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“Una politica ambientale basata su un approccio ideologico che non tenga conto della realtà del sostrato territoriale, sociale, civile e produttivo non può che condurre al doppio fallimento di elaborare una risposta che non sia ecologicamente efficace e politicamente sostenibile”. Può essere sintetizzato così il messaggio scaturito dal convegno “Ambiente ed Energia”, organizzato da Fratelli d’Italia al Senato qualche giorno fa. Veri e propri “Stati Generali” sulle tematiche e le politiche ambientali ed energetiche, che hanno visto la partecipazione di esponenti di primo piano del partito di Giorgia Meloni confrontarsi “contro le eco-follie per un futuro realmente sostenibile” (sottotitolo dell’incontro).

L’Italia si è sempre dovuta confrontare con il problema dell’approvvigionamento energetico, che si è acuito negli ultimi anni grazie ai noti eventi geopolitici che stanno interessando il Vecchio Continente e il Vicino Oriente. “È necessario e urgente affrontare il tema dell’energia perché l’Italia è sempre più dipendente dall’estero – ha ricordato, aprendo i lavori, Francesco Filini, coordinatore dell’Ufficio Studi di Fratelli d’Italia – Questo comporta tutta una serie di problematiche sia per il nostro tessuto industriale e la sua competitività, sia per la vita di tutti i cittadini. Il governo è determinato a porre rimedio a questo gap energetico senza visioni ideologiche che appartengono al passato, ma pronto a vagliare tutte le proposte offerte dal mercato, compreso il nucleare”.

Un saluto non formale è stato portato dal vicepresidente della Camera Fabio Rampelli, che entrando subito in medias res ha ricordato “la perdita della competitività delle nostre imprese” e “la pesante riduzione del potere d’acquisto per le famiglie, la crescita potenziale dell’inflazione e l’aumento dei prezzi per i consumatori”, tutte conseguenze dei prezzi “poco performanti” dell’energia. “Dobbiamo interrogarci, ha proseguito Rampelli, su quale modello di sviluppo la destra italiana intenda perseguire. Un modello che mette al centro la persona umana, la famiglia, i lavoratori”. Ricordando che il pensiero conservatore è stato il primo a riflettere sulle politiche ambientali, sullo stato di salute dell’ecosistema e su come coniugare le politiche di sviluppo e le politiche industriali con la salvaguardia dell’ambiente.

Sul termine “pragmatismo” contrapposto a “ideologia” ha insistito Guido Castelli, organizzatore del convegno e Commissario alla ricostruzione dei territori del Centro Italia distrutti dal terremoto del 2016. Una contrapposizione che lo ha visto impegnato in prima persona su quei territori che rischiano dopo il danno anche la beffa dello spopolamento a causa della crisi demografica. “Fra crisi demografica e crisi climatica c’è un rapporto molto stretto perché le aree abbandonate diventano più fragili e gli eventi estremi hanno effetti più devastanti perché viene meno quell’ecoregolatore naturale che è l’uomo, che custodisce con la sua opera torrenti e fiumi. Le attività agricole e zootecniche hanno lasciato il posto a boschi e sterpaglia creando abbandono e vulnerabilità”.

Con il progetto “Laboratorio Appennino Centrale” si sta sperimentando, nell’area colpita dal sisma (4 Regioni, 138 Comuni. 8 mila chilometri quadrati di superficie, 28 miliardi di euro di danni), una nuova forma di ricostruzione e rigenerazione attraverso il confronto con le realtà territoriali, in chiave ambientale e socio-politica, per una più efficace ed efficiente strategia di ricostruzione. Il legame con il territorio ha messo in evidenza quanto importante sia l’operato dell’uomo, dell’agricoltore in particolare, rispetto alla cura e alla conservazione ambientale di un terra che, mal curata, porterebbe a “pericolose derive di catastrofismi naturali, causati, sì dalla recente e evidente crisi climatica in atto, ma forse soprattutto dalla perduta manutenzione di zone completamente abbandonate a loro stesse”.

