Skip to main content

Nella costruzione del partito di Centro che si presenterà alle prossime elezioni politiche – piaccia o non piaccia ai sostenitori e agli ultras del bipolarismo selvaggio – registriamo, curiosamente, due atteggiamenti opposti. Nel metodo e quindi anche nel merito. Due approcci molto diversi, se non addirittura alternativi, nel momento in cui si cerca di coprire un vuoto politico, culturale e programmatico creato dal fallimento della sub cultura populista e, contemporaneamente, dalla crisi pesante del sovranismo della Lega salviniana. Un vuoto politico che non può che essere colmato da un progetto politico e di governo rappresentato proprio dal Centro e, nello specifico, da una credibile e rinnovata politica di centro.

Ora, nel gran parlare su tutti gli organi di informazione del futuro Centro – partito o federazione poco importa – accompagnato da ricerche demoscopiche che confermano uno spazio elettorale che si aggira fra il 13 e il 18% ci sono, appunto, due atteggiamenti alternativi nell’intraprendere questo progetto. C’è il metodo di Clemente Mastella – per semplificare – che punta a dare un’identità politica e una ossatura organizzativa a questo progetto, sempre più utile ed indispensabile, attraverso il cosiddetto metodo inclusivo.

Ovvero, un soggetto plurale – non a caso si parla di una Margherita 4.0 – con una leadership diffusa ma capace di ricomprendere nel partito tutti coloro che non si riconoscono più nella logica degli “opposti estremismi” che ha caratterizzato il confronto politico italiano in questi ultimi anni. È persino banale ricordare che un approccio del genere non contempla pregiudiziali di natura personale o politica di alcun genere. Pregiudizi che, di norma, sono dettati da motivazioni radicalmente estranee ed esterne a qualunque valutazione politica. Perché, non a caso, si tratta di ridicoli pregiudizi personali.

Il secondo approccio è quello interpretato per eccellenza da Carlo Calenda. Un metodo, questo, che si basa sull’esclusione aprioristica di singoli leader e singoli partiti in virtù di una patente di moralità, di competenza e di novità che viene distribuita dallo stesso Calenda a destra come a manca. E, di conseguenza, anche al centro. Si tratta di un atteggiamento che in politica, peraltro, è sempre esistito a prescindere dalle singole stagioni storiche e risponde a criteri aristocratici, salottieri e moralistici che traccia confini di appartenenza per lo più misteriosi e anacronistici. Perché, appunto, prescindono da qualsiasi valutazione di ordine politico se non quello di riaffermare la propria indiscussa ed esclusiva leadership.

Di fronte a questo quadro, peraltro oggettivo e non di parte, è persino inutile sottolineare che il progetto politico per ricostruire nel nostro paese un’area riformista, moderata, centrista, innovativa e di governo, prosegue comunque sia senza sosta e senza tregua. Non sono certamente i pregiudizi personali di chicchessia a fermare questo progetto. Anche perché l’area di riferimento è talmente vasta ed articolata a livello politico, culturale e sociale che non si ferma di fronte ad un singolo attore che pratica atteggiamenti di chiusura e di esclusione. Perché quello che conta, oggi, è il progetto di dare una rappresentanza politica, e quindi una voce elettorale, a chi si sente da troppo tempo politicamente privo di un riferimento concreto.

L’esplosione di questo bipolarismo, anche se la legge elettorale non viene modificata – come quasi sicuramente accadrà – non cambia di una virgola la bontà e l’efficacia del progetto. Una iniziativa politica e culturale che non può che dar vita ad un soggetto plurale e che, soprattutto, non contempla la presenza di un “capo” che dispensa patenti di inclusione o di esclusione a suo piacimento. Se si vuole rompere il meccanismo dei partiti personali e della eccessiva e spietata personalizzazione della politica, la strada non può che essere quella della leadership diffusa da un lato e della pluralità delle culture politiche dall’altro. Appunto, una sorta di Margherita 4.0.

