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Per Donald Trump non ci sono dubbi: il ceo di Intel deve dimettersi seduta stante. Dopo le insinuazioni sollevate dal senatore repubblicano Tom Cotton, secondo cui l’amministratore delegato dell’azienda Lip-Bu Tan avrebbe dei legami con le aziende cinesi, il presidente americano si sfoga su Truth: “Il ceo di Intel è fortemente in conflitto di interesse e deve dimettersi immediatamente. Non c’è altra soluzione a questo problema”. Il misfatto di cui Lip-Bu Tan è accusato è che controllerebbe decine di aziende cinesi, con tanto di partecipazione in società che producono chip. Come non bastasse, almeno otto aziende di queste avrebbero dei legami con l’esercito di Pechino.

Tra queste, in base a quanto scrive Cotton nella sua lettera pubblicata anche online, ci sarebbe anche Cadence Design Systems, “che si è recentemente dichiarata colpevole di aver venduto illegalmente i suoi prodotti a un’università militare cinese e di aver trasferito la sua tecnologia a un’azienda cinese di semiconduttori associata senza ottenere licenze”. A quel tempo, Lip-Bu Tan era a capo di Cadence. E secondo il Financial Times avrebbe investito anche in Semiconductor Manufacturing International Corp., principale azienda cinese produttrice di chip. Motivo per cui, siccome “ha legami stretti con i comunisti cinesi”, secondo il senatore del GOP il ceo di Intel “deve al Congresso una spiegazione”.

Non è chiaro se un confronto di Lip-Bu Tan con i parlamentari ci sarà o meno, nel frattempo lui prova a chiarirsi perlomeno con i suoi dipendenti. “Sono circolate molte informazioni errate sui miei ruoli passati”, scrive in una lettera. “Voglio essere totalmente chiaro: in oltre 40 anni nell’industria, ho costruito relazioni in tutto il mondo e nel nostro ecosistema diversificato e ho sempre operato nei più elevati standard legali ed etici”.

Di certo in questa storia è che proprio non serviva a Intel. Per anni è stata il fiore all’occhiello del settore tecnologico americano, l’azienda leader per distacco. Non aveva competitor nella produzione dei chip utilizzati nei processi di elaborazione tradizionali, i suoi semiconduttori avanzati erano all’avanguardia. La sua unica grande pecca è che non è riuscita a comprendere l’impatto che avrebbe avuto l’intelligenza artificiale, un errore di valutazione che le è costata caro. A marzo, Lip-Bu Tan era stato nominato ceo proprio per risollevare le sorti dell’azienda, in un momento in cui la Casa Bianca complicava i piani annunciando dazi e imponendo limiti all’export per le società tecnologiche. L’ultima invettiva di Trump contro l’amministratore delegato rischia di rendere ancora più complicata la risalita.

Come non bastasse, ci sono altri guai interni per Lip-Bu Tan. A raccontarli è il Wall Street Journal, che mette in luce i dissidi all’interno del consiglio di amministrazione. Quando è stato promosso da direttore a ceo, il sessantacinquenne americano nato in Malesia si è scontrato con una parte del cda in merito alla decisione di rimanere o meno nel settore manifatturiero (Tan è convinto che la produzione di chip debba rimanere il core business dell’azienda). Anche il suo tentativo di racimolare investimenti per acquistare un’azienda di IA per colmare il gap con la concorrenza – specie di Nvidia e Tsmc – sono stati bloccati sul nascere. Almeno per adesso, di fronte l’offensiva di Trump, l’azienda fa quadrato sul suo capo.

Legami con la Cina? Da dove nasce lo scontro tra Trump e il ceo di Intel

Il presidente americano ha chiesto le dimissioni immediate dopo che un senatore conservatore ha accusato l’amministratore delegato Lip-Bu Tan di aver investito in passato in aziende tecnologiche di Pechino, alcune delle quali rifornivano l’esercito. Lui si dice estraneo ai fatti, ma la vicenda rischia di complicare i piani suoi e dell’azienda di cui è a capo

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