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“In un mondo in cui le opinioni conservatrici sono considerate controverse, dobbiamo assicurarci di avere il diritto di esprimerci liberamente”. A rilasciare queste parole a Bloomberg è stato il rapper Kanye West, ma se non lo sapessimo potrebbero immaginare che fossero uscite dalla bocca di Donald Trump o Elon Musk. La libertà di parola, negli Usa racchiusa nel Primo emendamento che sancisce l’inviolabile free speech, sembra infatti esser diventata un’ossessione per tutti e tre. Tanto che, dopo essere stato bannato da Instagram e Twitter per via di alcuni commenti di natura antisemita, Ye – come ormai si chiama legalmente Kanye – si sta muovendo per comprare Parler, il social dell’ultradestra.

A dare la notizia è stata direttamente la compagnia madre, Parlement Technologies, senza però comunicare alcun dettaglio riguardo l’accordo né tantomeno i tempi di chiusura. Si pensa che entro fine anno tutto dovrebbe arrivare alla firma dei documenti. “Cambierà il mondo e il modo con cui questo pensa alla libertà di parola”, ha affermato il Ceo dell’azienda George Farmer, la cui moglie è Candece Owens, conduttrice televisiva nota per le sue idee filo trumpiane e ultimamente ritratta vicino all’artista americano. “Stai facendo una mossa rivoluzionaria nello spazio dei media della libertà di parola”, ha aggiunto rivolgendosi a Kanye, “e non dovrai mai più temere di essere rimosso dai social media”. Come una grande casa che non vede l’ora di accogliere tutti coloro che si sentono soffocati da quello che considerano il pensiero unico. “Parlement sarà onorato di aiutarlo a raggiungere i suoi obiettivi”.

Conoscendo anche i personaggi in campo, dire che si tratti di una trattativa concreta potrebbe essere vero oggi, ma già domani qualcuno potrebbe ritrattare. Fatto sta che nel nome del free speech la triade Musk-Trump-West potrebbe rappresentare un fronte importante e da tenere d’occhio.

Dopo che i suoi account Twitter e Facebook sono stati chiusi a causa dell’insurrezione del 6 gennaio 2021 a Capitol Hill, il tycoon di Manhattan ha scelto di crearsi il proprio social (Parler, appunto) e una propria app, Truth Social, lanciata a inizio anno dalla Trump Media & Technology Group, risultata poi un fiasco e già finita sotto indagine federale. Allo stesso modo, quello di Pretoria si è convinto (forse) a sborsare i 44 miliardi di dollari per comprare il 100% delle quote del social che cinguetta, plasmandolo a sua immagine e somiglianza. Quindi, lasciando libertà di parola pressoché a tutti.

Alla luce degli ultimi eventi in Ucraina, tuttavia, questo potrebbe essere un problema ancor più grande. Un profilo di un Vladimir Putin qualunque, ad esempio, potrebbe essere ben accetto perché i messaggi che lancerebbe rappresenterebbero la sua visione della realtà che, seppur fortemente manomessa, rimarrebbe comunque un’opinione che nel free speech merita di essere considerata e, pertanto, diffusa.

L’esempio del presidente russo non è casuale, visto che Musk è finito al centro di una vicenda che gli ha attirato gli occhi del mondo addosso. Si è tolto le vesti di imprenditore e ha indossato quelle di analista geopolitico, suggerendo a Volodymyr Zelensky la strada per arrivare alla pace. Una strada che il presidente ucraino ha rifiutato di imboccare, visto che avrebbe dovuto sostanzialmente accontentare la Russia su ogni punto. Addirittura, in un’intervista a Politico, l’ex advisor sulla Russia di Trump Fiona Hill si è detta certa che Musk stesse riportando un messaggio di Putin, dato che non avrebbe potuto conoscere così tanti dettagli del piano proposto – come nel caso dell’approvvigionamento idrico di alcune aree che andrebbero negoziate, quali Kherson e Zaporizhzhia. Poco dopo, ha minacciato di interrompere il servizio satellitare Starlink che si è rivelato una manna dal cielo per gli ucraini, salvo poi tornare sui suoi passi.

Alla proposta di pace di Musk ne è seguita un’altra per normalizzare i rapporti tra la Cina e Taiwan. Anche questa, come quella ucraina, rifiutata dall’isola di Taipei, che secondo le idee dell’imprenditore sudafricano sarebbe dovuta tornare sotto l’ala protettrice di Pechino. Un assist a Xi Jinping, che non è piaciuto alla maggior parte degli esperti, ma che forse trova ragione nei grandi interessi economici che Musk e Tesla hanno in terra d’Oriente.

Il modus operandi di Trump è noto, così come le sue posizioni fortemente allineate a quelle dell’Alt-Right americana. Ugualmente note sono quelle di Kanye West, che più volte è stato ripreso per alcune uscite fuori posto e controverse. Da sempre fan di The Donald, salvo poi provare a sfidarlo alle scorse elezioni candidandosi come indipendente. Secondo alcuni avrebbe potuto essere anche un volto importante per appoggiare la causa di Black Lives Matter ma, al contrario, solo qualche giorno fa sfilava a Parigi con una maglietta che sottolineava come anche le vite dei bianchi contano (come se qualcuno affermasse il contrario). Poi il commento sui social dove se la prendeva con gli ebrei e, infine, l’idea di comprarsi Parler.

L’obiettivo sarà quello di portarla ai tempi di gennaio dello scorso anno, quando nell’App store era dietro solo a Twitter e Facebook. Oltre quello di accogliere chiunque voglia parlare senza filtri. Il risultato potrebbe essere quello di avere dei proprietari dei maggiori social network che spacciano la democrazia per un più verosimile tana libera tutti. Twitter nelle mani di Musk, Truth in quelle di Trump e Parler in quelle di Ye. Potrebbe aprirsi una nuova fase per i social network e, come scrive sopra la foto postata da Musk che li ritrae insieme come i Tre moschettieri, forse “a posteriori era inevitabile”. Che il risultato sarà divertente, sempre secondo l’imprenditore, è invece “molto probabile”.

Elon Musk - Twitter

Siamo pronti alla triade del free speech Kanye-Musk-Trump?

Dopo esser stato cacciato da Instagram e Twitter per commenti antisemiti, Kanye West ha deciso di voler diventare il proprietario del social della destra americana. Con l’ex presidente a capo di Truth e il genio di Tesla che (forse) acquisterà il 100% delle quote di Twitter, la libertà di parola assoluta sui social (che non per forza è sinonimo di democrazia) non è più un miraggio

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