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A qualcuno il pensiero correrà ai mesi bui della pandemia e delle imprese ferme, con milioni di persone in casa. Allora l’Europa decise, piuttosto compatta, di sospendere il Patto di stabilità che regola e tiene in piedi i conti pubblici dei Paesi membri. Era la primavera del 2020 e, per quasi cinque anni, il Vecchio continente si è dimenticato dei vincoli di bilancio, troppo spesso finiti sotto il fuoco dei governi più indebitati, Italia inclusa. Poi, a partire da gennaio del 2025, le regole, seppur più morbide grazie a una riduzione dei deficit spalmata su più anni, sono tornate. Ma ora, a distanza di quattro mesi, il Patto potrebbe essere di nuovo in discussione. E con esso il Green new deal, forse il boccone più indigesto per l’industria dell’auto, finita sotto attacco anche sul fianco destro per colpa della Cina e della sua spietata concorrenza sull’elettrico.

Motivo? Semplice, i dazi di Donald Trump, imposti a mezzo mondo nel nome della difesa dell’economia americana dai soprusi commerciali altrui. Le cronache di queste ore raccontano del panico sui mercati (Piazza Affari è arrivata a perdere venerdì 4 aprile il 6%). Ma anche dei Centri studi delle grandi associazioni di categoria, affannosamente impegnati a fare i calcoli e stilare il conto dei danni alle imprese (secondo Prometeia, per le aziende italiane si va verso un potenziale buco di 4-7 miliardi in termini di perdite generate per la maggiorazione tariffaria alla dogana americana). Per Giorgia Meloni, nella sua giornata abruzzese tra una visita alla Nave Vespucci a Ortona e un incontro all’Aquila e dopo una notte non certo tranquilla a Palazzo Chigi, ce n’è abbastanza per rispolverare la vecchia arma della sospensione del Patto di stabilità. L’urgenza del momento, nella logica della premier, lo richiede.

“C’è un tema aperto rispetto al Patto di stabilità: c’è una norma che si chiama clausola generale di salvaguardia, che prevede una sospensione, una deroga al Patto stesso Forse dovremmo ragionare di quello, o di fare una valutazione ulteriore su come è stato indicato il patto di stabilità”, ha spiegato Meloni, in un punto stampa a Ortona. A fronte dei dazi “possiamo sfruttare la difficoltà per passi avanti importanti in una fase che lo richiede. Dobbiamo lavorare sulla competitività delle nostre imprese, c’è un tema aperto rispetto al Patto di stabilità, c’è una norma che si chiama clausola generale di salvaguardia che prevede una sospensione, una deroga al Patto di stabilità”. Il messaggio è chiaro, Bruxelles dovrebbe riprendere in considerazione l’opportunità di azionare la leva della clausola, che prevede la possibilità di mettere in stand by le regole in caso di situazioni di estrema gravità per l’economia.

E lo stesso vale per il Green deal, anche se qui la questione è più circoscritta all’industria dell’auto. Ma la sostanza del discorso è la stessa. “Sappiamo che oggi è un settore colpito dai dazi in maniera importante, quindi forse dovremmo ragionare di sospendere le norme del Green deal relative al settore dell’automotive. Ragioniamo, intanto, anche su che cosa noi possiamo fare sfruttando una difficoltà per farla diventare anche un modo per fare passi avanti importanti in una fase che lo richiede”, ha chiarito Meloni.

La linea del governo con gli Stati Uniti, nonostante tutto, non cambia. Con gli Usa bisogna negoziare. “La possibilità di trattare sui dazi non è questione di speranza. Io credo che sia quello che va fatto: per l’interesse nostro, per l’interesse della nostra economia, per l’interesse europeo, per l’interesse occidentale. E quindi perseguo quello che ritengo sia più giusto. Non penso che in una fase come questa sia più utile divaricare ulteriormente, credo che la cosa utile da fare sia continuare a cercare delle soluzioni comuni perché altrimenti, alla fine, ci indeboliamo tutti. Poi, ripeto, sono valutazioni che si devono fare con altri interlocutori e vedremo anche qual è la posizione degli interlocutori. Continuo a credere che in ogni caso in questo momento noi possiamo intanto fare alcune cose a livello europeo che sono molto importanti perché ovviamente se abbiamo una difficoltà quella difficoltà deve portarci dall’altra parte a lavorare sulla competitività del nostro sistema produttivo, della nostra industria, delle nostre aziende”.

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