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La data: un giorno qualsiasi dopo il luglio del 1986. Il luogo: Roma.

Aldrich Ames, seduto alla sua scrivania nell’ambasciata americana, sceglie i documenti più interessanti e li mette da parte. In attesa. Dovrebbero essere distrutti ogni sera, verso le 18, invece lui non lo fa. Ogni tanto li infila in una borsa, nascosti all’interno di una rivista o di un giornale. Poi, in giorni designati, va all’appuntamento con l’amico Sam II, un agente dei servizi segreti sovietici.

Il russo lo passa a prendere, lo fa salire in auto e gli chiede di sdraiarsi sul sedile posteriore con un cappellino da baseball in testa. La destinazione finale è la residenza ufficiale dell’Urss nella capitale, dove passano due o tre ore, a volte insieme a un altro interlocutore, noto come Vlad. Un metodo semplice, quasi sorprendente per quanto è alla luce del sole. Ames è infatti autorizzato a vedere il nemico dai suoi capi della Cia, fa parte dell’interazione dell’Intelligence, nella speranza di arruolare un funzionario rivale.

Ames va e viene durante la giornata. Ama l’Italia, ha voluto fortemente questo posto, ha studiato la nostra lingua e adora il cibo italiano. Buona tavola accompagnata però da troppi alcolici, ne abusa in modo pesante. Un vizio antico. Già ai tempi dell’università esagerava e lo stesso pare facesse suo padre, anche lui con un passato nell’Intelligence. Il bere inizia a incidere sull’efficienza. Lo sanno tutti, persino i suoi superiori, che durante la sua carriera lo hanno più volte richiamato in modo ufficioso.

Una volta – in Messico – litiga con un diplomatico cubano. Un’altra, a Roma, perde i sensi in mezzo alla strada. E a questo si aggiungono sciatteria, indisciplina, violazione delle regole. Quando era ancora in servizio a New York perse una valigetta con materiale top secret nella metro, colpa di un momento di distrazione mentre comprava delle batterie in un chiosco della sotterranea.

La ventiquattrore sarà recuperata dall’Fbi dopo la segnalazione di un insegnante del Queens. Sempre nella Grande mela porterà la sua compagna in uno degli appartamenti riservati della Cia, azione grave che, nonostante le rimostranze di un altro 007, rimarrà priva di conseguenze.

Questi atteggiamenti sconcertanti inducono qualche funzionario a sconsigliare l’impiego di Ames all’estero, giudizi negativi bilanciati, nella prima parte della carriera, da commenti positivi. Cito da un rapporto del Congresso: “Capacità di analisi, sa trasformare una miriade di piccoli dettagli in un quadro coerente; curiosità intellettuale e desiderio di apprendere temi che vanno oltre quelli della missione assegnata; creatività nel concepire e mettere in atto schemi operativi complessi; bravura nell’elaborazione di cablo e intuito”.

I lati preziosi dell’agente finiscono spesso per essere vanificati dai suoi comportamenti, emersi sia durante un periodo ad Ankara, in Turchia, che nelle successive stazioni dove è in servizio. Roma è una di queste. La pausa pranzo e le serate hanno i tempi e i modi della dolce vita. Ci sono molte occasioni per incontrare chi vuole, ci sono mille locali in centro e nella zona di via Veneto dove trovare posti confortevoli.

Un’alternativa casual e conviviale alla residenza ufficiale dell’Urss, il luogo preferito da Sam. Una parola, poi un’altra, un bicchiere, poi un altro ancora e così via fino a quando Ames non si congeda dal russo. Che si sdebita offrendogli una scatola di sigari cubani, dono apprezzato dall’americano e non solo perché ama gli Avana: dentro la confezione ci sono soldi. Tanti. Un giorno, prima che Aldrich parta per gli Stati Uniti, i russi gli consegnano due ricevute, i burocrati dello spionaggio certificano di avergli dato fino ad allora 1,8 milioni di dollari e di averne depositati novecentomila su un conto all’estero.

Una somma notevole, ma è solo anticipo di quanto seguirà. Molto di più. Le scene descritte sono avvenute tra l’estate del 1986, quando Aldrich arriva in Italia come agente della Cia, a quella del 1989, data del suo rientro a Washington. Alla sede centrale di Langley andrà a occuparsi di controspionaggio, posizione fantastica per uno che da anni tradisce gli Stati Uniti fornendo informazioni a Mosca.

Non sono i nemici a reclutarlo, è lui stesso a presentarsi in modo diretto con una lettera in cui, per eliminare i sospetti di una trappola, regala al Kgb i nomi di due persone interessanti. I suoi interlocutori capiscono che fa sul serio, la sua mossa non nasconde un trabocchetto. 

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