Ecco perché, infine, si tratta di capire quale dei 2 lodi prevarrà nella costruzione concreta del partito. Se prevale quello di Mastella, per semplificare, il progetto sarà compiuto e organico perché plurale e realmente democratico. Se dovesse prevalere quello di Calenda, inesorabilmente si tratterà di un progetto limitato perché circoscritto solo a chi è tollerato e ben voluto dal capo. È inutile dire che il nuovo partito di Centro dev’essere inclusivo, perché moderno, innovativo, riformista e democratico. E soprattutto culturalmente plurale.

Centro, chi include e chi no. I metodi Mastella e Calenda a confronto

Di Giorgio Merlo

Se si vuole rompere il meccanismo dei partiti personali e della eccessiva e spietata personalizzazione della politica, la strada non può che essere quella della leadership diffusa da un lato e della pluralità delle culture politiche dall’altro. Una sorta di Margherita 4.0. L’analisi di Giorgio Merlo

Cosa succede con Google Analytics (e come risolvere il problema)

Il Garante per la protezione dei dati personali ha imposto a una media company italiana di uniformarsi al Gdpr nell’uso di Google Analytics, piattaforma per misurare l’audience dei siti. In realtà Google ha già rilasciato Analytics 4, che secondo la società è in linea con la normativa (ballerina) sul trasferimento dei dati tra Europa e Stati Uniti. Aspettando un nuovo accordo Usa-Eu

La grande scommessa di Ray Dalio contro l’Europa

Il gestore del più grande hedge fund al mondo, Bridgwater Associates, ha puntato 10,5 miliardi di dollari contro 28 grandi titoli europei. Per il suo braccio destro, il calo azionario attuale è ancora poca cosa rispetto all’impennata dello scorso decennio, alimentata dalla liquidità delle banche centrali, e c’è ancora spazio per movimenti bruschi

Se in Italia il partito cinese perde pezzi

L’implosione dei Cinque Stelle con l’uscita dell’area moderata e atlantista ha anche riflessi internazionali. Va in frantumi un partito (trasversale) cinese in Italia già picconato da Draghi e da una parte del Pd. Dal 5G allo shopping, la posta in gioco per Pechino

Dai Brics un messaggio a G7 e Nato prima dei summit

A difesa di Putin e contro l’“egemonismo” statunitense. Così Xi apre i lavori del forum e rilancia il suo ruolo di federatore dei Paesi emergenti. Dai summit in Germania e Spagna attesa una risposta che dimostri come l’Occidente sia attento alle mosse di Pechino nonostante la guerra in Ucraina

L'inflazione e quel valzer dei tassi. Scrive Pennisi

La Federal Reserve ha aperto le danze delle strette sul costo del denaro. Ora le altre banche centrali si stanno muovendo, inclusa la Bce. Giuseppe Pennisi racconta la nuova stagione della politica monetaria

Mps, ecco il piano industriale che guarda alle nozze

Il ceo Luigi Lovaglio alza il velo sulla strategia che punta a ridisegnare il perimetro della banca, in vista della ricapitalizzazione da 2,5 miliardi. Poi, sarà il momento di trovare uno sposo

Intelligenza artificiale e questione morale. L'analisi di Valori

Se prima o poi saremo sostituiti dall’intelligenza artificiale, per tal motivo dobbiamo iniziare a prepararci psicologicamente. L’analisi di Giancarlo Elia Valori

Di Maio, l'Ucraina e le scelte irrimandabili

Una questione di tempo. Di fronte all’orrore della guerra russa e un posizionamento atlantico presidiato da Draghi, Di Maio ha preso una decisione irrevocabile. Pregi e rischi di una scissione in mezzo alla tempesta. Il corsivo di Joseph La Palombara

A Teheran va in scena l'ordine mondiale anti-sanzioni

Iran e Russia condividono la politica di resilienza contro le sanzioni e su questo basano cooperazioni nell’ottica di un ordine mondiale alternativo a quello occidentale a guida Usa. Lavrov a Teheran porta questo messaggio. Gli spazi sono stretti, il sacrificio sarà pagato dal popolo e i rischi elevati

×

Iscriviti alla newsletter