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Il 25 settembre schieramenti e leader vinceranno o perderanno le elezioni politiche se il 21 e 22 agosto, quando saranno presentate le liste dei candidati presso gli uffici elettorali delle corti d’Appello, avranno centrato o meno l’obiettivo di proporre ai cittadini di votare le persone più preparate e intellettualmente oneste. “Politica vuol dire realizzare”, sosteneva Alcide De Gasperi, e non la filosofia dell’intercapedine per perseguire i propri interessi…

L’accordo liberal riformista nel solco di Draghi fra il Partito democratico e Azione di Carlo Calenda e Più Europa dà slancio ideale e programmatico al centrosinistra, e lo mette in condizione di contendere l’esito delle politiche di settembre a un centro centrodestra diviso da notevoli e dirompenti riserve mentali.

Gli scenari che si delineano sono sempre più netti e, secondo gli ambienti parlamentari e istituzionali, sono in parte riconducibili alla genesi della cosiddetta maggioranza Quirinale, la maggioranza spontanea di parlamentari, cioè, che a dispetto dei leader e dei partiti, alla fine di gennaio hanno concorso alla rielezione del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Al netto dell’imprevedibile livello dell’astensionismo, l’amalgama che può determinare la differenza è il voto dei 18enni, più attratti dalle tematiche e dagli ideali ambientalisti, dell’istruzione e del lavoro.

Se vince il centrodestra

Fratelli d’Italia farà il pieno dei voti a scapito della Lega e di Forza Italia che, secondo i sondaggi attuali, saranno penalizzati dagli elettori che non perdoneranno loro di avere pugnalato alle spalle e fatto cadere il governo Draghi per esclusivi interessi elettorali e da più parti si sospetta chissà per cos’altro ancora.

Più sarà ampio l’eventuale successo di Giorgia Meloni e maggiore sarà l’erosine di consensi leghisti e FI. Facile prevedere che la nuova e inedita premier non si lascerà bruciare, assecondando le ambizioni di rivincite personali di Salvini e Berlusconi e punterà a proporre al Parlamento, al Paese e al contesto internazionale un governo all’altezza se non addirittura migliore di quello uscente presieduto da Mario Draghi.

In altre parole, nell’ideale governo di Giorgia Meloni non ci potrà essere posto per il segretario leghista, né per ministri ventriloqui del cavaliere, per il quale inoltre la presidenza del Senato è e rimarrà un miraggio da propaganda elettorale. Si illude, Matteo Salvini, se pensa di seppellire sotto l’affermazione di Giorgia Meloni i suoi ripetuti fallimenti politici. Berlusconi invece deciderà da solo cosa fare da grande. Se vince il centrodestra insomma vince Giorgia Meloni. Punto. E sarà l’inizio di una intelligente metamorfosi politica autenticamente atlantista ed europeista, con buona pace di Orban e Marine Le Pen e del trumpismo populista nostrano, dell’unica leader donna mai affermatasi nel centrodestra italiano.

Se vince il centrosinistra

Le probabilità ci sono e il trend, secondo i sondaggi, è in crescita. La maggioranza Quirinale della rielezione di Mattarella, maggioranza che dal Parlamento era ed è idealmente sintonizzata con il Paese, confluisce e si identifica infatti nello schieramento progressista.

Oltre all’effetto 18enni e all’opinione pubblica ancora scossa e indignata per il golpe politico contro Draghi di Salvini e Berlusconi, un colpo a tradimento con molti oscuri retroscena internazionali, latitudine Mosca, il Pd e tutte le molteplici forze politiche progressiste possono contare inoltre sul radicamento territoriale e sulle esperienze della tradizione della sinistra comunista e socialista, della Dc e dei laici che hanno traghettato l’Italia dal fascismo alla democrazia repubblicana.

Superate le ataviche divisioni della sinistra, il possibile governo del centrosinistra che secondo lo schema vincente, grazie ai giovani e all’opinione pubblica filo Draghi e post covid, sorpasserebbe alle urne il centrodestra, ripartirà proprio da Mario Draghi e da un esecutivo di grande spessore in grado di recuperare il tempo perduto e di riguadagnare rapidamente la leadership europea e atlantica.

Se non vince nessuno

Ipotesi remota, ma possibile. Oltre all’incidenza dell’astensione, secondo i sondaggi il polo dei 5 Stelle infatti drenerebbe voti preziosi al centrodestra impedendogli lo slancio vincente. Se l’emorragia di voti ed esponenti politici locali di Forza Italia dovesse inoltre continuare a favore di Azione di Calenda e dei partiti centristi, non è da escludersi una sorta di pareggio che riproporrebbe la paradossale situazione dell’inizio della scorsa legislatura. Una impasse che determinerebbe la necessità di alleanze fuori dagli schemi, analoghe al modello della grosse koalition tedesca. In questo caso, ad oggi improbabile, tornerebbe alla ribalta l’essenziale ruolo di baricentro e garante costituzionale di Mattarella e la collaudata esperienza di Mario Draghi. Eventualità che lascerebbe tanto Salvini quanto Berlusconi all’opposizione e farebbe emergere invece il contributo democratico del nuovo ruolo governativo di Giorgia Meloni.

Che Italia ci ritroveremo il 26 settembre? Come ripete un verso di Lucio Battisti “lo scopriremo solo vivendo” anzi, in questo caso, votando.

Maggioranza Quirinale, quali possibili scenari post voto

Secondo i sondaggi e gli ambienti parlamentari per l’esito delle politiche del 25 settembre influirà l’opinione pubblica che ha determinato la maggioranza spontanea dei parlamentari per la rielezione di Mattarella. Gli scenari ipotizzabili sono tre: se vince il centrodestra Giorgia Meloni metterebbe all’angolo Salvini e Berlusconi. Se vince il centrosinistra o si pareggia torna in scena Draghi. L’analisi di Gianfranco D’Anna

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