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“La visita della nostra delegazione del Congresso a Taiwan onora l’impegno incrollabile dell’America nel sostenere la vibrante democrazia di Taiwan”, ha detto la Speaker della Camera statunitense, Nancy Pelosi, in uno statement preparato con attenzione e diffuso appena il suo aereo è atterrato a Taiwan. Concetti ripresi anche in un suo op-ed sul Washington Post, in cui ha citato “la profonda amicizia radicata in interessi e valori condivisi: l’autodeterminazione e l’autogoverno, la democrazia e la libertà, la dignità umana e i diritti umani”.

“La nostra visita fa parte del nostro viaggio più ampio nell’Indo-Pacifico, che comprende Singapore, Malesia, Corea del Sud e Giappone, incentrato sulla sicurezza reciproca, sul partenariato economico e sulla governance democratica. I nostri colloqui con la leadership di Taiwan si concentreranno sulla riaffermazione del nostro sostegno al partner e sulla promozione dei nostri interessi comuni, tra cui il progresso di una regione indopacifica libera e aperta. La solidarietà dell’America con i 23 milioni di abitanti di Taiwan è più importante che mai oggi che il mondo si trova a dover scegliere tra autocrazia e democrazia”, continua la dichiarazione.

E ancora la precisazione più importante: “La nostra visita è una delle tante delegazioni del Congresso a Taiwan, e non contraddice in alcun modo la politica degli Stati Uniti di lunga data, guidata dal Taiwan Relations Act del 1979, dai comunicati congiunti Usa-Cina e dalle Sei Assicurazioni. Gli Stati Uniti continuano ad opporsi agli sforzi unilaterali per cambiare lo status quo”.

Quest’ultima parte è quella più attesa da Pechino, che dopo le uscite passate di Joe Biden sulla possibilità di un intervento americano se Taiwan dovesse finire sotto aggressione cinese, teme che la politica della “One China” – il formale non riconoscimento dell’esistenza della Repubblica di Cina, ossia Taiwan – possa in qualche modo cambiare come conseguenza di un inasprirsi dello scontro globale Cina-Usa.

[Leggi l’analisi di Emanuele Rossi sul significato del viaggio]

L’arrivo di Pelosi a Taipei è stato seguitissimo: il sito che traccia i voli open-source, Flightradar24, a un certo punto della giornata è andato in tilt per i troppi accessi. Il volo “SPAR19” con cui l’Air Force americana ha portato la presidente della Camera nell’isola è stato il più seguito di sempre da curiosi e tracciatori seriali.

Tutti cercavano di capire innanzitutto se quel C40-C decollato dalla Malesia si stesse effettivamente dirigenti a Taiwan, e poi la rotta. Indizio di per sé di una volontà (e forse necessità) di tenere la situazione sotto controllo, l’aereo di Pelosi ha evitato di passare per il Mare Meridionale, il bacino di cui la Cina rivendica ampie fasce di sovranità. Ossia si è preferito non aggiungere tensioni alle tensioni presenti.

Anche perché non mancano. La Cina in questo periodo compie abitualmente una serie di esercitazioni, ma è evidente che la circostanza abbia portato Pechino a cercare una dimostrazione militare. Per il Partito comunista cinese, l’isola di Taipei e il suo arcipelago devono essere annesse al mainland (anche con la forza), e il leader Xi Jinping negli ultimi anni ha preso sul serio questo obiettivo.

Nelle ore in cui Pelosi si stava avvicinando a Taiwan, ci sono stati vari movimenti militari nelle acque verso lo stretto che divide le due Cine. Navi e aerei cinesi si sono mossi lungo i limiti di demarcazione; caccia cinesi hanno varcato lo stretto mentre l’areo dell’americana atterrava (scortato da 8 F15 decollati da Okinawa e da alcuni velivoli taiwanesi); dal Fujian, la provincia cinese che si affaccia su Taiwan, sono stati sparati razzi in mare in direzione dell’Isola e a est delle sue coste.

[Leggi l’analisi di Marco Battaglia sugli schieramenti messi in campo]

Il ministero della Difesa di Pechino ha comunicato che potrebbero essere prese “misure militari puntuali”, in risposta alla visita di Pelosi, e ha fatto sapere che sei aree attorno all’isola saranno oggetto di esercitazioni live-fire da giovedì e domenica.

La Speaker lascerà Taiwan mercoledì mattina, dopo una serie di incontri tra cui quello con la presidente Tsai Ing-wen e un passaggio allo Yuan legislativo, il parlamento monocamerale taiwanese, simbolo della democrazia dell’isola e dunque fattore di ulteriori polemiche e nervosismi a Pechino.

Cosa e quando succederà in futuro è difficile prevederlo. Per ora la Cina non ha risposto alle minacce militari, ma potrebbe aver deciso di sfogarle una volta che Pelosi sarà lontana dall’isola (per evitare rischi di confronti e scontri diretti con gli Usa, potenzialmente incontrollabili) e abbatterle contro Taiwan – ragione per cui c’è una parte di proteste tra i taiwanesi.

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