uscire dall’imbuto nel quale è finito, con il Covid di nuovo fuori controllo, le banche sotto stress e una crescente sfiducia degli investitori verso il proprio debito, allora è tempo di sposare la causa del digitale e della transizione energetica.

Sono ormai quindici anni che Pechino investe nell’immobiliare, spingendo le banche statali (ma anche quelle private) a elargire centinaia di miliardi di dollari al settore. Il quale però è finito, anche prima del Covid, in piena bolla, con le case e i quartieri rimasti vuoti perché comprati solo sulla carta. Altra premessa, il rapporto tra industria tecnologica e governo cinese è sempre stato burrascoso, per due anni buoni decisamente conflittuale. Il caso Ant-Alibaba, sta lì a dimostrarlo.

Ora, secondo gli esperti della Cicc, serve un bel colpo di spugna, spostando il baricentro dell’economia cinese sull’energia e sulla digitalizzazione, facendo a meno del fin troppo tradizionale mattone. “Il modello di crescita della Cina si sta spostando da un assetto fortemente dipendente dal settore immobiliare e dalle infrastrutture a uno in cui la cosiddetta economia digitale e verde giocherà per forza di cose un ruolo dominante”, hanno spiegato dalla Cicc.

“La categoria dell’economia digitale comprende apparecchiature di comunicazione, trasmissione di informazioni e software. L’economia verde si riferisce alle industrie che devono investire per ridurre le proprie emissioni di carbonio: energia elettrica, acciaio e prodotti chimici, tra gli altri e l’economia cinese del 2023 quasi sicuramente non assomiglierà all’economia cinese del 2019. Il settore immobiliare è crollato, le esportazioni sono diminuite a seguito di un’impennata dei prezzi. E il colosso cinese dell’e-commerce JD.com quest’anno ha sostituito Huawei, in veste di più grande impresa non statale in Cina per fatturato”.

C’è un dato che conferma tale scenario. Secondo le stime della stessa banca d’affari, nei prossimi cinque anni, gli investimenti cumulativi nell’economia digitale dovrebbero crescere di oltre sette volte fino a raggiungere i 77 mila miliardi di yuan (11 mila miliardi di dollari). Ciò supera gli investimenti cumulativi previsti nel settore immobiliare, nelle infrastrutture tradizionali, rendendo di fatto digitale la più grande colonna dell’economia cinese del futuro.

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