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Il nuovo pacchetto di forniture per la difesa che l’Italia sta preparando per assistere Kiev nella resistenza pro-attiva all’invasione ordinata da Vladimir Putin arriverà dopo le elezioni del 25 settembre, e sarà il nuovo esecutivo a vararlo, impegnandosi su una linea indicata dal governo Draghi. Durante la visita nella capitale ucraina del presidente del Copasir, il senatore di Fratelli d’Italia Adolfo Urso, si è discusso anche di questo.

L’amministrazione di Volodymyr Zelensky ha ricevuto buone rassicurazioni sul fatto che l’Europa (e con essa l’Italia) continueranno a dare sostegno all’Ucraina. Sostegno che adesso serve più che mai, e non a casa gli Stati Uniti hanno annunciato una nuova fornitura da 2,8 miliardi di dollari.

L’esercito ucraino è in controffensiva. Ha liberato almeno oltre due dozzine di insediamenti occupati dagli invasori, che da qualche settimana sono in difficoltà tecnica (tant’è che hanno chiesto rinforzi di precisione all’Iran e di massa alla Corea del Nord) e in calo di motivazione. In questo momento, spinto dalle ali dell’entusiasmo, le capacità belliche contano.

A Kiev sono recentemente arrivati nuovi lotti di armi moderne (soprattutto artiglieria e lanciarazzi multipli HIMARS) che hanno aperto la possibilità di effettuare attacchi efficaci dietro le linee russe. Questo, a sua volta, è un elemento che può limitare l’arrivo di rifornimenti alle truppe di Mosca, complicandone ancora di più la logistica e isolando la prima linea.

Nella dottrina militare, questa a cui abbiamo assistito finora è stata una fase preliminare alla vera e propria controffensiva, che però è cruciale perché è quella che poi (molto presto) renderà efficaci le successive avanzate di fanteria e blindati. L’obiettivo è stato appunto distruggere la logistica del nemico e causare danni significativi alle sue truppe e ai suoi equipaggiamenti con mezzi senza contatto, come l’artiglieria a lunga gittata e l’offensiva aerea.

Ciò non toglie che diverse città nell’area di Kharkiv e Kherson — che è stata tra le principali conquiste russe sin dall’inizio delle ostilità — sono state liberate. Tra queste, Visokopillya ha un valore di rilievo (simbolico e tattico). Questo rende la situazione un ibrido. I russi hanno fatto sapere di aver scelto di arretrare da alcune linee del fronte — in certi canali Telegram russofili si parla di una ritirata tattica, decisa per poi lanciare successive imboscate agli ucraini. Ossia, ammettono che gli ucraini stanno già avanzando (stanno sfondando il fronte?).

La Russia aveva ordinato un ridispiegamento di unità verso sud, aspettando il contrattacco ucraino. Questo ha rotto la copertura della zona orientale, e aperto a pesanti combattimenti nei pressi della città di Izyum, a cui è seguita la liberazione di alcuni insediamenti nella regione di Donetsk. Ora, secondo alcune fonti, la Russia starebbe addirittura pensando di trasferire parti del suo 3° Corpo d’Armata di recente formazione — che probabilmente intendeva utilizzare nell’Ucraina orientale, dove la campagna del Cremlino dovrebbe concentrarsi — nelle posizioni a ovest del fiume Dnipro. Izyum è isolata e potrebbe cadere a breve.

Le controffensive nordorientali e meridionali mette in ulteriore difficoltà Mosca, che deve spostare forze su due fronti, ma allo stesso tempo non è chiaro quanto Kiev (e semmai quanto a lungo) possa reggere il doppio asse. Tagliare le vie logistiche, attraverso armi che permettono di colpire dietro alle linee nemiche, serve anche a evitare movimenti di ri-organizzazione interni al fronte russo. E logorare il nemico aiuta a proteggere le risorse umane dell’esercito ucraino (che è in generale più debole di quello russo) ed è una strategia adottata sin dal 24 febbraio. Tuttavia arriverà il momento in cui per rendere la controffensiva efficace saranno necessari combattimenti diretti con i quali costringere i russi a ritirarsi dalle posizioni più di valore conquistate.

Un esempio è Kupyansk, snodo di comunicazione nella porzione settentrionale del Donbas. Se le forze di Kiev dovessero riuscire a stabilizzare la riconquista potrebbero dividere le linee logistiche che entrano in Ucraina da Belgorod (città russa appena oltre confine da cui passano rinforzi e rifornimenti, che per questo è spesso sotto i colpi ucraini). Il rischio per Zelensky è tuttavia quello di allungare troppo il fronte: l’azione nel Donbas sommata a quella nel sud è sostenibile? Dall’altra parte perdere quel fulcro logistico per Mosca sarebbe pesantissimo, sia in termini pratici che psicologici.

Sulle operazioni in corso pesa un fattore: l’arrivo dell’inverno potrebbe cambiare il contesto. La brutta stagione può complicare le operazioni, e questo va a favore degli aggressori che potrebbero sfruttare una fase di quiete per risistemare le linee e riorganizzare i reparti. Contemporaneamente, se l’Ucraina perde slancio, anche l’assistenza occidentale potrebbe calare. E su questo rischio c’è da aggiungere il rischio che il fronte europeo allenti la tenuta, magari agitato dalle conseguenze di un inverno senza forniture energetiche russe, con le collettività che pressano e i governi portati ad accarezzare il consenso.  Eventuali ulteriori rincari energetici sarebbero un’altra carta che la Russia può giocare e direttamente e indirettamente per stressare i Paesi europei.

Ma anche Mosca ha dei problemi. I contraccolpi delle controffensive ucraine potrebbero essere forti, profondi e (se tutto procede con certi tempi) rapidi. Se questo accadesse, il Cremlino sarebbe costretto ad aumentare in modo massiccio lo sforzo bellico e forse servirà la costrizione di massa. Ma questo contrasterebbe con la narrazione della “operazioni militare speciale” e significherebbe entrare in una guerra totale. Come giustificare questo ulteriore passaggio davanti alla propria cittadinanza? Considerando che la crisi economica è forte, e che i report sul numero delle vittime continuano a dare dati piuttosto alti, riuscirà Putin gestire i nuovi sacrifici richiesti ai russi? Basterà il controllo dei media, dell’informazione e della narrazione?

Una cosa è chiara: se il trend innescato continuerà, Kiev chiederà di essere maggiormente assistito perché ha fiducia nel poter avanzare. E dunque poter riconquistare sempre più fette di territorio prima di arrivare a un eventuale negoziati. Mosca ha consapevolezza di questo, sa che non può arretrare per non sedersi al tavolo da perdente. E questo non esclude l’uso di soluzioni estreme per sparigliare il campo di battaglia (come il nucleare tattico).

(Foto: ministero della Difesa ucraino)

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