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La ministra del Commercio inglese, Anne-Marie Trevelyan, è volata a Riad nei giorni scorsi per avviare le discussioni su cui costruire un accordo di libero scambio con il Consiglio di Cooperazione del Golfo (Gcc). Il Gcc è composto da Bahrain, Kuwait, Oman, Qatar ed Emirati Arabi Uniti, oltre che dall’Arabia Saudita, e questo significa che il Regno Unito pianifica un’intesa free-trade con i Paesi più forti dell’area mediorientale — quello che trarranno benefit dai movimenti del mercato energetico indotti dall’invasione russa dell’Ucraina e che stante ciò avranno la forza per guidare le dinamiche regionali.

È parte dell’idea di Global Britain che i pianificatori di Londra vedono come obiettivo del Paese post-Brexit. Si tratta della quarta serie di trattative per accordi di libero scambio (Fta) che la Gran Bretagna ha avviato quest’anno dopo India, Canada e Messico, mentre Londra cerca di sostituire gli accordi di continuità stipulati prima di lasciare l’orbita commerciale dell’Unione Europea con nuove intese post-Brexit.

In questo caso l’iniziativa insegue, cercando un sorpasso, il nuovo documento di partnership strategica UE-Golfo, le cui conclusioni sono state approvate dal Consiglio Affari Esteri dell’Unione Europea lunedì scorso, durante la riunione in Lussemburgo. Se l’obiettivo europeo è costruire un partenariato strategico con il Gcc e i suoi Stati membri, gli inglesi vogliono implementare il rapporto di scambio da da 38 miliardi di euro con l’area (di questi una decina sono con l’Arabia Saudita).

“È difficile determinare il periodo di tempo per discutere gli accordi di libero scambio, ma crediamo che un periodo da uno a un anno e mezzo sia un periodo realistico e lo abbiamo identificato come area di partenza”, ha dichiarato Trevelyan ad Al Arabiya.

“Vogliamo fare in modo che con la rimozione degli ostacoli ai prodotti alimentari, alle bevande e ad altri beni, le aziende ne traggano vantaggio in entrambe le direzioni”, ha aggiunto.

Mentre le ingenti riserve di petrolio e gas del Golfo non saranno incluse in alcun accordo (era già successo con l’intesa storica tra emiratini e indiani), la produzione e la catena di approvvigionamento del settore alimentare saranno oggetto di negoziazione. Secondo le stime inglesi, un accordo con il Gcc potrebbe ridurre o eliminare le tariffe sulle esportazioni di alimenti e bevande del Regno Unito verso la regione, che ha avuto un valore di 625 milioni di sterline l’anno scorso, oltre a favorire i servizi finanziari.

Il ministero del Commercio inglese ha dichiarato che i colloqui potrebbero aiutare i Paesi del Golfo a diversificarsi dalla dipendenza dal petrolio verso altri settori — secondo un obiettivo centrale delle varie “Vision” regionali — e che si cercherà di rimuovere le tariffe su articoli come le parti delle turbine eoliche britanniche.

Come nel caso della strategia europea, l’idea inglese si è portata dietro critiche da parte di movimenti, partiti e organizzazioni sui diritti. “Nei Paesi del Golfo, le donne subiscono discriminazioni profondamente radicate, mentre le limitazioni draconiane alla libertà di parola e i divieti ai sindacati sono commoventi”, ha commentato con la Reuters la head of policy and government affairs di Amnesty International UK, Allan Hogarth: “Un accordo commerciale tra Regno Unito e Golfo che tacesse su questi temi significherebbe ignorare intenzionalmente le gravi violazioni dei diritti umani”.

È una reazione automatica di alcune componenti pubbliche ogni volta che si parla di Golfo, che per quanto comprensibile dimostra limitata consapevolezza di ciò che sta avvenendo nella regione. I processi di emancipazione sociale e individuale, anche quelli sul gender gap, sono in qualche modo in corso. Ma seguono un’evoluzione dettata dal contesto. Figure come l’erede al trono saudita, Mohammed bin Salman, pur con le controversie sollevabili, hanno iniziato un percorso interno in tal senso e hanno trovato in questo feedback positivi soprattuto dalla componente più giovane (e più numerosa) delle proprie cittadinanze — pronte a un nuovo patto sociale, secondo i propri tempi.

I contatti interpersonali sono una parte centrale del partenariato rafforzato dell’Ue con il Golfo, mentre la cooperazione rafforzata nei settori dell’istruzione, della ricerca, della cultura, della gioventù, dell’emancipazione femminile, dei diritti umani e della facilitazione dei visti sono componenti fondamentali di questa cooperazione, ha indicato il Consiglio europeo nel documento di approvazione del progetto di partnership. Recepire certi temi, senza stressarli, è parte di un miglioramento nella consapevolezza della regione.

Alla luce del recente aumento dello slancio politico, il Consiglio europeo ha sottolineato la necessità di rafforzare e potenziare ulteriormente il dialogo politico e la cooperazione istituzionale tra l’Ue e il Consiglio di cooperazione del Golfo. L’Ue utilizzerà tutti i suoi strumenti, tra cui il Green Deal, la Strategia di impegno energetico esterno e il Global Gateway, per garantire un’attuazione efficiente, efficace e rapida di questo nuovo partenariato strategico con il Golfo, si legge nelle conclusioni uscite dal Lussemburgo. Londra segue a ruota.

Anche Londra cerca spazi nel Golfo, e prova a sorpassare l'Unione europea

Il Regno Unito cerca un accordo di libero scambio con i Paesi dell’area, anche anticipando la nuova partnership strategica progettata dall’Ue. “Aprire nuovi mercati”, l’obiettivo della ministra Trevelyan a Riad. Non mancano critiche (interne) sui diritti, ma il contesto della regione sta cambiando velocemente

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