Crisi climatica ed emissioni di CO2 non investono soltanto l’Europa, ma riguardano l’intero pianeta, soprattutto quelle nazioni che immettono maggiori gas climalteranti in atmosfera, vedi Cina e Stati Uniti. Se negli ultimi tre anni “l’Europa ha diminuito del 30% le sue emissioni, gli Stati Uniti del 24%, il Giappone del 21% – ha ricordato Tommaso Foti, Ministro per gli Affari europei e il PNRR – vi sono Stati che le hanno aumentate, come la Russia del 24%, l’India del 197% e la Cina del 262%. Diventa allora difficile per le nostre imprese competere con queste discrasie e con politiche diametralmente opposte: stiamo attenti quando parliamo di decarbonizzazione a non commettere l’errore che si scrive decarbonizzazione e si legge deindustrializzazione”.

“Quello che abbiamo fatto in questi due anni – ha detto Mauro Rotelli, presidente della Commissione ambiente della Camera dei Deputati – è di aver affrontato immediatamente, in fase ascendente, come si dice in questi casi, i vari provvedimenti che arrivavano da Bruxelles, cercando di modificarli in stretta collaborazione con i gruppi del Parlamento Europeo. Un esempio per tutti il regolamento sugli imballaggi, uno di quei casi in cui l’Europa ha fatto testa-coda. Per decine di anni ci aveva detto che bisognava portare aventi riciclo e recupero in un’ottica di economia circolare, e l’Italia si poneva al primo posto. A un certo punto ti svegli e dici che non va più bene il riciclo, ma dobbiamo fare il riuso, mandando all’aria una filiera tra le eccellenze nel mondo”. Il testo del Regolamento, che proprio in questi giorni è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale europea, ha recepito le varie istanze e osservazioni mosse dalle aziende e dalle associazioni di categoria, e sostenute dal Governo e dal Parlamento Europeo, evitando una nefasta penalizzazione di un comparto efficiente, a livello non solo europeo, quale quello della gestione degli imballaggi che, con l’oltre il 75% di riciclo, ha già superato gli obiettivi previsti dalla direttiva al 2030.

Tra le eco-follie del sottotitolo e la ricerca di uno sviluppo realmente sostenibile, c’è un’Amministrazione che “cerca di portare avanti gli indirizzi del Governo e cerca di dare un senso a quello che tutti quanti sappiamo essere il più grande strumenti finanziario dai tempi del Piano Marshall – ha sottolineato Fabrizio Penna, Capo Dipartimento Unità di Missione per il PNRR del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica – Abbiamo mantenuto il cronoprogramma assegnato; abbiamo incassato le sei rate e siamo in fase di assessment per la settima. Abbiamo anticipato alcuni obiettivi proprio in materia di economia circolare proprio per sottolineare le eccellenze del sistema del riciclo. Per quanto riguarda, poi, la sicurezza, l’indipendenza e la resilienza energetica stiamo utilizzando le risorse aggiuntive del Repower per realizzare progetti strutturali con i grandi player energetici nazionali”.

Il principio della “neutralità tecnologica” è stato evocato da Nicola Procaccini, Co-Presidente del Gruppo ECR al Parlamento Europeo e Responsabile del Dipartimento ambiente ed energia di Fratelli d’Italia, che ha avuto l’onere e l’onore di chiudere i lavori. “Vuol dire che si possono condividere obiettivi ambientali e target climatici molto ambiziosi, ma poi bisogna lasciare liberi gli attori geopolitici, le nazioni, di scegliere la strada migliore per raggiungerli, le tecnologie più appropriate ed economicamente più sostenibili. Un principio che non è stato tenuto in considerazione a Bruxelles, così come il principio di autonomia energetica”.

E rispetto al nuovo corso che il Green Deal dovrà avere in questa legislatura, Procaccini ha chiamato in soccorso una citazione dello scrittore Giuseppe Prezzolini che, tra i suoi tanti famosi aforismi, affermava che “il conservatore è un freno all’utopia e agli utopisti che si innamorano di idee mai sperimentate prima, che poi si realizzano ma si rivelano diverse da come se le erano immaginate”.

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