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“L’arte è un ponte – osserva Vincent Tsai – che permette a popoli lontani di conoscersi meglio, e l’Italia, con il suo straordinario patrimonio, è un partner naturale”. Per l’ambasciatore, che dal gennaio 2023 guida l’Ufficio di Rappresentanza di Taiwan in Italia, il richiamo non è soltanto simbolico. Tsai è il punto di riferimento per una comunità taiwanese, che in Italia conta circa 1.500 persone, concentrate soprattutto tra Toscana, Lazio, Lombardia e Veneto, e mantiene una rete attiva di associazioni, eventi e camere di commercio.

“Oltre agli eventi tradizionali comele cene in occasione delle festività, le comunità taiwanesiorganizzano attività diversificate, come seminari economici e commerciali, scambi culturali e forum giovanili. Inoltre, promuovono iniziative per sostenere la partecipazione di Taiwan alle organizzazioni internazionali come l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (Unfccc) e l’Organizzazione Internazionale della Polizia Criminale (Interpol), eventi che hanno riscosso una forte partecipazione.”, spiega l’ambasciatore a Formiche.net.

La cultura è al centro di questa strategia. Mostre, festival, produzioni teatrali e collaborazioni accademiche costituiscono un’infrastruttura stabile di presenza. “Per promuovere ulteriormente gli scambi culturali bilaterali, la Rappresentanza di Taiwan in Italia ha creato, dal 16 ottobre 2020, una Divisione Culturale”, ricorda Tsai. Da allora, sono stati organizzati eventi che favoriscono la collaborazione culturale tra Taiwan e l’Italia, come conferenze letterarie, mostre d’arte visiva, spettacoli di danza e teatro, e proiezioni cinematografiche. Negli ultimi cinque anni sono stati 305 gli eventi.

Gli scambi culturali non solo accrescono la comprensione reciproca tra i cittadini dei due Paesi, ma stimolano anche l’industria creativa, portando a nuove ispirazioni e opportunità di collaborazione”, aggiunge. E quest’anno il programma si intensifica: il 2025 è l’Anno della Cultura Taiwanese in Europa. In Italia, il calendario include il Padiglione Taiwan alla Biennale di Venezia e alla Fiera del Libro per Ragazzi di Bologna, la partecipazione a Napoli Comicon, il “Focus Taiwan” al Bolzano Film Festival, tournée teatrali, mostre al MAO di Torino e la presenza a Lucca Comics & Games. “Una piattaforma per entrare stabilmente nello spazio culturale europeo”, sintetizza Tsai.

Dietro la proiezione culturale c’è un obiettivo politico: rendere Taiwan visibile come attore internazionale distinto dalla Repubblica Popolare Cinese. Per Pechino l’isola è una provincia ribelle, da annettere al mainland. Per Taipei è invece vitale costruire un’identità riconosciuta, che va dal cibo (menzione speciale dell’ambasciatore stesso per i pochi ristoranti autentici taiwanesi come Zin Zan a Perugia) alla lingua, dai chip alle arti, e che trova in Italia uno dei teatri principali.

La lingua come strumento politico

Taipei considera la promozione del cinese tradizionale un tassello centrale della sua diplomazia culturale. “L’obiettivo principale è ampliare il mercato internazionale della lingua cinese e promuovere l’insegnamento del cinese tradizionale, che riflette la cultura taiwanese”, spiega Tsai. Dal 2021 il governo ha avviato i Taiwan Centers for Mandarin Learning (Tcml) in Europa e Stati Uniti: oggi sono 88 nel mondo e tre in Italia – Roma, Siena, Milano.

Questi centri, rivolti a studenti non madrelingua, diffondono la scrittura tradizionale come elemento di identità e differenziazione rispetto alla Cina continentale. “I corsi contribuiscono a una maggiore comprensione di Taiwan tra gli studenti italiani e aumentano la sensibilità verso gli sviluppi internazionali”, osserva l’ambasciatore. Accanto ai Tcml operano i Taiwan Study Center, con sedi alla Sapienza, a Roma Tre e a UniSiena, che offrono corsi di lingua, letteratura, politica ed economia, oltre a borse e piattaforme multimediali. La strategia sulla lingua è esplicita, anche perché Taiwan rivendica di aver conservato, e continuare a promuovere, i caratteri tradizionali, che riflettono maggiormente la continuità storica e culturale della scrittura cinese.

