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No, non è possibile immaginare una Cina padrona sine die delle terre rare sparse per il mondo. Bisogna spezzare la catena, perché il rischio conclamato è che le grandi economie occidentali rimangano a secco di minerali critici, con la conseguenza di essere costrette a comprarli dal Dragone. Per questo bisogna trovare il modo di riequilibrare le sorti. Un report ancora inedito del Soufan Center, uno dei più autorevoli centri studi americani, mette la questione esattamente in questa ottica.

“Le terre rare rappresentano un pilastro fondamentale della competizione strategica tra Stati Uniti e Repubblica Popolare Cinese. Esse comprendono 17 metalli che svolgono un ruolo cruciale nella produzione di magneti utilizzati in molte delle tecnologie moderne ed emergenti odierne, tra cui smartphone, batterie per veicoli elettrici, sensori ad alta tecnologia e sistemi missilistici. Per decenni, la Cina ha mantenuto una posizione dominante nell’estrazione e nella raffinazione delle terre rare”, è la premessa. “Le vulnerabilità della catena di approvvigionamento statunitense relative alle terre rare sono emerse durante l’escalation della guerra commerciale tra Washington e Pechino in primavera. E recenti rapporti suggeriscono che le restrizioni all’esportazione di terre rare a duplice uso imposte dalla Cina hanno avuto un impatto significativo sulla capacità delle aziende di difesa statunitensi e dei produttori di droni di reperire questi materiali essenziali , dimostrando la stretta che Pechino esercita su una catena di approvvigionamento vitale per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti.”

Ora, “le terre rare sono indispensabili per la sicurezza tecnologica, economica, militare ed energetica di un Paese. Il predominio della Cina nella catena di approvvigionamento rappresenta un rischio strategico per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti e dei Paesi alleati. Sebbene gli Stati Uniti sembrino essersi resi conto della pericolosa realtà del predominio cinese nella catena di approvvigionamento delle terre rare, una soluzione sembra ancora lontana anni, se non decenni. Nel 2024, sulla base della strategia industriale per la difesa nazionale, il Dipartimento della Difesa Usa ha delineato l’obiettivo di sviluppare una catena di approvvigionamento completa dalla miniera al magnete per le terre rare, al fine di soddisfare le esigenze di difesa del Paese entro il 2027. Con tanto di investimenti per oltre 439 milioni di dollari dal 2020”.

Insomma, il cambiamento per un riequilibrio è in atto ma la strada è ancora lunga, secondo il Soufan Center. Il che non è necessariamente una cattiva notizia, se non altro perché la strada imboccata dagli Stati Uniti è quella giusta. “Nel complesso, nonostante i recenti sforzi per rafforzare la catena di approvvigionamento interna, gli Stati Uniti continueranno probabilmente a recuperare terreno nel prossimo futuro. Nel breve termine, Washington si rivolgerà ad alleati e partner per diversificare la propria catena di terre rare. Paesi come Australia, Arabia Saudita, Giappone e Vietnam hanno annunciato iniziative e investimenti nell’estrazione, nella lavorazione e nella produzione di magneti. I potenziali giacimenti di terre rare in Ucraina e nei Paesi nordici potrebbero offrire agli Stati Uniti strade alternative: il modo in cui Washington riuscirà a spezzare la morsa di Pechino sulle terre rare sarà decisivo nell’ambito della competizione strategica tra Stati Uniti e Cina”.

La Cina non dominerà per sempre le terre rare. La svolta Usa secondo il Soufan Center

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