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Era probabilmente una delle ultime e autentiche voci liberali italiane. Di quelli che avevano contribuito coi fatti, con le idee e con l’impegno in prima persona a dar vita alla rivoluzione di pensiero nel nostro Paese. Ed era questo lo spirito che animò lo scomparso Antonio Martino, economista e più volte ministro, quando diede vita a Forza Italia. Era il 1994. “Allora c’erano progetti, c’erano sogni, c’erano persone che pensavano. Oggi ci sono solo le corti”. A ricordarlo è Marcello Pera, l’ex presidente del Senato che, proprio con Martino, condivise il sogno della svolta liberale. Un sogno che, purtroppo, non ha mai visto l’alba. Pera descrive Martino come “un uomo sincero e divertente. Le sue celebri battute coglievano nel segno, ed erano irresistibili, ma gli amici capivano bene che nascondevano un fondo scettico e spesso amaro”.

Lo chiama sempre per nome. Perché per l’ex numero uno di palazzo Madama, Martino “era semplicemente Antonio”. “Antonio non ci rallegrava soltanto – prosegue Pera – Ci faceva meditare. Parlasse di economia, di Europa, di Occidente era sempre soggetto di ispirazione e motivo di attenzione. Non si atteggiava a profeta e non diceva mai di averlo detto per primo, neanche quando davvero lo aveva detto per primo”. In proposito, sottolinea l’ex senatore, “sarebbe utile mettere assieme tutti i suoi interventi euroscettici, per capire quanto deludente e anche nefasto sia stato il costruttivismo politico di chi ha pensato di poter progettare disegni a tavolino con la convinzione che la storia poi avrebbe seguìto. Oppure sarebbe bello rileggere una dopo l’altra le sue filippiche sull’Euro. Antonio ci richiamava a non illuderci e a non cedere alla retorica. Se guardiamo a che cosa ci succede oggi, si capirà che aveva ragione”.

Sul rapporto tra l’ex ministro e il presidente Silvio Berlusconi Pera è schietto: “Antonio non la mandava a dire neppure a Berlusconi – racconta – anzi proprio a lui lo diceva con franchezza. Nessun senso di inferiorità o timidezza. Certamente rideva sarcastico della cortigianeria poi nata attorno al Capo, e quando doveva prendere posizione, sul partito o sulla politica, non si nascondeva dietro formule e linguaggi complicati. Una volta meditate, per lui le cose erano chiare, e si doveva agire di conseguenza”. I punti cardine del suo credo politico erano fissi e immutati nei decenni. “Era per l’Occidente ed era per l’America, come ogni liberale deve essere. Per capirlo e gustarlo al meglio, era utile e divertente parlargli in inglese. Lui rideva complice – così Pera – . Ha giocato, assieme a Giuliano Urbani, il ruolo del pioniere. Partì per primo e dette l’esempio a molti. “Beh, se ci sta Antonio, allora la cosa è buona”. Così si diceva e così ci si imbarcava. E quando la barca cominciò a fare acqua e fu, come tanti, messo in disparte perché incompatibile col nuovo corso, trangugiò amaro, ma rispettò sempre il piatto in cui si era servito”.

“Noi, vecchi compagni di avventura che venimmo dopo di lui – chiude con pizzico di amarezza e nostalgia – oggi ci consoliamo ripetendoci “beh, ci stava Antonio” e lo piangiamo con un sorriso di gratitudine. Carol ci capisce e Alberta e Erica ne saranno fiere. Sappiamo bene che la campanella continua a suonare l’appello, anche se la classe si svuota. Antonio, vabbé, ci credevi ben poco, ma se Lo incontri so che farai divertire anche Lui, e perciò non esagerare”. L’addio a un liberale, non poteva che essere questo.

Antonio, il liberale che ci induceva a riflettere col sorriso. Pera ricorda Martino

L’ex senatore di Forza Italia: “Antonio non la mandava a dire neppure a Berlusconi anzi proprio a lui lo diceva con franchezza. Nessun senso di inferiorità o timidezza. Rideva sarcastico della cortigianeria poi nata attorno al Capo”

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