La lingua si intreccia così con la ricerca e con la proiezione culturale. “Nel 2021, l’Italia è stata riconosciuta come il Paese con il maggiore impatto culturale a livello globale, rendendola un punto strategico per l’espansione delle industrie culturali taiwanesi e per le relazioni diplomatiche culturali tra i due Paesi”, ricorda Tsai.

La politica estera: il nodo Onu e il ruolo italiano

Sul terreno politico la partita è ancora più complessa. “Quando il G7 ha tenuto la sua riunione dei ministri degli Esteri dal 25 al 26 novembre 2024 a Fiuggi e Anagni, sotto la presidenza italiana, nel comunicato finale è stata riaffermata l’importanza di mantenere la pace e la stabilità nello Stretto di Taiwan per la prosperità e la sicurezza della Comunità internazionale, esortando a risolvere pacificamente le questioni tra le due sponde dello stretto e sostenendo una partecipazione significativa di Taiwan nelle organizzazioni internazionali”.

Inoltre, ricorda Tsai, “l’Italia ha sostenuto la partecipazione di Taiwan, come osservatore o in forma non ufficiale, in organizzazioni internazionali” come l’Organizzazione Internazionale dell’Aviazione Civile (Icao), l’Oms, l’Unfccc e l’Interpol, “sostenendo il coinvolgimento di Taiwan nella cooperazione internazionale in questi ambiti”.

La richiesta è dunque concreta: “Auspichiamo che l’Italia continui a supportare la partecipazione di Taiwan come osservatore nell’Icao e a sostenere una sua partecipazione significativa nelle organizzazioni delle Nazioni Unite”.

Il riferimento non è casuale: la Risoluzione 2758 del 1971, con cui l’Onu ha riconosciuto la Repubblica Popolare Cinese, non menziona Taiwan né conferisce a Pechino il diritto di rappresentarla. Interpretarla diversamente, avverte Taipei, mina lo *status quo *e legittima pressioni politiche e giuridiche.

La critica non riguarda solo il piano legale. Negare l’accesso a giornalisti e cittadini con passaporto taiwanese nelle sedi Onu, secondo Taipei, significa praticare discriminazioni contrarie allo spirito stesso dell’organizzazione. La posta in gioco è alta: le Nazioni Unite sono nate per servire tutti i popoli; l’accesso non può essere un privilegio.

Cieli condivisi, regole comuni

Un banco di prova concreto è il settore dell’aviazione civile. “Taiwan è un hub aereo tra Nord-Est e Sud-Est asiatico”, spiega l’ambasciatore. L’aeroporto internazionale di Taoyuan ha gestito quasi 45 milioni di passeggeri, collocandosi tra i primi al mondo. Nel 2024, il traffico cross-strait ha raggiunto 5,2 milioni di persone: numeri che mostrano quanto lo Stretto sia non solo una linea di frizione geopolitica, ma anche un corridoio vitale di connessioni umane ed economiche.

Eppure Taiwan resta esclusa dall’Icao, l’organizzazione dell’aviazione civile. Taipei rivendica di essere allineata al piano climatico Ltag 2050 e già dal 2025 lancerà un programma pilota sui carburanti sostenibili (Saf). Tutto questo renderebbe la sua inclusione nell’Icao non solo legittima, ma necessaria.

L’Italia come snodo

Qui si innesta il richiamo a Roma. L’Italia, che ha fatto della “costruzione di ponti” uno claim della politica estera dell’attuale governo, appare a Taipei come un partner naturale verso l’Occidente. La tradizione diplomatica italiana e la sua attenzione alla sicurezza internazionale rendono più difficile giustificare l’esclusione di Taiwan da sedi multilaterali dove le competenze contano più delle bandiere.

Escludere 23 milioni di persone dagli Obiettivi di sviluppo sostenibile 2030 significa contraddire lo spirito stesso dell’Agenda Onu, per Taipei. Ed è un punto che parla direttamente a Roma, che in sede multilaterale rivendica l’importanza del diritto internazionale e della cooperazione inclusiva.

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