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Non è certo il primo faro che viene acceso sulle criptovalute. Molto prima del Parlamento era stata la Consob del presidente Paolo Savona a mettere in guardia i governi nazionali, italiano in testa, dall’assenza di regolamentazione e trasparenza nell’universo dei criptoasset. Poi era toccato a un altro falco, quella Christine Lagarde, governatrice della Bce, che vede in Bitcoin e i suoi fratelli il seme della speculazione finanziaria.

Non è tutto. A inizio marzo si è mosso anche il Tesoro, con un decreto firmato dal ministro Daniele Franco, che impone ai prestatori di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale e i prestatori di servizi di portafoglio digitale che operano sul territorio italiano di registrarsi all’Oam (Organismo agenti e mediatori). In pratica chi opera nel mondo delle criptovalute verrà assimilato ai cambiavalute e ai money transfer e pertanto dovrà comunicare con cadenza trimestrale tutte le operazioni effettuate da ogni singolo cliente, di cui verranno forniti i dati identificativi.

Adesso, però, quasi a delineare una congiunzione astrale in chiave Bitcoin, tocca al Parlamento prendere il toro per le corna. Proprio nei giorni del grande spostamento a est del baricentro cripto, verso la Russia. Come raccontato da Formiche.net, l’ondata di inflazione ha messo in serio pericolo il mercato delle criptovalute negli Stati Uniti, aumentando vertiginosamente i costi legati al mining, l’attività estrattiva. Dall’altra parte del globo, invece, c’è chi ne sta approfittando, provando ad aggirare le sanzioni: la Russia, strozzata dalle reazioni finanziarie occidentali all’indomani dell’aggressione all’Ucraina. Il presidente della commissione sull’energia della Duma, Pavel Zavalny, ha infatti dichiarato che Mosca potrebbe accettare pagamenti in bitcoin per le sue esportazioni di petrolio e gas ma solo da Paesi che hanno un atteggiamento “amichevole” nei suoi confronti, sulla falsariga di Cina e Turchia.

Tornando all’Italia e alle mosse del Parlamento, il presidente della commissione di vigilanza sul sistema bancario, Carla Ruocco (qui una recente intervista a Formiche.net) ha annunciato l’avvio di un ciclo di audizioni sul tema delle criptovalute. E questo perché, è stato spiegato dalla stessa Ruocco, “da tempo si registra sul mercato un interesse crescente, a livello europeo e internazionale verso le criptoattività. In assenza di un quadro regolamentare di riferimento, l’operatività in criptoattività presenta rischi di diversa natura, come, ad esempio, la volatilità delle quotazioni e l’assenza di tutele legali e contrattuali”.

Ora, come secondo alcune indiscrezioni raccolte da Formiche.net, le audizioni dovrebbero cominciare non prima di giugno. Tra i convenuti ci saranno quasi certamente la Consob, il ministero dell’Economia, dello Sviluppo Economico e vari gruppi di esperti di tecnologia blockchain. Il tutto, poi, dovrebbe tradursi in una corposa relazione finale da sottoporre allo stesso Parlamento e, perché no, anche all’esecutivo.

Il deputato Davide Zanichelli, membro della commissione, ha fornito una ulteriore spiegazione alla scelta del Parlamento. “Il settore delle criptovalute offre notevoli opportunità economiche che si potrebbero sviluppare qualora il nostro Paese avesse un quadro normativo chiaro e favorevole alla pari di altri paesi anche dell’Unione Europea. Solo se tale quadro normativo non è eccessivamente rigido e, al tempo stesso, garantisce chiarezza e trasparenza, l’Italia potrà supportare adeguatamente coloro che adottano questi strumenti e che devono essere correttamente informati e tutelati. Sono convinto che audire soggetti autorevoli, possa dare spunti importantissimi per far sì che il nostro Paese possa cogliere al meglio le opportunità di questa nuova frontiera dell’innovazione sviluppando un contesto sano e sicuro in cui sì al contempo anche i nostri cervelli possano esprimere le loro capacità e offrire le loro soluzioni senza dover andare all’estero”.

C’è, d’altronde anche il discorso fiscale. Un’indagine redatta da Sape Cons Ltd, studio legale con sede a Londra, viene sottolineato come nella legislazione finlandese i criptoasset sono, al contrario, considerati delle proprietà e perciò soggette alle regole fiscali relative alla Capital gain quando vengono alienate. Questo significa che viene applicata, come per tutti i redditi da capitale, un’aliquota secca del 30% (fino a 30.000 euro) o del 34% (oltre 30.000 euro). Ma non è il caso italiano.

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La commissione di vigilanza sul sistema bancario comincerà a giugno una serie di audizioni per provare a stringere il cerchio intorno ai criptoasset. Obiettivo, mettersi in scia a Bce e Consob e aumentare trasparenza e regole. Tra i convenuti, il Tesoro e lo Sviluppo Economico. Intanto la Russia prova ad aggirare le sanzioni, via Bitcoin

 

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