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A qualcuno potrebbe sembrare un bluff. Qualcosa non torna dietro il colpo di spugna sui prestiti delle banche cinesi ai governi africani, finiti nel giro di venti anni nella morsa mortale del debito verso Pechino a causa degli ormai famosi prestiti-trappola. Come raccontato da Formiche.net, lo scorso agosto alcuni istituti del Dragone hanno deciso di cancellare d’un colpo una ventina di finanziamenti concessi a 17 Stati africani, finiti a un passo dalla miseria dopo che, alle prime avvisaglie di insolvenza, Pechino ha cominciato ad azzannare asset e infrastrutture del Paese indebitato.

Sembra una specie di atto misericordioso verso del economie in via di sviluppo, dunque più fragili. La realtà è un’altra: è vero che la Cina ha depennato dalla lista dei debitori alcuni Paesi africani, ma lo stralcio ha riguardato i soli prestiti infruttiferi, quelli cioè senza interessi. La differenza è sostanziale, visto che quando si parla di finanziamenti a lungo termine e dell’ordine di miliardi, gli interessi sono stellari.

In altre parole, hanno raccontato diversi media finanziari africani, Pechino ha lasciato in essere i prestiti più sostanziosi, quelli che prevedono il pagamento degli interessi, oltre alle rate. Ed è proprio quello il cappio stretto intorno alle economie del Continente. Secondo la Banca mondiale, i Paesi più poveri del mondo, molti dei quali in Africa, devono saldare 35 miliardi di dollari di debiti nel 2022, di cui circa il 40% è dovuto proprio alla Cina.

Due settimane fa un altro Paese indebitato con Pechino, l’Ecuador è riuscito in extremis a rinegoziare il maxi-prestito con la Cina. L’esecutivo del presidente di centrodestra Guillermo Lasso ha infatti dichiarato di aver raggiunto accordi importanti e sostanziali con la China Development Bank e la Export-Import Bank of China (Eximbank) per un valore rispettivamente di 1,4 e 1,8 miliardi di dollari. Accordi che nei fatti prolungheranno la scadenza dei prestiti e ridurranno i tassi di interesse e l’ammortamento. Qualora non fosse stato possibile rinegoziare il debito, sarebbero automaticamente scattate tutte quelle clausole che consentono a Pechino e le sue banche di azzannare gli asset di un Paese indebitato con il Dragone.

Nel caso dell’Africa, i prestiti senza interessi rappresentano solo una piccola parte del monte-debito del Continente verso il Dragone. E pensare che la decisione di abbuonare parte dei finanziamenti africani era stata strombazzata a dovere in Cina, con tanto di annunci ufficiali che tendevano a enfatizzare la generosità delle banche del Dragone. Ma era solo una farsa, dal momento che secondo AidData, una delle principali banche dati globali, oggi i prestiti senza interessi rappresentano meno del 5% degli 843 miliardi di dollari di esposizione complessiva verso la Cina di 165 governi in tutto il mondo. Negli ultimi due decenni, la Cina ha cancellato almeno 3,4 miliardi di dollari di debito, ma quasi tutti prestiti senza interessi, secondo i ricercatori della Johns Hopkins University.

Non così generosa. Il bluff della Cina sul debito africano

Il mese scorso l’annuncio trionfare del colpo di spugna delle banche cinesi su alcuni prestiti concessi alle economie del Continente. Una generosità parziale visto che lo sconto riguardava solo i finanziamenti infruttiferi, privi cioè di interessi. E così il debito tossico è rimasto al suo posto

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